Dal 1972, istituita dall’ONU, si celebra il 5 giugno la Giornata mondiale dell’ambiente. Fu peraltro poco prima, durante gli anni ’50-’60 del Novecento, che l’ecologia finalmente si impose nell’insegnamento accademico e nella ricerca, e aprì prospettive nuove alla comprensione del rapporto tra umanità e natura. Dalle radici del protezionismo fiorì dunque – anche in un divergere di intuizioni e correnti – una sensibilità più ampia per le complesse interazioni tra società e ambiente. Il tema – per così dire – dalle élites si trasferì alle masse, ne divenne appannaggio, e l’ambiente naturale divenne “diritto” di tutti. Ambientalisti sono oggi anche i vari movimenti sociali (reti, comitati…) tesi globalmente a salvaguardare l’ambiente e a contrastare in senso politico e operativo le attività umane che vi impattano negativamente.
Per me, docente nei corsi di qualifica regionale per Guida ambientale escursionistica, ed enogastronomo, questi temi sono divenuti urgenze quotidiane anche in senso lavorativo.
Tutto ciò ha peraltro origini ideologiche “antiche” (Jean Jacques Rousseau, Henry David Thoreau, Ralph Waldo Emerson, George Perkins Marsh*, John Muir**…), ed è debitore a chiunque non abbia opportunisticamente visto nell’ambiente solo uno strumento per l’esistenza e per l’agire (anzitutto economico) dell’uomo. Diacronicamente, durante gli anni ’20 del Novecento nacque anzitutto l’ecologia sociale urbana, ad opera della cosiddetta Scuola di Chicago, istituita nel 1914: la ricerca ecologica e quella sociologica confluirono nell’analisi dell’interazione tra mondo naturale e società umane. Nel 1945 l’Unesco promosse l’UNione internazionale per la protezione della natura. E alcune opere pubblicate in tale periodo concorsero a creare/cementare la sensibilità moderna: tra di esse, i libri di Rachel Carson, in primis Primavera silenziosa, sui rischi associati all’industria chimica (il libro, contro l’uso indiscriminato dei pesticidi, destò notevoli polemiche e vasto interesse, e stimolò lo sviluppo della legislazione ambientale); il libro del “neo-malthusiano” Paul Ehrlich (The Population Bomb) sull’esplosione demografica; e i manuali di ecologia dei fratelli Eugene e Howard Odum (Fundamentals of Ecology…), che contribuirono a consolidarne l’insegnamento. Il 23 aprile 1970 fu dichiarato primo Giorno per la Terra, e il 1970 Anno europeo per la conservazione della natura. L’ambientalismo stesso si è da allora ramificato – anche nei Paesi in via di sviluppo e con andamento transnazionale – non solo grazie alla portata delle proprie convinzioni, ma anche per gli effetti di grandi eventi globali (sviluppo e globalizzazione, scienza e tecnologie, inquinamento delle città, consumismo, rapidissimi mutamenti culturali, catastrofi naturali e industriali, rifiuti tossici…). Raggiunto il benessere economico, dagli anni ’70-‘80 la generazione post-industriale sviluppò infatti valori meno materialistici, centrati invece sulla qualità della vita, l’uguaglianza e i diritti, la partecipazione (la “libertà” secondo il nostro cantautore Giorgio Gaber), e dunque anche la protezione dell’ambiente, teatro della vita. Ambiente da difendere contro le lobby del profitto che paiono non preoccuparsene. I movimenti ambientalisti si intrecciarono pertanto, caso per caso, con movimenti pacifisti, femministi, anti-nucleari, per i diritti civili, ed in difesa delle minoranze. Nel mondo ancora divisissimo dalla guerra fredda e dagli arsenali nucleari, trovarono anche spazio ambientalismi proiettati alla spiritualità, e motivati da valori etico-culturali-religiosi. Poi progressivamente presero campo anche posizioni ecoterroristiche, di occupazione, sabotaggio ed esproprio, involutesi dentro quelle fazioni no-global ed anarco-insurrezionaliste che poi, come noto, pianificarono e produssero violenze durante alcuni summit (Genova 2001…) dei “potenti della terra”… In definitiva l’ambientalismo, nato nel XIX secolo dal desiderio di proteggere le bellezze della natura, poi, nel corso del XX secolo sempre più associato alla scienza, alla politica e a istanze di cambiamento sociale, non ha prodotto un modo di pensare ed agire omogeneo. E della sua storia si sono specificamente occupati, negli