Basilico e pesto, the perfect match. 6 cose da sapere.
Cosa è il pesto?
Il pesto è una salsa, ovvero una preparazione a crudo. Figlio delle brutali aggiadde, usava il sale come conservante, e il formaggio sardo giungeva dall’import. Oggi, parmigiano-reggiano DOP, morbidi pinoli ed extravergine DOP Riviera Ligure (nel pesto io privilegio il sottozona levante) rifiniscono quel capolavoro che perfino i futuristi, iconoclasti quasi su tutto, definirono “salsa smeraldo”.
In passato, prima dell’avvento delle serre “praine”, le stagioni dei campi e dei davanzali non consentivano di gustarne tutto l’anno, tanto che si preparavano pesti d’inverno con quel che c’era (spinaci, fagiolini, burro…), a conferma del fatto che le ricette d’un tempo non erano mai – non potevano esserlo – uniche ed assolute. Ma, oggi come ieri, esso si basa sulla qualità della materia prima, e sul profumo che regala anzitutto – ma non solo – ad alcuni formati di pasta di cui la Liguria è “depositaria” (le trofiette del golfo Paradiso, le sottili lasagne chiamate mandilli, le picagge, le trenette, i testaroli via via a levante…).
Chiunque segua Ligucibario® sa quanto il pesto zeneize mi stia a cuore e quante volte io lo usi anche nei corsi come caso-studio per lo storytelling. Alle salse da mortaio della tradizione genovese ho dedicato anche dei video, come quello recentemente realizzato dal Comune di Genova
Quali sono le caratteristiche del cosiddetto basilico genovese DOP?
In tal senso, il cosiddetto “basilico genovese DOP” propone in effetti una peculiarità rispetto a piante d’altre regioni italiane o d’altre mediterraneità, poiché la composizione del suo olio essenziale è positiva conseguenza sia delle condizioni pedoclimatiche (prossimità del mare…) e sia delle prassi agricole – per così dire il know how del terroir – ivi consolidatesi nel tempo.
Peraltro, la delicatezza della pianta la espone a non pochi patogeni, donde l’esigenza sia di pervenire a varietà sempre più in grado di fronteggiarli e sia di coltivare il basilico in modo sempre più rispettoso per l’ambiente.
Di cosa è composto il basilico?
In genere, il basilico è composto mediamente da circa il 92,1% di acqua, il 3,15% di proteine e il 2,65% di carboidrati, di cui lo 0,3% sono zuccheri solubili, l’1,6% sono fibre, lo 0,75% sono altri carboidrati, lo 0,64% sono lipidi totali, e l’1,49% sono cenere.
Qual è il vantaggio competitivo del basilico coltivato in Liguria?
Il basilico coltivato in Liguria denuncia regolarmente (a differenza di piante coltivate altrove) una notevole presenza di un composto specifico, un terpenoide, il trans-α-bergamotene. In ciò – e si sa non da oggi – risiede il suo vantaggio competitivo rispetto a basilico più mentolato e meno piacevole, e rispetto a qualità che vengono meglio impiegate in cosmesi/profumeria…
In natura i bergamoteni si individuano in numerose piante, l’α-bergamotene è anche negli oli di carota, bergamotto, lime, cedro, semi di cotone, kumquat… Inoltre i bergamoteni sono, per alcuni insetti, feromoni. Si tratta di sostanze chimiche (“messaggere”) liberate da alcuni organismi nell’ambiente circostante onde favorire una specifica reazione comportamentale nei membri della stessa specie.
Cosa succede quando strofiniamo tra le dita una fogliolina di basilico?
Quando strofiniamo fra le dita una fogliolina di basilico, oppure quando la pestiamo nel mortaio, si spande nell’aria, come noto, un aroma quanto mai seduttivo, che si riverbera in senso organolettico: ciò origina dalla lacerazione sulla lamina fogliare – specialmente la parte inferiore – di molti microscopici insiemi ghiandolari, con cellule secretrici (classicamente in totale di 4), e dalla conseguente fuoriuscita dell’olio essenziale. La “peluria” sulle foglioline è di 2 tipologie, e quella più dimensionata (oltre 60 micron) è visibile anche con una normale lente. Proprio essa, con le sue microsacche tondeggianti, trasparenti, è gonfia di pregiato olio essenziale. Dunque è sufficiente un minimo “urto” per rompere le calottine colme… Fra l’altro, tutti ormai apprezziamo gli effetti benefici degli oli essenziali su corpo e mente, tanto che si è giunti a coniare, per le loro straordinarie proprietà, la felice espressione terpenoterapia (1).
In conclusione, ecco perché poi dovremmo una buona volta “rinunciare” ai mixer-robot-frullatori, i quali col calore del movimento elettrico, ossidano (come ben spiegò il chimico Dario Bressanini sul suo frequentatissimo blog) i polifenoli del basilico, annerendoli con la “stessa” melanina che d’estate scurisce la nostra pelle.
Qual è il nemico numero uno di un buon pesto?
“Il nemico numero uno di un buon pesto è un enzima chiamato polifenolossidasi. È lui il responsabile dell’annerimento precoce del basilico. Questa molecola usa l’ossigeno presente nell’aria e disciolto nell’acqua (ecco perché si deve asciugare bene) per ossidare dei composti chiamati polifenoli e trasformarli in sostanze nerastre. Questo enzima viene attivato dalle alte temperature. Ecco che abbiamo individuato i nemici: ossigeno e alte temperature. Quindi è necessario tenere il più possibile il basilico, mentre si prepara il pesto, lontano dall’ossigeno e a basse temperature”.
E chi è proprio refrattario al mortaio, pertanto abbia almeno l’accortezza, prima di frullare gli ingredienti di un pesto, di riporre un’oretta in freezer le lame e il bicchiere del frullatore…
(1) di recente, un pool dell’Università di Napoli “Federico II” ha indagato le proprietà dell’estratto delle foglie di basilico. L’estrazione è stata condotta su 2 varietà: “italiano classico” e “genovese”, misurando attività antiossidante,contenuto di acido fenolico e composti organici volatili. Da ambo gli estratti si è rilevata un’attività antiradicalica assai maggiore rispetto al basilico pre-trattamento, oltre ad una maggior presenza di acido caffeico, linalolo e bergamotene. In ambo le varietà, gli estratti supercritici hanno mostrato anche maggior attività antiossidante. E, in particolare, il contenuto di polifenoli e l’attività antiradicalica risultava maggiore nel “genovese” (viceversa era maggiore il contenuto di linalolo (35,08%) nell’ “italiano classico”)… In conclusione, gli estratti così ottenuti hanno denotato ricchezza di composti bioattivi, potenzialmente impiegabili in cosmesi e farmaceutica oltre che nelle produzioni gastronomiche.