24 feb 2016  | Pubblicato in Ligucibario

Un matraccio di nocino modenese 1

Tutto quello che avreste voluto sapere sul nocino… e non avete mai osato chiedere

nocino di modena

nocino’friends: massimo guidetti (a dx) con umberto curti

“Unguento unguento, portami al noce di Benevento, sopra l’acqua e sopra il vento, e sopra ogni altro maltempo” (formula rituale che molte donne accusate d’esser streghe pronunciavano durante i processi).

Luisa ed io ceniamo con Massimo Guidetti e la sua adorabile consorte Roberta alla “Locanda Sbrigàti” di Guiglia (il balcone dell’Emilia), buen retiro appenninico dove ci accolgono subito con una coppa di testa e un pesto di lardo, aglio e rosmarino che resusciterebbero un defunto.

Massimo è attivo da anni nell’Associazione “Il Matraccio” (e relativo albo assaggiatori), nata nel 2005 per la tutela e la promozione del nocino tipico di Modena (www.ilmatraccio.it). Il matraccio medesimo non è altro che un contenitore di vetro, una boccetta, una fiala resistente alla fiamma, utilizzato da molti secoli in distillerie e laboratori chimico-farmaceutici, e in questo caso è quell’ampolla dove i nocinisti conservano le loro magie, dato che ciascun nocinista ha la propria ricetta “segreta”…

Durante la cena Massimo mi usa la cortesia di regalarmi un gradevole volumetto/ricettario di Manuela Fiorini “Ti do una noce! Storia, leggende e ricette del frutto più magico”, pubblicato presso Damster, ovviamente editore in quel di Mòdna.

I giorni successivi, da ligure, ripenso alla noce in Liguria, dove si produce pochissimo nocino (lo incontri talvolta in val Bormida verso il Piemonte…) ma dove questo dono della natura è celebre soprattutto nella salsa di noci, la sarsa de nöxe, una preparazione nata al mortaio che sposa deliziosamente i pansoti, i nostri gonfi tortelli di magro del levante, e in qualche tradizione di pasticceria, ad es. la cubaita (1), o – per chi un tempo se lo concedesse – come “arricchimento” dei castagnacci rurali.

Noci s’incontrano poi in un pane di Carro (SP), che ha i gherigli nell’impasto, in un sugo rosso di Balestrino (SV), che sovente accompagna tagliatelle, e in qualche piatto della cucina cosiddetta bianca o malgara, ponentina, condimento per paste caserecce…

Infine, pare che il poeta “Nobél” Eugenio Montale non rinunciasse a condire i bolliti misti con olio di noci e qualche spolverata di sale grosso, segno che quella tradizione e quel prodotto esistevano ed erano in voga presso i buongustai genovesi abbienti (parimenti mi vien da supporre che ben figurasse anche con lo stoccafisso bollito).

Mi piacerebbe con Massimo e con l’Associazione “Il Matraccio” consolidare, in nome della noce, qualche ponte “di noci” fra la loro terra e la mia, fra i loro riti (in questo caso più numerosi e intensi) ed i miei di ligure. Fraterno lettore, se acquisterai il libro di Manuela Fiorini non perdere, alle pagine 100-104, tutti i consigli che proprio “Il Matraccio” elargisce – ma senza albagia alcuna – per la selezione delle noci e per la produzione e l’affinamento del miglior nocino (se vuoi ossequiare le usanze antiche, raccogli i malli il 24 giugno!). Un’ultima nota: io abbino positivamente il nocino anche ad alcuni cioccolati, talora intensi e tannici, ma mai e mai ad una massa di cacao 100% come purtroppo ho visto fare di recente, dato che un’astringenza così brutale non consente poi in bocca d’apprezzare alcun partner…

A presto, caro Massimo, e viva il nocino tipico di Modena.

Umberto Curti

(1) dette “copate” a Siena, sono in Liguria una tipicità antica e croccante dell’estremo Ponente, soprattutto Triora (turùn), Isolabona, Pornassio, ecc.. La parola è dall’arabo qubbat=mandorlato. Si presentano a mo’ di sottili cialde (poca farina, acqua, albume) con farcia soda di nocciole trite, noci, miele (acacia o millefiori) sciolto a fuoco tenue, zest di limone o arancia grattugiato…, e propongono una certa qual parentela anche con dolci dell’Africa nord-orientale, ad es. della Tunisia. Ogni chilo di frutta secca prevede 8 etti di miele. Come i croxetti, possono esser incise tramite pinze a dischetto, ottenendo disegni e stemmi. Delicate, gradiscono ad es. un DOC Golfo del Tigullio passito

 

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