21 mag 2024  | Pubblicato in Ligucibario

Acqui, anzi Aquae Statiellae

il cibo in liguria dalla preistoria all'età romana

il cibo in liguria dalla preistoria all’età romana

Acqui Terme vale un weekend di viaggio approfondito e non frettoloso
E’ una vita che adoro Acqui Terme, salotto piemontese dove talvolta da Genova salgo anche con la commovente ferrovia di fine Ottocento… Quasi sempre è sabato, e lascio a Luisa la scelta per l’apericena, vagando senza fretta dalla Bollente sino alla Pisterna, ma qualche volta anche a caccia di farinata, qui chiamata la “bela caöda”, o di una coppa spumosa di Brachetto DOCG. Mi bastano ingredienti semplici, notoriamente, per render felice la mia tavola.

Aquae Statiellae e la “bollente”

Quando nel 2012 scrissi “Il cibo in Liguria dalla preistoria all’età romana” (ed. De Ferrari, Genova) indagai a fondo la storia – soprattutto romana – di questo luogo, Aquae Statiellae, e visitai una prima volta il Museo archeologico, che ha sede nel castello dei Paleologi del Monferrato, circondato da un quieto parco.
Dopo la totale sconfitta dei Cartaginesi (148 a.C.) Roma si installò su queste terre agricole al fine anche di collegarle, tramite la via Aemilia Scauri, al mare/porto di Vado (Vada Sabatia). La cittadina, a rete viaria ortogonale, e che mai ebbe mura ma semplici palizzate “difese” da fossati, divenne via via famosissima come centro termale, grazie alla “bollente”, un dono degli dèi che sgorga 400 litri al minuto di un’acqua a 74,5°C. Un sedile marmoreo fin da subito la circondava. Acqui in tal senso “rivaleggiò” con Aix en Provence (Aquae Sextiae) più che Aix les Bains (Aquae Domitianae), e con Pozzuoli (Puteoli, fondata da profughi greci di Samo nel 528 a.C.), dato che le cure attraevano, oltre ai residenti, un “turismo” facoltoso che verosimilmente praticava il passaparola… Attorno alla “bollente” si elevarono architetture importanti (fra cui un teatro), per le quali si poteva far anche ricorso al pregiato marmo bianco di Luni (Luna). La maestosità monumentale riecheggiava edifici simili ad Aosta (Augusta Praetoria, fondata attorno al 25 a.C.), ad Arles (Arelate, che in gallico starebbe per luogo vicino a stagni)… Genti patrizie e liberti intraprendenti, per parte loro, si eressero domus arricchite da affreschi, da mosaici, a testimonianza che alcune attività – beneficiando anche del tempo di pace – rendevano assai bene. Sotto Augusto si comprese però che l’acqua sorgiva in città non bastava più, bisognava dunque ricorrere ad un acquedotto, che la captò dal torrente Erro e la avvicinò all’abitato grazie ad un tunnel sotterraneo di circa 11 km. Tale acquedotto supera l’ultimo tratto con ardite arcate – eleganti e riconoscibili col loro diametro di quasi 7 m e l’altezza di 20 – e supera il fiume Bormida, per giungere nei pressi dell’altura dove oggi sorge proprio il castello dei Paleologi. Da lì l’acqua “scendeva” preziosa per la distribuzione ad impianti termali, a case, a fontane che numerose punteggiavano le vie per dare sollievo ai cittadini.

Aquae Statiellae, consigli di lettura

Non mi stancherò mai di dire che, oggi più che mai, Acqui Terme vale un weekend di viaggio approfondito e non frettoloso. Ai cybernauti più curiosi di storia e storie, che da tanti anni non a caso seguono Ligucibario®, suggerisco infine * anche la lettura di “Archeologia dei sapori. Atti del convegno di Acqui Terme”, Palazzo Robellini 25 febbraio 2005; e “I Liguri e Roma. Un popolo tra archeologia e storia. Atti del convegno di Acqui Terme”, 31 maggio-1 giugno 2019, ed. Quasar, Roma.
* dato che io pratico sempre la contaminazione fra saperi…
Umberto Curti

umberto curti in sala lignea alla biblioteca civica berio di genova

 

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