28 mag 2024  | Pubblicato in Ligucibario

Agroproduzioni, marketing, turismo: quali prospettive?

tipico borgo del ponente ligure

tipico borgo del ponente ligure

Dal genius loci al digitale.
Esploriamo insieme i rapporti (esistenti e potenziali) tra marketing delle produzioni agroalimentari e turismo attraverso riflessioni di scenario, tendenze, input operativi, buone prassi, fabbisogni d’innovazione.  

Il format che abbiamo scelto per questo articolo si ispira alla formazione-intervento, una modalità di aggiornamento professionale che proponiamo alle imprese e che prediligiamo per le sue doti di concretezza ed operatività (non a caso, apprezzatissime dai partecipanti). Lo utilizziamo anche online: a titolo di esempio, anche nei webinar che abbiamo tenuto nel 2022 nell’àmbito del progetto comunitario Interreg Maritime “InAgro” e che vertevano sui temi che andiamo ad approfondire.

Turismo esperienziale: dal dove al come

Il nuovo millennio si è via via caratterizzato per forme di turismo sempre più relazionali ed esperienziali, attive e sensoriali, ovvero il cosiddetto passaggio “dal dove al come”, che ha proiettato i propri effetti anche su alcuni trend e alcuni approcci alimentari, compreso il mondo delle agroproduzioni.
Emblematicamente, anche tutte le principali OTA aggiunsero – chi prima chi dopo – nei propri portali il pulsante “esperienze”, per non autoescludersi da quei nuovi business. Oggi, in una frazione di secondo, è dunque possibile scoprire come surfare a Bali, tessere kimono in Giappone, prenotare degustazioni di vino sulle magiche colline toscane…
I “riti” del turismo (prenotare, scoprire, sperimentare…) hanno progressivamente accresciuto il bisogno di “reti”, di network in grado d’ottimizzare offerte efficaci, di operare in team (1+1=3), e in Italia nel 2023 le cosiddette reti d’impresa (ben dilatandosi anche nel settore turistico) sono cresciute del 7,4%.

Un customer journey sempre più digitale

Quanto al customer journey, esso è oggi sempre più digitale, sempre più nasce online, sulle piattaforme dove variamente il turista prefigura (e pre-modella) il viaggio, personalizzandolo, assemblandolo. “Elude”, app americana su I-phone, in tal senso consente di costruirsi le opportunità di vacanza/trasferta non più in base a data e destinazione, bensì a budget personale e scalo di partenza…
Gli insegnamenti “copernicani” di Philip Kotler e di Chris Anderson (prevalenza della domanda sull’offerta, orientamento al target…) paiono non esser stati vani.

Turismo enogastronomico: genius loci e qualità della vita

Cosa offre l’Italia ai mercati (e ai gastronauti)? L’Italia è il made in Italy anche e fortemente in senso enogastronomico, cultivar autoctone, prodotti DOP (malgrado i gineprai di sigle), figure di cuochi celebri, usi e ricette che il mondo intero le invidia…
Ma la qualità delle nostre agroproduzioni non basta. Talvolta, malgrado tutto, la qualità della vita nei luoghi* (essenziale per i residenti tanto quanto per gli incomers) si pone infatti come criticità: tutte le prime 10 città italiane più alte nella relativa classifica annuale sono tutte al Nord, il Sud presidia le parti basse della classifica. E purtroppo i luoghi poco accoglienti e curati inducono quella che i sociologi definiscono “sindrome del vetro rotto”, ovvero un ambiente sporco sembra purtroppo “legittimare” ulteriori condotte scorrette (in antitesi all’ambiente tutelato, che induce rispetto).

Focus Liguria, le sfide: destagionalizzazione e presenza web del food&crafts

Quanto alla Liguria, e ad altre – non poche – territorialità italiane, vige l’urgenza di una miglior destagionalizzazione dei flussi, che spalmi arrivi e presenze su un maggior numero di mensilità, attenuando l’andamento a picchi e crolli, con relativo crowding out (ad es. delle Cinque Terre) in alcuni – di solito prevedibili – periodi dell’anno…
Già in epoca pre-Covid, il TOC (occupancy rate) a Genova è stato nel 2019 del 72,1%, un ottimo risultato, che rafforza le nuove vocazioni cittadine, ma ovviamente le località balneari in riviera risentono maggiormente della stasi invernale.
Il mare continua a non esser vissuto – e venduto – a 360°, molto mare italiano sèguita a non esser “mare d’inverno” (pescaturismo, diving, whalewatching…), e l’economia dimezza, per così dire, i propri asset…

S’aggiunga inoltre che – da nostra ricerca 2021 – solo il 35% dei 234 siti web istituzionali dei Comuni liguri contiene informazioni sul food&crafts locale, cioè su 152 non v’è, sorprendentemente?, traccia di enogastronomia e tipicità.

