Cheese marketing, il caso Bregenz.
A proposito del caso-studio Bregenz, in Austria occidentale (Vorarlberg), va premesso che priorità del marketing locale è stata la promozione dei prodotti caseari e dell’agricoltura alpina tradizionale, anzitutto nei suoi nessi con le antiche tradizioni e gli antichi ricettari.
Questo cuscinetto paradisiaco (in incremento demografico) fra l’Austria, la Svizzera e la Germania è un paesaggio dolce, 500 kmq di boschi e pascoli racchiusi tra il Lago di Costanza (il Bodensee, paradiso dei bikers) e una corona di monti superiori ai 2000 m, tra cui il Diedamskopf e il massiccio di Kanisfluh. Ovunque nelle fattorie spicca il cartello Milk, Käse, Butter.
Da metà settembre a metà ottobre il Bregenzerwald festeggia l’autunno dei formaggi, col ritorno a valle del bestiame che nei mesi caldi ha via via respirato in alpeggio, e il mercato. Soprattutto si è creata – anni fa, 1996… – una Käsestrasse, aggregazione presentata come “asset differenziante” (coinvolgimento di hotel e ristoranti, caseifici, fattorie, organizzazioni turistiche, baite in quota, latterie…) perché coerentemente recupera antiche filiere socioeconomiche, nonché itinerario percorribile a piedi.
In dettaglio, il Bergkäse nasce da latte crudo bovino intero o parzialmente scremato, che munto la sera viene tradizionalmente serbato in larghi, e bellissimi fusti di legno (Holzgepsen) a temperatura ambiente tutta la notte, ciò che conserva inalterata la caratteristica microflora. Talora la panna viene separata al mattino ed entra nella produzione di burro. Se il casaro preferisce viceversa non separarla, il formaggio grasso si chiamerà Vollfettkäse (Austria) o Vollrahmkäse (Svizzera). Ciò rievoca il passato poiché, ove non si possa raffreddare la panna e il burro, la conservazione – oggi agevole – risulta difficile e a volte di fatto impossibile. Al mattino il latte della sera precedente, eventualmente scremato, e l’intero appena munto vengono scaldati in catini fin quando non giungano ai 32°C, poi s’addiziona caglio animale (dallo stomaco di vitelli). Il latte si mantiene a questa temperatura finché non si addensa. Poi il formaggio viene frantumato classicamente con una lira, in grumi delle dimensioni di un pisello. L’attività di frantumazione prosegue a 50-55°C. Ottenuta l’idonea consistenza il formaggio viene pressato onde acquisisca la forma tonda a ruota e lavato con salamoia, poi posto a stagionare 2 anni. Per tradizione le vacche sono nutrite soltanto con foraggio fresco o fieno, mangimi sani, mai con insilati (alimenti fermentati), e gli allevatori vengono sollecitati a somministrare meno foraggi concentrati possibile (i concentrati contengono poche fibre e fanno iper-ingrassare gli animali). Gli aspetti prioritari di questa tradizione casearia sono: 1) il latte si conserva a temperatura ambiente in contenitori di legno tutta la notte, la vitalità viene preservata influenzando positivamente la successiva stagionatura 2) le colture batteriche di produzione vengono costantemente riprodotte e utilizzate, per non aggiungerne di laboratorio 3) viene utilizzato solo caglio di vitelli degli allevatori stessi 4) il formaggio in stagionatura viene regolarmente lavato in salamoia.
Senza alcun dubbio è considerato dalla popolazione locale un simbolo di identità e appartenenza (la produzione richiede manodopera altamente qualificata). Questa sapienza antica in parte viene via via trasmessa oralmente, “on field” vien proprio da dire, di fatto con modalità informali.
Per tutelarla e migliorarla con sfumature locali ed individuali, è doveroso promuovere la produzione presso le fattorie, gli “Vorsäße” (modello economico tipico sulle malghe del Bregenzerwald e della valle Walser, è un casolare in mezzo a un prato gestito secondo criteri di nomadismo pastorale) e nelle Alpi in genere. L’esportazione in tutta la regione avviene fin dalla Romanità (la città, d’origine celtica, ebbe nome Brigantium prima di cadere sotto gli assalti alemannici).
Il mercato di Schwarzenberg, risalente al 1594, si è sviluppato nel corso di secoli in un evento a cadenza annuale, assai sentito socialmente. Cade intorno al 16 settembre, da 400 anni in contemporanea alla transumanza del bestiame da malghe a valli. Lì si compete – pastori e produttori – per il miglior formaggio, la qualità aromatica è di solito impagabile.
Quanto al marketing odierno (il progetto è in continuo divenire e i miei studenti debbono costantemente “aggiornarne” l’analisi!), si sono organizzate regolari settimane gastronomiche nei ristoranti, nonché degustazioni… Presso ristoranti e strutture ricettive si sono allestiti anche punti vendita standard (boutique) delle tipicità. E’ stata servita la “colazione del contadino”, quasi un marchio di fabbrica. Sono stati erogati seminari formativi congiunti tra imprese turistiche e produttori alimentari, per favorire la comprensione reciproca delle esigenze delle imprese e dei rispettivi clienti. I corsi hanno spaziato dal marketing operativo alle capacità manageriali, così come alla culinaria a base di formaggi di montagna, per “sorprendere” l’ospite. Un gruppo di lavoro ha sviluppato spunti per i menu e per la programmazione degli acquisti. I criteri di qualità hanno fra l’altro incluso: a)un minimo di 5 portate a base di formaggio, siano esse ad esempio zuppe, tagliolini, flan, tegami di patate, b)lo sviluppo di menu speciali, c)la citazione dei produttori nel menu, d)la partecipazione a moduli di formazione su misura sia per cuochi, sia per camerieri… Attenzione particolare è stata infine riservata alla qualità e sostenibilità dell’esperienza del turista presso i caseifici, intesi complessivamente come front line: le reception, le aree vendita, la segnaletica interna, il materiale informativo, tutto ha concorso ad un setting specifico…
Oltre la metà della superficie agricola del Bregenzerwald è oggi riservata al ciclo del latte, e il Land annovera 400 aziende certificate “bio” (è inoltre vietato, ovviamente, coltivare OGM).
Latte ed erbe di malga, infine, sono entrati nella composizione di apprezzati cosmetici ecc.
Esperienze casearie analoghe – che qui per ovvie ragioni di sintesi non trovano spazio – hanno riguardato i Paesi Catari (Languedoc-Roussillon), la Savoia dei piccoli mirabili villaggi e dei prodotti AOC, Rochefort nel Belgio Vallone (Namur) celebre anche per le birre, il Lucomagno in Canton Ticino… In Italia si sono via via mosse alcune territorialità soprattutto nel Nord-est trentino, bellunese…
Anche il Lucomagno succitato ha realizzato una “strada dei formaggi”. Le solenni foreste hanno lasciato spazio – già attorno all’anno Mille – a pascoli, in un paesaggio da cartolina. Tra tetti in piode, fontane in granito, carrozzoni mobili per la mungitura e caseifici (talora con spazi di vendita), dalla cima del Passo del Lucomagno l’escursione – di alcuni chilometri – è rigenerante, non faticosa, e tocca anche la cembreta di Selvasecca, il più grande bosco di pino cembro a sud delle Alpi.
L’offerta di turismo esperienziale, dunque, consiste soprattutto nel prevenire le tendenze.
Umberto Curti
27 apr 2022 | Pubblicato in Ligucibario
Cheese marketing. Il caso Bregenz
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