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Pesto di basilico, storia e ricetta

di Umberto Curti umbi bello

Pesto…, quanti (talvolta presunti) gastronomi ne parlano, e sembra che la cucina ligure sia solo pesto!
“Savore d’aglio” (ovvero figlio della salsa aggiadda), esso in effetti è tuttora, forse, il più diffuso emblema del food regionale. E’ stato “formalizzato” come oggi più lo gradiamo solo intorno al 1830 (le prime cuciniere genovesi vi inserirono il gouda olandese) * , ma “riecheggia” il moretum, antica salsa dei romani.
Salubre, profumato, duttile, bilancia al proprio interno ingredienti che sono il vanto della ruralità locale (basilico DOP, olio evo, aglio…), ma concedendosi una puntata in Emilia e in Sardegna coi due formaggi necessari alla realizzazione. Il parmigiano è quello di 24 mesi, il pecorino sardo 12, e la pasta da condire sia preferibilmente quella secca, di grano duro.

In origine salsa da bollito, intendo da carni e pesce, si ama leggermente più puntuto a ponente, a levante si aggiunge sovente prescinsêua, mentre a Sarzana (SP) sulle trenette al pesto si trovano talora sovrapposte le zucchine – a rondelle – . Il cosiddetto pesto corto aggiunge una dadolata (brunoise) di pomodoro e soprattutto sottrae quasi interamente l’aglio. L’azienda “Crespi & Figli” di Ceriana (IM), attiva dal 1925, aveva conseguito nel 2004 – prima azienda in Italia – l’UNI 10939 per la tracciabilità dell’intera filiera.
Se non disponi del mortaio, utilizza il mixer a velocità minima e intermittente, per non “bruciare” le nobiltà olfattive e gustative del preparato. Per altre notizie ti suggerisco anche il volume Pesto e mortà (1980) del simpatico Aidano Schmuckher.

Il pesto, da sempre, si consuma e dà il meglio di sé con le lasagne (in dialetto mandilli = fazzoletti), con le trenette, con le trofiette – che parrebbero originarie del Golfo Paradiso – , con gli gnocchi, coi testaroli levantini.
E’ presente, di solito nella variante senza pinoli, anche (per dargli un tocco di sapore) nel minestrone di verdure cosiddetto alla genovese, che tuttavia è vanto anche dell’area di Sestri Levante (GE) e che chiede preferibilmente 4 specifici tipi di pasta: i brichetti, lo scuccussùn (ovvie parentele linguistiche col couscous), i maccheroncini o le tagliatelle. Il vino in abbinamento non può che essere il Pigato, dissento dal Rossese di Albenga, mentre fuori Liguria si può optare per alcuni Riesling, o Sauvignon, o Malvasie.

Il pesto è una ricetta ingegnosa, 7 materie prime s’amalgamano lavorate da un pestello di bosso (o comunque di legno duro) dentro un mortaio di marmo, non dimentichiamo che la Liguria di levante confina con l’area di Carrara e la cultura del riutilizzo e della parsimonia, in cucina e fuori, ha rappresentato a lungo una dote primaria. Il basilico si “coglie” splendidamente a Pra’, sulle alture di Genova, dove sole ed aria marina lo rendono diverso da qualunque altro, mentre l’aglio ottimale proviene viceversa da Vessalico, grumo di ruralità serena adagiata lungo il corso del torrente Arroscia, fra la provincia di Savona e quella di Imperia. L’aglio di Vessalico, da tempo, si fregia della qualifica di “presidio” insieme ad una decina di altri giacimenti made in Liguria. I pinoli dovranno essere pisani, o comunque italiani (la forma li distingue da quelli orientali).

Su Google, da anni, i siti in varie lingue dedicati al pesto non si contano. Ciò conforta e allarma ad un tempo, perché il pesto è ormai una produzione fra le più imitate e falsificate al mondo.

Quella che segue, unita all’elenco degli ingredienti, è una delle tante ricette “rigorosamente autentiche e classiche” (in cucina non esistono quasi mai), che si esegue con facilità ed in pochi minuti (prepara sempre per almeno 4-6 persone). Come detto, si suggerisce di abbinare il pesto a lasagne, trenette, troffie, gnocchi, testaroli. Il pesto si conserva poi in vasetti di vetro ermetici, ben puliti e asciutti, coprendo d’olio (lo stesso della preparazione) all’inizio e ad ogni prelievo:

Ricetta del Pesto di basilico per 4-6 persone

  • 4-6 mazzi di basilico giovane freschissimo (di Genova-Pra’)
  • 2 cucchiai di pinoli (meglio di Pisa)
  • 50 grammi di vero parmigiano grattugiato (stag. 24 mesi)
  • 25 grammi di vero pecorino sardo (oltre i 3 mesi, ottimale il 10-12 mesi) grattugiato
  • 1-2 spicchi d’aglio (di Vessalico)
  • 3-4 cucchiai d’olio d’oliva extravergine ligure – melius…non abundare -
  • un pizzico di sale grosso
  • se usi le noci, e forse non tutti concorderebbero, prima pélale per evitare la nota amara.

Preparazione

Si pongono nel mortaio di marmo il basilico lavato e asciugato, i pinoli, l’aglio privato della camicia e del germoglio interno e il sale grosso (che funge da mola ed evita l’annerimento del basilico). Si battono gli ingredienti col pestello di bosso, e via via si aggiungono i due formaggi pecorino e parmigiano. Si lega bene il composto lavorando lungo i lati del mortaio e amalgamandolo lentamente con l’olio, versato a filo. E’ ok quando si forma una tenue patina lattescente.
Al termine, prima d’utilizzarlo come condimento o in aggiunta al minestrone, si diluisce il pesto con un cucchiaio d’acqua di cottura della pasta, v’è però chi dissente in quanto il calore fa filare il formaggio.

Il mortaio va poi lavato con semplice acqua e aceto.
Se vuoi ulteriormente approfondire, sempre online trovi un mio lungo articolo “Tutto quello che avreste voluto sapere sul pesto e non avete mai osato chiedere”…

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si preparava, non disponendo di basilico, con borragine e biete. Le serre, infatti, sono una conquista praina di fine ‘800…

 

* vedi anche A. Paganini, Vocabolario domestico genovese-italiano, Genova, 1857, p. 59

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