Sostenibilità e turismo, un decalogo e un tool kit

Il tema, sempre più cogente, è quello della sostenibilità. Se ieri un’offerta poteva dirsi eco-compatibile, oggi nessuna offerta potrebbe non dirsi tale. E’ un imperativo categorico che – per così dire – dalle pedonalizzazioni dei centri storici giunge dentro le camere dei bed&breakfast…. La “Agoda’s sustainable travel trends survey 2021”, realizzata a livello internazionale, ha addirittura prodotto una sorta d’illuminante decalogo delle priorità reclamate dal turismo, e fra queste spicca il desiderio di offerte assolutamente green, rispettose degli habitat e delle comunità, attente a tutte le biodiversità del terroir… Scrisse anni fa il romanziere napoletano Raffaele La Capria che “v’è più storia in un’onda del Mediterraneo che in tutti gli oceani messi insieme”.

Per l’Italia, è doveroso in tal senso segnalare il toolkit (manuale d’uso**) che la Val d’Aosta aveva redatto per i propri operatori, a fini di branding e in qualche modo di formazione a distanza, sin dal 2015: “Un prodotto turistico è quello che compri. Un’esperienza turistica è quello che ricordi”. Qualità “totale”, propensione all’ospite e sinergie per un riposizionamento della valle, magnifica ma pur essa chiamata a non bastarsi di rendite di posizione.

Agroproduzioni e turismo, le lezioni da imparare

Genius loci, buonessere, produzioni a filiera breve, Italian way of life, dieta mediterranea, muretti a secco insigniti del titolo UNESCO, centri storici d’ineguagliabile charme…, ecco i plus che costantemente ritornano nel wordcloud delle agroproduzioni.
Ciò si riverbera anche nella ristorazione: l’apprezzatissima trattoria “Ai due platani” di Coloreto (PR), ben reperibile su web e social e premiata da punteggi altissimi su TripAdvisor ecc., ne è un esempio virtuoso.

Ciò non toglie che in un Paese come il nostro, dove il 93% delle imprese è di piccola/minimale dimensione (donde, scarsità quantitative di prodotto), secondo una ricerca dell’università Bocconi un’impresa famigliare su 4 sia ormai a rischio chiusura, per problemi di natura finanziaria. Ed il settore agroalimentare sconta, come risaputo, un danno annuale di 55 miliardi di euro indotto dal cosiddetto e indecente “Italian sounding”.

Poiché, secondo una ricerca dell’università Bicocca del dicembre 2020 il passaggio generazionale si conferma tra gli step più difficoltosi, con figli che sovente non intendono ripercorrere il mestiere dei padri, urge verosimilmente un ripensamento complessivo circa i fabbisogni (marketing e management) di tale tipologia d’impresa, la quale sovente tende all’individualismo, si racconta meno del dovuto, e non riesce più a tenere il passo “globale” del mercato, un mercato peraltro sempre più accelerato e deregolamentato.

Urgono, pare evidente, momenti formativi ad hoc, sia in termini di hard che di soft skills.
Oggi – piaccia o no – ci si deve aggiornare durante tutto l’arco della vita lavorativa. Solo così la tradizione si orienterà al futuro, solo così i presidii rurali tanto quanto gli artigiani e le botteghe storiche potranno affrontare il nuovo che avanza… Nel 2006 la sociologa olandese Marianne Stuiver, cui si deve il concetto di retro-innovazione, ha prodotto lungimiranti parole in tal senso. Lo scenario alternativo sarebbe purtroppo quello delle aree a rischio abbandono, delle microattività che si arrendono, dei borghi abitati via via solo da anziani, dove lavoro e servizi scarseggiano.
Uno scenario che veramente non vogliamo vedere.

