I ravioli genovesi, a differenza di molti altri, impiegano vitella magra ma anche frattaglie, e nell’impasto entrano pochissime uova (lo chef savonese Ferrer Manuelli “contesta” la ricetta dell’Artusi * ). Tocco è il pezzo di carne, quasi sempre il reale, che cuoce (“parpella”) più di 3 ore a fuoco lento, donde il sugo – alla Spezia aggiungono maiale – . Ricòrdati di aggiungere i funghi secchi e il vino (bianco se vitella, rosso se manzo). La farcia deve comunque comprendere – a differenza del Piemonte – almeno un 30% di vegetali, borragine, scarola…, e riposare al fresco per almeno mezza giornata (ma evita il frigo).
Il Ratto – nel suo ricettario del 1863 – poneva il pieno dei ravioli anche nelle cappelle dei funghi rossi, al forno con tocco e parmigiano. Massimino (SV), forse il più minuscolo Comune della Liguria, dei ravioli di magro quasi potrebbe rivendicare una paternità, attraverso le castellane (vedi qui la relativa voce)… Un DOC Riviera ligure di ponente Rossese è valida scelta, ma anche un Dolceacqua, per esempio dei vigneron attivi in quel di Soldano.
Esiste dei ravioli – come noto – anche una ricetta autografa del violinista Niccolò Paganini, 1840.
E, a questo link, hai come sempre la mia https://liguricettario.blogspot.com/2010/10/ravioli-alla-genovese_10.html
Umberto Curti https://www.ligucibario.com/ligucibario-servizi/
* lo stesso Artusi (1891) giunse a sostenere che i veri ravioli “non si fanno di carne e non si involgono nella sfoglia”, sarebbero dunque quelli “nudi”, della Romagna!…