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Farinata di ceci

Antichissima, la farinata era detta “l’oro di Genova”. È un piatto semplicissimo e al contempo delizioso, che si consumava per il venerdì di magro e il capodanno. Non solo ligure, dato che lo chiamano “calda calda” a Massa, “bella calda” in Piemonte, “cecina” a Pisa/Livorno dove si gustava il cinque-cinque * , “socca” a Nice (e “sciocca” sulla Riviera di Levante). A Savona, come noto, prevale la versione bianca (farina di grano), c’è un mio capitolo nel bel libro a più voci di Mario Muda “La Savona della farinata” (ed. 2019).
Documenti del 1447 svelano inoltre l’antico suo nome di scripilita, dal latino scribilita=sorta di focaccia con formaggio, il Belgrano la scova nel De re rustica (LXXVIII) di Catone.
V’era tuttavia una leggenda alquanto esilarante che avrebbe preteso far nascere la farinata da acqua marina entrata nelle stive delle galee genovesi reduci dalla vittoria della Meloria sui pisani (1284), stive dove l’acqua “intrise” sacchi di farina di ceci, originando un impasto poi “cotto” dal sole sugli scudi… Paiono pretese un po’ eccessive, tanto quanto legare il preboggion a Goffredo di Buglione.

Un chilo di farina di ceci ** , 4 litri d’acqua, sale grosso e un bell’extravergine dolce sono le proporzioni degli ingredienti della farinata. L’impasto liquido andrà schiumato affinché cocendo non annerisca. La cottura, in tegami di rame stagnato, richiede 15 minuti in forno a legna (d’olivo), fuoco sopra.
A questo link hai come sempre la mia ricetta dettagliata https://liguricettario.blogspot.com/2010/09/la-farinata-di-ceci_14.html
Nei secoli, ci si è poi sbizzarriti con varianti – più o meno ortodosse… – che prevedevano i bianchetti*** (“tortellassu” di Noli e del savonese), le cipolle e il pepe (“main” d’Imperia Oneglia), i carciofi, la salsiccia, il rosmarino…
I genovesi – che escono dai ristori chiamati sciamadde (fiammate) **** con la classica peppià (cartoccio, da papiro) in mano – la amano d’orlo, e non di rado l’accompagnano con un bianco di Coronata. Con la farina di ceci si preparano anche le frittelle (i cuculli), aggiungendo lievito di birra, e il vino migliore può a quel punto diventare un DOC Colli di Luni bianco o beninteso un vino più vivace (che sgrassi), sempre alla giusta temperatura e nei giusti calici.

Umberto Curti https://www.ligucibario.com/ligucibario-servizi/umbi bello

 

 

 

 

* cinque soldi di cecina e cinque soldi di pane.

** “I ceci si coltivano in maggiore quantità delle lenticchie, perché oltre all’esser consumati allo stato secco nella stagione invernale dalle famiglie rurali, vengono ridotti in farina e versati sui mercati dei vicini paesi. E’ con la farina di ceci che in Liguria, ed in Genova specialmente, si confezionano le così dette farinate o torte, companatico sostanzioso e nutriente prediletto dai popolani”, è una citazione dal decimo volume degli Atti per l’inchiesta agraria del 1884.

*** ai bianchetti oggi ovviamente occorre sostituire, quando disponibili, i rossetti

**** vico del vento (fra porta d’archi e san matteo), scomparso nel ‘600 a causa di rivoluzioni urbanistiche, ne era costellato, per la “vendita di panisette e friscioli alla marmaglia”. E ancora si rammentano Baciccia in Santa Zita, la Bedin cantata dal Carbone, un certo Menego che dalla porta gridava per attrarre i passanti…

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