Cibo “di Sottoripa” (portici antistanti il porto di Genova), anticamente quaresimale, la panissa (maniccia, tavelle…) non vincola ad una ricetta unica.
Un litro d’acqua e 3 etti di farina di ceci sono gli ingredienti (4 etti nel caso dei cuculli). L’impasto riposa varie ore, poi si cuoce come una polentina (ottimamente a bagnomaria). Si pone nuovamente a riposo in fondine unte d’olio, e si mangia con cipollotto e pepe. Se fritto in listarelle, dopo la frittura s’asciuga tamponando con carta assorbente. L’olio abbondante mantiene alta la temperatura e il fritto risulta ben croccante, non intriso.
Se vuoi maggiori dettagli, a questo link hai come sempre anche la mia ricetta della panissa in insalata col cipollotto https://liguricettario.blogspot.com/2010/10/panissa-con-la-cipollina_1.html
Alcuni apprezzano soprattutto la panissa non fritta, ad es. anche con le cipolle o le biete stufate (i nostri bisnonni ne preparavano per 2-3 giorni, variando le ricette). Il gourmet albisolese Beppe Gavotti la rosolava, tagliata a lasagnetta, per gratinarla in forno con sugo di funghi e parmigiano. In sé e per sé si abbina ad un DOC Golfo del Tigullio Bianchetta o con un bianco frizzante. E’ simile alle panelle palermitane di cui narra il compianto Vincenzo Buonassisi, ma non confonderla con la paniccia/paniscia, che è viceversa una sorta di risotto con fagioli e cavoli tipico di Vercelli e Novara in Piemonte. Beninteso, lemmi del genere derivano da panico, cereale affine al miglio, antica graminacea asiatica che oggi si usa oramai solo per il becchime, sostituita da mais e risi. Nell’entroterra, la panissa è più soda, talora con cicerchie (gasce), e in Valle Arroscia si può fare con farina di piselli (affettata, a colazione con cagliate, a pranzo o cena con olio, aceto, cipolle, aglio). Mitiche, ovviamente, anche le “fette” di Savona, ovvero le panissette fritte con cui viene farcito un panino di semola chiaro e soffice…
Umberto Curti https://www.ligucibario.com/ligucibario-servizi/