Proprio nei giorni in cui si fa più veemente la protesta di molti agricoltori europei, mi è tornato alla mente il professor Giovanni Rebora, sampierdarenese doc, una volta – molto tempo fa – gli sentii più o meno dire che certe imposizioni igieniche erano eccessive, e che certi piccoli produttori di formaggette non avevano mai avvelenato nessuno.
L’Italia tendenzialmente è uno dei Paesi in cui purtroppo regna molta ignoranza circa la biologia e l’ecologia, un Paese ormai “ultimo” in molti campi (1), e parole come sostenibilità e biodiversità forse sono state inquadrate nel loro compiuto valore più tardi che altrove.
Io conobbi Rebora ai tempi dell’Università, via Balbi 6 a Genova, primi anni ’80 di un secolo – nel bene e nel male – ormai trascorsissimo.
Docente di storia assai innovativo, festeggiava già vent’anni d’insegnamento accademico, e traguardava l’importante convegno internazionale sulla dieta mediterranea (Cultura e storia dell’alimentazione) che si sarebbe tenuto a Imperia, i cui preziosi Atti – oggi quasi introvabili se non presso una Biblioteca d’Imperia? – uscirono negli anni successivi. La dieta mediterranea, al pari dei muretti a secco, è oggi patrimonio UNESCO…
Nel 1998 avrebbe poi pubblicato, presso l’editore barese Laterza, anche quella “Civiltà della forchetta” che forse si rivela il suo sforzo più compiuto…
Leggo sull’etichetta del magnifico vino Barbera DOCG che l’azienda Franco Roero di Montegrosso d’Asti gli ha dedicato “Giovanni Rebora, professore, con quel suo accento che rende favola anche gli insulti, sa regalare lezioni come fossero confidenze”…
Un po’ di quelle atmosfere le ritrovo ogni tanto presso Baccicin du caru, a Mele, “osteria” gourmet con buoni vini lungo il passo del Turchino, che lega Voltri a Ovada, tra Liguria e Stura piemontese, strada fascinosa per chi come me detesti le autostrade e i milioni di cantieri che di colpo, dopo l’immane tragedia di Ponte Morandi, l’hanno punteggiate. Non a caso, ama pranzarvi anche il figlio di Rebora.
Quando in un paio di occasioni abbiamo parlato, niente malinconie, niente saudade. Quanto a me, amo quelle strade e quelle terre, visitato il santuario dell’Acquasanta o la neviera soprastante potete proseguire in Masone dove l’estrazione del ferro ha lasciato in eredità un museo ad hoc, in Campo Ligure dove l’arte della filigrana tuttora crea oggetti di squisita fattura “all’ombra” di castello Spinola, in Rossiglione dove una coppia di “nostalgici” ha riunito oggetti del più intrigante modernariato, dalla bachelite alle Vespe Piaggio… I sapori – cui Ligucibario® ha nel tempo dedicato tante attenzioni… – sono quelli dei fugassin, della revzora con la testa in cassetta, dei ravioli, della bazzurra e della pute, del polpettone coi fagiolini gancetti. Il bosco dà funghi, castagne, miele (perfetto coi formaggi locali tra cui un bleu d’autore, a latte crudo), e Masone va famosa per i suoi biscotti crumiri, con finissima meliga…
In definitiva, il problema non è tanto dimenticare gli insegnamenti di Rebora, e di mille altri buoni maestri che ho menzionato uno ad uno nel mio “Sostenibilità e biodiversità. Un glossario” (ottenibile gratuitamente a questo link), panta rei e il tempo fugge inesorabile, la polvere notoriamente è capace di poggiarsi anche sulle pagine e i ricordi migliori.
Il problema, e lo scrivo anche per esperienza diretta, dopo quasi 40 anni di “militanza” e confronto operativo sui territori liguri, è che le scienze umane e le scienze esatte sovente non sanno dialogare, manca una trasversalità interdisciplinare, e la cosiddetta contaminazione fra saperi, di cui tanto si ciancia, rimane virtuosa solo nelle intenzioni “accademiche” e sulla carta, non dentro la “dura” realtà delle concretezze.
Lo avrete intuito, amici Lettori, hortus conclusus (“il geloso campo del lavoro intellettuale”) non è espressione che io ami.
(1) tuttora vi consiglio (se non temete i bruciori di stomaco) l’evergreen Antonio Galdo, “Ultimi”, ed. Einaudi, Torino, 2012…
Ho conosciuto Umberto Curti in occasione della mia frequentazione al corso its di imperia subito è scattata una sana intesa
Ha disegnato un perfetto profilo du prufessuuu la cui Barbera ho bevuto copiosamente essendo diventato amico di Franco Roero in quel di Montegrosso d’asti quindi Barbera strong ma perfetta
Ora nelle occasioni speciali stappo la Sichei il suo cru
Cn Umberto e cn Gianni Rebora oserei definirci dei resistenti….