21 mag 2024  | Pubblicato in Ligucibario

In cucina con le monache

ortensia, il mio fiore preferito

l’ortensia, il mio fiore preferito

Da tempo seguo sul canale 33 del digitale terrestre “La cucina delle monache”, un rilassante format in cui 4 monache benedettine eseguono ricette (ricette soprattutto, come si dice, di famiglia).
Madre Noemi e le consorelle Debora, Myriam ed Eleonora si cimentano a coppie, fra madie e fornelli, in questo monastero secentesco di Sant’Anna, fuori dal tempo come lo è l’incantevole borgo collinare di Bastia Umbra (PG) dove sorge. All’insegna dell’ora et labora, le 4 monache svolgono peraltro molteplici attività, fra cui curare l’orto, attività delle quali la cucina risulta talvolta, in qualche modo, l’approdo virtuoso. Sul vivacissimo sito del monastero, infatti, è possibile curiosare “dentro” la giornata benedettina, fra momenti religiosi, di ecumenismo, e produzioni alimentari (e non solo). Confesso che non di rado m’ispiro ad alcune delle loro ricette, quelle che più mi colpiscono e/o che sono più coerenti alle mie idee e preferenze culinarie. Mi piace prima d’ogni altra cosa l’allegria sorridente con cui le realizzano, la quale tuttavia mi conferma nel pensiero che cucinare-creare può anche essere un momento di pace, di silenzio, di dialogo con se stessi. Soprattutto in questo tempo che tutto accelera, e tutti – o quasi – frastorna. Mi piace il loro atteggiamento di donne pienamente contemporanee, che “militano” nel tempo attuale, un atteggiamento il quale tuttavia si sposa ad una coraggiosa scelta spirituale, in questo tempo che tutto ostenta e tutti – o quasi – mercifica. Il programma televisivo trasmette infatti l’atmosfera di un cenobio-microcosmo non chiuso né appartato, bensì luogo aperto e lieto, dove tuttavia si può certo anche meditare, e a fondo, su quel che ci trascende.

Mi tornano così alla mente, via via, San Colombano, le abbazie e gli scriptoria dove si trascrissero i classici perché non si perdessero, mi tornano in mente il Capitulare de villis ed i secoli in cui grazie ai monaci, sempre agronomi e speziali di valore, l’agricoltura e la farmacopea europee poterono perpetuarsi. Mi tornano alla mente le favolose birre trappiste e quei libri di Jacques Le Goff, di Régine Pernoud e di tanti altri, che punteggiarono la mia sempre più lontana giovinezza.

Quando il lavoro ce lo consentirà, Luisa Puppo ed io ameremmo trascorrere qualche giorno al monastero, e chissà che Noemi, Debora, Myriam ed Eleonora non ci consentano di “scambiare” qualche ricetta!… Un abbraccio nel frattempo a tutte voi, belle persone!
Umberto Curti
smart

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