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Pertuso e la farinata

farinata, l'oro di genova

farinata, l’oro di genova

Persone, paesi, professioni. Iniziamo dal vocabolario genovese di Giovanni Casaccia (metà ‘800), il quale recita: Tortajo. Voce dell’uso: quegli che fa e vende torte. E da Pertuso, frazione very very green a 1.022m di altitudine del Comune di Ferriere, il più esteso del Piacentino, in Alta val Nure, a due passi dalla val D’Aveto…

Nel 1870 il tredicenne Pellegro viveva a Pertuso con la propria famiglia. Prende e cammina fino a Chiavari, riviera di levante, ma giungendovi senza alcun orientamento. Una donna lo scorge che vaga, forse affamato. Lo accoglie a casa, lo rifocilla e gli procura un facile impiego come aiutante presso un’osteria, un ristoro come tanti, dove il fuoco cuoce torte e farinata (leccornia completamente sconosciuta nell’alta Val Nure). Pellegro si ambienta, s’impegna…, impara il mestiere davanti al forno, che pian piano si rivela più remunerativo che restare in montagna dov’è nato. E qualche anno più tardi decide di sperimentare la sorte a Genova, avviando un “Torte e Farinate” nel cuore dei carruggi, a Ravecca (tuttora zona di allettanti finger food, dove sciamano studenti e turisti). La fatica è tanta ma ripaga, e Pellegro richiama da Pertuso ulteriore manodopera. Qualcuno di costoro apre via via nuove serrande e a propria volta necessita d’altra manodopera…. In definitiva negli anni Cinquanta del ‘900 le botteghe dei tortai provenienti da Pertuso e dintorni erano circa una cinquantina, esercite dai Cavanna, Devoti, Cagnolari, Maloberti, Ponzini, Quagliaroli, Vaccari, Bisi, Testa, Conforti. Capaci artigiani che sfornavano i classici, torte di verdura, ripieni, castagnaccio, ma soprattutto lei, la scribilita, l’oro di Genova, la farinata, uno dei cibi di strada cui i Zeneixi sono più legati. Che si mangia seduti fianco a fianco con il camallo, l’intellettuale, il giornalista, lo sfaticato, la prostituta… Almeno per un secolo essa si conferma dunque in mano “foresta”, preparata in botteghe di pertusein, un’enclave emiliana in Liguria… Sempre che si possa definire “foresto” chi vive poco oltre un confine regionale… Qualcuno di costoro ha resistito; leggo che forse uno o due sono tuttora aperti, grazie a nipoti di quei primi “foresti”.

Amico Lettore, sul tema leggi anche l’articolo a questo link.

Umberto Curtiumberto curti

 

 

 

 

 

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