STORYTELLING PER LA “ETNOGASTRONOMIA”
Storytelling per la etnogastronomia è il titolo dell’intervento che ho tenuto di recente durante il panel sulle Rolli Experience promosso dal Comune di Genova nell’ambito del recente WTE, svoltosi appunto in Genova.
Poco tempo fa ho intervistato (per il blog BioVoci di cui sono cofondatrice) Salvatore Settis, nome che non richiede specificazioni, e si è trattato di una conversazione ricchissima di spunti. Uno dei suoi “capisaldi” è difatti l’assioma secondo cui l’unicità del patrimonio culturale italiano si radica nella capillarità sul territorio e nella continuità/contiguità tra museo e beni diffusi attorno: chiese, palazzi, monumenti, centri storici di borghi, antiche vie…, ed a pieno titolo sotto quest’ombrello io ritengo vadano inserite la cultura e la storia alimentare, ed ho iniziato il mio speech.
Cosa è l’etnogastronomia?
La storia alimentare, a maggior ragione in una città quale Genova, è un vettore di eccellenza per divulgare (food is the best storyteller of places) il genius loci.
La cosiddetta etnogastronomia, di cui Ligucibario® è da tanti anni alfiere, nasce (prima ancora degli eccellenti lavori di Giovanni Rebora) dal focus di alcuni storici sulla microstoria, penso anche alle “Annales” di Bloch e Febvre, che prendono a indagare le economie delle comunità (Mediterraneo, pesca, fasce terrazzate da muretti, cucine di bordo porto orto…).
Liguria, biodiversità culturale e biodiversità orografica
Questa nostra è terra di rotte, porti, scambi, sciamadde, valichi, vie del sale…, un caleidoscopio di eccellenze e tradizioni: e lasciatemelo dire, la cucina ligure non è mai stata, né sarà mai, soltanto pesto… Viva il pesto, ma la cucina ligure è anche tanto altro…
Qui sulle nostre coste ed i nostri rilievi la biodiversità anche culturale origina per così dire dalla biodiversità orografica. Nel giro di pochi chilometri, la Liguria verticale dei muretti a secco (patrimonio Unesco) propone altitudini, essenze e agricolture diversissime, addirittura una cucina malgara che conduce agli alpeggi dei pastori…
Rolli Experience: il sapore della storia
Per il tramite dell’etnogastronomia, in tal senso, le Rolli Experience possono rappresentare il sapore della storia, dare polisensorialità alle diacronie. Questa iniziativa in cui collaboro con il Comune di Genova rappresenta una perfetta simbiosi tra dimora storica e food, e si pensi anche al lavoro condotto a suo tempo da Farida Simonetti circa Palazzo Spinola e le sue cucine… Questa iniziativa, in qualche modo, sottolinea il tema dell’accoglienza dell’ospite, così centrale nei Rolli, che altro non erano che registri in cui figuravano “case” di diverso charme dove ospitare i notabili in visita a Genova.
Storytelling per l’etnogastronomia: web, social, traduzioni (e molto altro)
Non a caso Umberto Curti, in quest’annata che Genova dedica al Medioevo, ha girato per le strutture civiche della cultura 10 video (Assaggi di Medioevo), tutti centrati sul food (personaggi, date, alimenti, aneddoti, libri…). E’ da sempre sua convinzione, ed anche mia, che lo storytelling dell’etnogastronomia debba diventare patrimonio diffuso anche presso gli operatori, poiché una sagace narrazione è già esperienzialità. E tale storytelling deve presenziare anche il web e i social, con traduzioni di qualità ove ci si interfacci al target d’oltre confine (dato interculturale).
Storytelling per l’etnogastronomia, valorizzare le tradizioni-custodi
Quanto poi ai contenuti specificamente gastronomici, occorre puntare su certificazioni importanti, e malgrado il recente puntuto saggio di Alberto Grandi (1) ciò significa DOP DOP DOP (e IGP…), l’unico marchio – nel ginepraio di sigle che talora frastorna i buongustai – il quale abbia un’autorevolezza di livello “europeo” ben diffusa e percepita…
Parola chiave (anche) per la narrazione dell’etnogastronomia sarà infine contaminazione tra saperi, una disciplina purtroppo non molto praticata da tanti addetti ai lavori: uscire dall’hortus conclusus per orientarsi alla multidisciplinarità, per confrontarsi con saperi altri…
E, in definitiva, così salvaguardare e valorizzare ciò che vale, le tradizioni-custodi rispetto a tanti trend effimeri.
(1) “Denominazione d’origine inventata”