Cibo e cultura alimentare: etnogastronomia, biodiversità, sostenibilità
Cibo, nutrizione e non solo. Che conoscere l’alimentazione di un popolo valga come strada maestra per penetrarne autenticamente la cultura, direi essere ormai tesi troppo veritiera e accreditata per meritare ulteriori approfondimenti… Un popolo, in tal senso, è infatti quel che storicamente ha coltivato, pescato, allevato, prodotto, importato.
Cibo e microstoria.
Da giovane – quanti ricordi… – mi avvicinai a Bloch, a Febvre, alla cosiddetta scuola delle “Annales” (d’histoire économique et sociale) che mi appassionò alla micro-storia. E che alle narrazioni “scolastiche” di eventi, monarchie, battaglie, conquiste, sostituì sin dal 1929 l’indagine delle comunità “minori”, delle famiglie, delle quotidianità sociali. Una ricerca, ai tempi, rivoluzionaria e quanto mai stimolante. Ma come si potrebbe, in effetti, comprendere il farsi della storia sui territori senza approfondire – in senso antropologico – la vita dei villaggi, il lavoro, la lingua parlata, le ricette culinarie, le malattie, gli aspetti religiosi e “paganeggianti”… Ecosistemi culturali, vien da dire.
Cibo, sostenibilità, biodiversità
Parimenti, oggi, chiunque si occupi seriamente di enogastronomia si occupa anche di sostenibilità e biodiversità (di rispetto dell’ambiente e delle forme di vita che ospita). Ed esse, ed anche per questo abbiamo “gemmato” alcuni mesi fa anche il blog BioVoci, sono i viatici migliori per avvicinarsi ad un atto – alimentare – che non sia solo quello (necessario e “banale”) del nutrirsi, ma miri a conoscere a fondo quel che giunge in tavola e come vi giunge. Ligucibario© da molti anni traversa questo cupo antropocene militando lungo un percorso che si tiene lontano tanto dai luoghi comuni quanto dai fanatismi tout court. Affermazioni quali, tanto per dire, “aboliamo tutta la carne rossa dai menu” oppure “in Italia i poveri mangiano meglio dei ricchi” oppure “i grani moderni provocano la celiachia” sono – su piani diversi – di difficile ricezione, in primis in Italia.
In parallelo, molti consumatori tuttora non sanno le cause di alcuni dei più tragici incidenti alimentari degli ultimi anni (metanolo, morbo di mucca pazza, mozzarelle blu…) e faticano ad interpretare le etichette sui prodotti, oppure serenamente le ignorano. Prede perfette del marketing che, non di rado, tutto massifica e manipola… Del marketing che riempie i loro carrelli distratti…
Dieta mediterranea. Buonessere e modus vivendi
Il percorso di Ligucibario©, come detto, evita qualunquismi e pregiudizi. Tuttavia, predilige eccome l’agricoltura pulita, le filiere brevi (leggo che un chilo di mirtilli dal Cile innescherebbe un consumo di 20 litri di carburante aereo e 7 chili di anidride carbonica nell’atmosfera), le cultivar autoctone, l’olio extravergine, i cibi poco processati (verificare le confezioni!), il buonessere, parola che personalmente, lo confesso, prediligo. Buonessere che in molte regioni italiane collima con la cosiddetta “dieta mediterranea”, un modus vivendi più che un modus edendi, di recente “rivisitato”, una dieta davvero della longevità (e del contrasto a malattie cardiovascolari e a tumori), tanto che alcune aree d’Italia contendono il primato della durata di vita all’isola di Creta e al Giappone, un Paese, quest’ultimo, non a caso di millenaria civiltà, dove lo stile alimentare è un’autentica filosofia, poggiata su riso (sovente l’integrale Genmai), pesce (sovente crudo in forma di sashimi e sushi), verdura e frutta fresche, alghe, tè verde…
Stay tuned, amico Lettore, perché su queste tematiche inevitabilmente ci riincontreremo, anche – appunto – nel blog BioVoci che t’invito sin d’ora a navigare.
Umberto Curti