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Pandolce

Splendore della pasticceria genovese natalizia (ma si gusta anche a Ferragosto!), ritualissimo con la foglia d’alloro, il pandolce eredita nel ‘500 dalle antiche tradizioni del Levante alcuni ingredienti che entrano di prepotenza nell’impasto (uvetta, canditi, pinoli…). Ben conservabile, saliva nelle cambuse di bordo. E’ ricetta “impegnativa”, fa’ attenzione perché può bruciar fuori e rimanere crudo all’interno, presentare gli ingredienti mal distribuiti o indurire a causa dell’eccesso di uova… Si dice origini da un concorso che l’Ammiraglio Andrea Doria indisse fra i mastri pasticceri della Superba, ma secondo altri è una classica creazione “spontanea”, nata dall’inventiva delle casalinghe e dalla loro pasta madre… Verseggia il poeta Edoardo Firpo:

Andàvimo pe pigne da figgieu/E sentivimo o vento sciu in ti pin/Te vegne in cheu, Cattaen?/Ti te metteivi e sexe pe pendin…

Farina 00 media, crescente (lievito madre * ), un’ombra di lievito di birra (consiglio rivolto alle massaie), burro, pinoli, zucchero, semi di finocchio (purificanti), dadi di cedro candito, uvetta, acqua di fiori d’arancio, talora un pizzico di marsala sono di solito gli ingredienti del pandolce. Gli antichi aggiungevano miele ebreo (d’acacia). L’acqua di fiori d’arancio – usata anche per la pastiera napoletana – è macerazione e distillazione di fiori d’arancio amaro (Bigaradia), e l’olio essenziale allo stato puro è commercializzata col nome di neroli.
A questo link hai come sempre la mia ricetta https://liguricettario.blogspot.com/2010/10/pandolce-genovese-basso_12.html

Il crescente induce una fermentazione acida lenta, idonea a creare microrganismi i quali sviluppano anidride carbonica, per “alzare” l’impasto. Impasto che va premuto sul piano di lavorazione, così da non creparsi. Lievita circa 6 ore raddoppiando il proprio volume (un tempo si dice che le donne lo portassero sotto le lenzuola alzate dallo scaldino!), e forma una “camicia” esterna, che agevola una tornitura tonda e stretta. Poi s’incide a triangolo la superficie, sorta di marchio d’identificazione. Va in forno (senza pirottini) per un’oretta a 180-200°, ed è ottimale dopo 24 ore, quando lo infilzerà con un rametto d’alloro il membro più giovane della famiglia e lo taglierà il membro più anziano (sotto al pandolce ecco la letterina dei bimbi, piena di promesse d’ubbidienza e bontà…).

Chiamato genoa cake nel mondo e pan du bambin a Sanremo (IM), una fetta si offriva al primo povero di passaggio ed una si conservava – fasciata e chiusa – per il 3 febbraio, giorno di San Biagio, protettore della gola ** . Assaggia quello della pasticceria Tagliafico di Genova, o Cacciamani di Alassio (SV)… La variante bassa del pandolce, più uova e meno lievito, non è quella originale, è anzi relativamente recente, una sorta di pasta frolla arricchita dagli ingredienti (canditi, uvetta…) del pandolce più alto e lievitato, e caratterizzata da lavorazione più breve (baking). Il pandolce innamorò il poeta vernacolare Luigi Vacchetto. Con l’alto berrai un DOC Golfo del Tigullio moscato, con il basso viceversa berrai un passito. Ultima “chicca”: storia vuole che nottetempo le famiglie portassero dal fornaio il proprio, da cuocere ***.

Umberto Curti https://www.ligucibario.com/ligucibario-servizi/umbi bello

* si chiama così l’impasto di farina e acqua tiepida (pasta acida naturale) riposato e rinfrescato 15 giorni.

** vescovo di Sebaste, in Armenia, visse fra il 200 e il 300, morendo decapitato per le persecuzioni di Licinio. “El dì de San Bias se benedis la gola e el nas”, recita il proverbio…

*** per altre suggestioni, leggi anche le poesie folk del Castello, del Piaggio, del Malinverni.

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