Cari lettori di Ligucibario® appassionati – come me! – del buon vino, questa volta, visto che le Festività sono ormai alle porte, ci dedicheremo ad un menu tipicamente ligure e tradizionalmente natalizio.
Ma non possiamo non sederci a tavola con una raffinata bollicina di Champagne AOC – Montagne de Reims – Grand Cru Brute a Verzenay, blanc de noirs (bianco ottenuto da uve nere, nello specifico pinot nero 100%), ideale da degustare col nostro ghiotto antipasto di sottoli e di salumi misti (ma talora è adatto anche a tutto pasto). Quali? Presto detto. La testa in cassetta è un salame cotto, ottenuto con la lingua, il grasso, le cotiche e la cartilagine della testa del maiale (donde il nome), il tutto bollito con l’aggiunta di aromi e poi pressato (“in cassetta”) nella sua caratteristica forma squadrata. Uno dei prodotti di salumeria regionale più antichi, tipico dell’entroterra genovese e savonese, si taglia a fette sottili. So che il mio amico Umberto Curti venera quello morbidissimo di “Giacobbe”, nella verde Sassello, entroterra di Albisola. Il salame di Sant’Olcese dell’alta Val Polcevera invece non è cotto, ed è composto per metà da carne suina e per metà da carne bovina (le parti magre); si consuma dopo una breve stagionatura e va tagliato a fette abbastanza spesse. Potreste progettare una gita nell’area di produzione col mitico trenino di Casella (un’ora very slow di panorami), che parte sopra piazza Manin a Genova…
Come primo piatto un vero classico, rivale dei ravioli: i natalini (tipo di maccheroni di pasta fresca, anche detti mustaccioli) in brodo di cappone con l’aggiunta di palline di salsiccia che simboleggiano le monete, quale augurio di prosperità. Potete degustarli con lo Champagne o con il vino rosso di medio corpo e struttura (un Syrah) che poi abbineremo al cappone bollito, il quale verrà servito come seconda portata con l’aggiunta di mostarda, salsa verde e perfino salsa alle noci (preparata in casa nel mortaio, con la mollica bagnata nel latte o nella prescinsêua…).
A Natale se mangia o pandôçe co-i beschêutti toccæ in-to vin…
Il pandolce genovese appartiene alla tradizione del Natale ligure, e ne caratterizzano la ricetta, oltre ai canditi di arancia e cedro e l’uvetta passa, anche i pregiati pinoli e i semi di finocchio (in determinate zone della Liguria – e d’Italia – si possono aggiungere anche i pistacchi e il marsala). Il più antico e rituale è quello alto, lievitato con paste madri. Ne esiste anche una versione “bassa” di più semplice realizzazione, in quanto la lievitazione coi baking richiede meno tempo e meno passaggi di impasto.
A proposito…se per Natale siete stufi dei soliti “pensierini” e ben vi destreggiate in cucina, potreste regalare a parenti ed amici dei piccoli pandolci fatti con le vostre mani e poi insacchettati e ben infiocchettati!
Perfetto sarebbe accompagnare il pandolce – specie se basso – con il passito ligure DOC Cinque Terre Sciacchetrà (con pochi anni di invecchiamento, sarebbe altrimenti sprecato: in quel caso è infatti un ottimo vino da meditazione, da bersi da solo). Ma piacendomi stavolta rimanere in terra francese opterei per un altrettanto splendido Château Voigny Sauternes 2016. Che al naso è intenso, profumato, e sa di miele, frutta secca (mandorle), fichi, uva passita e frutta gialla stramatura. E’ un vino morbido e avvolgente, ma con una nota minerale e una buona spalla di freschezza e acidità.
Così è, se vi garba. Cin cin e auguri dalla vostra sommelière lomellina!
Daniela Guandalini
19 dic 2019 | Pubblicato in Ligucibario
A tavola, un Natale ligur-francese…
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