Far from the madding crowd? Via dalla pazza folla? Purtroppo, il post-pandemia non ha (ancora) preservato alcune località dal sovraffollamento turistico (il cosiddetto overtourism)…
Overtourism: numeri e “classifiche”
Si quantifica in percentuale che addirittura l’80% dei viaggiatori – su scala mondiale – scatti i propri “post” appena nel 10% delle destinazioni totali. Come a dire che il turismo internazionale, in realtà, persevera un po’ ovunque con l’overtourism e i problemi che esso comporta (e viene quindi da chiedersi, in aggiunta, quali spazi di mercato siano e saranno contendibili dalle altre territorialità e mete).
Recenti indagini su tali “densità” di massa posizionano ai primi posti in certe stagioni Dubrovnik (l’ex Ragusa), punteggiata di case-vacanza pronte ad ospitare i passeggeri dei voli e di ricettività pronte ad accogliere i crocieristi. Poi c’è ovviamente Venezia (che non a caso ha avviato il biglietto per i check-in d’ingresso in città), poi c’è Macao in Cina che trionfa coi suoi sfavillanti casinò da gioco. Più giù Parigi, e Roma tredicesima.
Il problema, in proiezione, è che si tende a prevedere da qui al 2030, in queste località, un ulteriore intensificarsi degli accessi… Viene spontaneo quindi visualizzare un turismo sovente mordi-e-fuggi, immerso nel web e nei social un tanto al chilo, talora attratto dalla disneyzzazione effimera degli eventi e della cultura, il quale fra l’altro tende ad arrivare con vettori poco o nulla sostenibili e a “consumare” pesantemente i luoghi, condannandoli a cicli di vita brutali. Effetti dell’overtourism…
Overtourism: che fare?
Le mete turistiche più avvedute dovrebbero (concertando strategie pubblico-private) uscire dalle dinamiche dell’overtourism e sottrarsi a questa competizione profitto immediato-prezzi conseguenti, che lascerà molte macerie, e viceversa ragionare sul medio-lungo periodo, preservando la propria identità, e volgendosi ad un turismo più sostenibile, slow, relazionale. E tali mete dovrebbero in tal senso dotarsi sùbito anche di un piano di marketing specifico e mirato, nel quale anche la comunicazione web e social (oggi un mare magnum da sociologi) non scimmiotti tendenze e concorrenze, ma individui una propria strada efficace.
Promuoversi online, infatti, è ormai un processo partecipativo dal quale il turista attende contenuti di valore, news, informazioni utili a prefigurare il soggiorno e le esperienze – sensoriali, sportive, culturali, enogastronomiche… – che potrà positivamente vivere una volta giunto in loco. C’è una rivoluzione in atto, ma molti assessori e albergatori, per così dire, non se ne sono ancora compiutamente avveduti, e ne restano ai margini.
Le sfide per le destinazioni
Non si tratta peraltro di investire budget folli in tecnologie d’avanguardia (magari confrontandosi infine con competitor troppo sovradimensionati), bensì – e Luisa Puppo ed io da quasi 30 anni non ci stanchiamo di ribadirle di scriverlo – di praticare linguaggi * e proposte a misura di target. Studiosi quali Philip Kotler e poi Chris Anderson l’hanno insegnato anche dentro le mirabili pagine della loro saggistica. Ed è quindi inutile girarci intorno, oggi che un decennio vale un’era geologica: le destinazioni e le aziende inidonee ad evolvere (inclusi gli ostinati operatori turistici del fai-da-te) purtroppo ridurranno gli arrivi e “chiuderanno”.
Viceversa, e guardo dapprima la cartina dell’Italia e poi quella della Liguria, anche destinazioni sin qui apparentemente minori, più “residuali”, potranno giocarsi carte e forme di ospitalità eccellenti in direzione di un turismo consapevole, esperienziale, attento alla biodiversità, alla qualità e alle tradizioni (food and crafts anzitutto). Senza overtourism.
Ligucibario© milita su quel fronte già da decenni, e da qualche tempo anche in sinergia con un pool di consulenti digitali molto giovani e molto motivati. Chi desiderasse conoscer meglio quel che facciamo può “incontrarci” in libreria (link qui) e contattarci in mille ed un modo…
*e relative (ottime) traduzioni in lingua estera…
Umberto Curti