Turismo enogastronomico: l’interazione domanda-offerta ai tempi del societing e del digitale

Food tourism… Negli anni recenti sono andate spalancandosi anche alcune nicchie di mercato che – per comodità di sintesi – aggreghiamo nel lemma “societing”. Si tratta di gruppi, sodalizi, associazioni, club, confraternite, la cui esistenza si lega ad un interesse specifico, un hobby, una passione condivisa. Il francese Bernard Cova e l’italiano Giampaolo Fabris (deceduto nel 2010) indagarono, meglio di altri, tali interessanti dinamiche “antropologiche”, di tribalismo partecipativo, che il web ovviamente facilita. Questi gruppi gettano ponti verso altri gruppi, tanto che sovente “chiedono” di visitare città, beni culturali, e negozi, non sotto la guida di un classico operatore professionale, bensì di un abitante di quella città. Nacque così il magnifico fenomeno “Big apple greeter” a New York nel 1992, nacque così “Parisien d’un jour” a Parigi nel 2007…

Anche questa interazione fra domanda e offerta si posiziona stabilmente sulla rete, tutto – come detto – accade sempre più online, buyer e seller si accordano a distanza. Risulta tuttora preziosa, a latere dei social, quella “teoria dei 3 pannelli” che l’esperto di architettura dell’informazione Jeffrey Veen mise a punto sin dal 2001… Alludendo all’importanza di quel layout iniziale che agevola – anzitutto visivamente – l’esplorazione e la fruizione di un sito web:

  • Di che sito si tratta?
  • Sto vedendo quel che cercavo?
  • Come lo navigo?

V’è pertanto da chiedersi:

  • quanti siti “rispettano” tale teoria e possono dirsi realmente user friendly?

Partecipare a fiere-workshop: una check list operativa

Infine, in virtù di alcune riflessioni nate durante il question time di webinar e incontri, accenniamo anche al tema fiere-workshop, che malgrado il crescente affermarsi dell’e-commerce conferma ancora elementi d’interesse, tanto più che sovente sono disponibili agevolazioni e supporti pubblici (Regioni, Camere di commercio, ICE…) per le aziende che intendono parteciparvi.

CHECK LIST OPERATIVA

  1. Selezionare. Va naturalmente effettuata una scrupolosa selezione circa gli eventi caso per caso più interessanti e coerenti, là dove le piccole imprese abbiano modeste disponibilità di budget e di tempo (talvolta alcune location fieristiche non sono proprio dietro l’angolo). Si consideri che manifestazioni sovradimensionate o “incoerenti” possono deprimere le aziende che vi abbiano preso parte senza ottenere visibilità e occasioni di negoziati…
  2. Il moltiplicatore 5. Si consideri che, secondo molti esperti del settore, in fiera vige la cosiddetta regola del moltiplicatore 5, ovvero i costi complessivi sostenuti dall’azienda ammontano al quintuplo o anche più (a causa di voci quali trasporti, hotel, acquisto di pubblicità…) rispetto all’affitto dello stand, a maggior ragione dove la partecipazione includa anche l’organizzazione di eventi, il reperimento di staff specifici (hostess, interpreti, animatori)…
  3. Il prima e il dopo. Inoltre, in termini fieristici il prima e il dopo sono fondamentali tanto quanto il durante, nel senso che la partecipazione va ottimizzata con una serie di attività ad essa antecedenti (contatti, presa d’appuntamenti, azioni online…) e con strategie follow up ad essa susseguenti (capitalizzazione dei contatti, spedizione della merce, analisi di marketing per valutare la proficuità o meno della partecipazione…). Tenendo presente che di solito la prima partecipazione a una data fiera è meno remunerativa delle successive.

Food for thought

Non esiste formazione-intervento efficace senza la proposta di case history molto centrate, e di successo. Oltre a quelle già citate nell’articolo, terminiamo in “crescendo” con il “caso” lavanda a Sale San Giovanni (CN) e il “caso” Käsestrasse/strada dei formaggi a Bregenz (Austria), su cui Ligucibario®, non a caso, aveva già in passato pubblicato articoli (tra gli altri, ti consigliamo Cheese marketing, il caso Bregenz).

Conoscere le best practice altrui è la via migliore per mutuarne eventuali strategie. E conoscere è già di per se stesso intraprendere, porsi in gioco, rinnovare, progredire.

*sul tema, specie per le connessioni con le città che evolvono e che decadono, si veda l’evergreen R. Florida, L’ascesa della nuova classe creativa, ed. Mondadori, Milano, 2003

**strumento di commitment sfortunatamente poco impiegato in Italia

Umberto Curti e Luisa Puppo

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