Stati Uniti, Donald Worster e Alfred Crosby (di fatto il primo storico ad inserire l’ambiente nella spiegazione degli eventi…), e in Gran Bretagna – non a caso la prima nazione industriale, carbone, manifatture, classe operaia… – Thomas Keith, cui dobbiamo anzitutto L’uomo e la natura. Dallo sfruttamento all’estetica dell’ambiente (1500-1800), edito in italiano da Einaudi. L’ambientalismo è piuttosto sfociato in un ricco e variegato insieme di idee, organizzazioni ed azioni, tra cui corrono legami più o meno intensi, o distanze più o meno incolmabili. Scriveva l’economista e sociologo James O’Connor nel 1988 che «Nonostante l’ambientalismo costituisca uno dei più importanti movimenti sociali sia negli Stati Uniti sia negli altri paesi, e nonostante la crisi ecologica abbia ormai raggiunto il mondo intero, i marxisti e i socialisti hanno fatto finora pochi e deboli tentativi per dare una spiegazione teorica coerente di questi fatti». Tra le organizzazioni ambientaliste più grandi (per associati e budget) oggi figurano sia organizzazioni transnazionali, come Greenpeace e la federazione internazionale di Friends of the Earth, sia alcune organizzazioni nazionali fortemente radicate. Nel 2019, alla domanda su che importanza la protezione dell’ambiente rivestisse per loro personalmente, il 94% dei cittadini europei la considerava importante. E più della metà (53%) la considerava molto importante. La questione se l’ambientalismo sia in espansione o contrazione è peraltro dibattuta. Esiste tra gli studiosi una diffusa percezione che in molti Paesi occidentali l’associazionismo ambientalista abbia raggiunto il picco all’inizio degli anni ’90 del Novecento, e sia poi diminuito e abbia stagnato. Analisi empiriche hanno sottolineato un cambiamento forse più sottile: da un lato, v’è stato sì un declino dell’attivismo politico ambientalista, sia in democrazie avanzate, sia in democrazie in via di sviluppo. Da un altro lato, sono cresciuti tra il pubblico comportamenti e attitudini “quotidianamente” sensibili all’ambiente. Va detto che, dall’anno 2000 circa, si è sparsa tra scienziati e storici la percezione che la storia recente abbia una profonda discontinuità con le ere precedenti. La scienza ambientale ha dimostrato che l’umanità ha acquisito un ruolo diretto nell’influenzare (disequilibrare) sistemi ambientali globali, in particolare agendo sui cicli biochimici del carbonio, azoto e zolfo. Alcuni scienziati parlano addirittura di una nuova era geologica, chiamata – come ormai noto – antropocene. Secondo alcuni storici, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale la storia ha vissuto una “grande accelerazione”, causata dall’esplosione demografica, il nucleare, la crescita di emissioni di carbonio e rapidi ed estesi impatti sulla biosfera. Alcuni di questi cambiamenti stanno dando segno di un rallentamento, altri continuano. La società ha appena iniziato ad “adattarsi” a questa nuova realtà…. Indipendentemente dalle azioni nel breve termine, l’impatto umano sui sistemi ambientali si manifesterà per decine di millenni. In tale contesto, oltremodo inquietante, nell’agosto 2018 la giovanissima svedese Greta Thunberg ha organizzato tutti i giorni del mese un’attività di protesta sedendosi fuori del Riksdag (il Parlamento di Stoccolma), con un cartello che recitava “Skolstrejk för klimatet” (“sciopero scolastico per il clima”). La sua protesta fu presto recepita da molti altri giovani di tutto il mondo, dando vita al movimento Fridays for Future. All’inizio degli anni 2020, sondaggi di opinioni su scala internazionale e globale hanno indicato che la preoccupazione per l’impatto del cambiamento climatico globale si è ormai molto ampliata. Esiste anche una diffusa propensione a cambiare il modo di vivere per combattere gli effetti del riscaldamento globale, assieme nondimeno (sulla scia di Barry Commoner ed altri bio-ecologi) ad un’incertezza sull’efficacia degli sforzi correnti, che paiono a volte vanificati dalle politiche e dalle condotte sconcertanti dei Paesi maggiori…
*https://www.economiaefinanzaverde.it/2021/07/23/george-perkins-marsh-primo-ambientalista-moderno/
**https://www.pangea.news/john-muir-ritratto-natura/
Umberto Curti