1 set 2014  | Pubblicato in Liguvinario · Liguvinario racconta

L’Enofilo Principiante 3. Aromi del vino e memoria olfattiva, la lezione del pompelmo.

pompelmo rosa fette

Se frequenterete un corso di degustazione di vino, molto probabilmente verrà il momento in cui un ceffo vi avvicinerà porgendovi una boccetta di liquido incolore, con l’invito ad annusarla….fate attenzione, all’inizio è gratis, ma poi potrebbe diventare un’abitudine costosa!
Il momento dell’olfazione della boccetta è intrigante e rivelatorio. Dopo tanta teoria, un po’ confusi dai bouquet, dalle armonie, dalle decine di descrittori aromatici che avete già sentito nominare -e riconosciuto, se siete bravi- nei primi assaggi di vino guidati, avrete finalmente l’occasione di avvicinare al naso un aroma “standard”, progettato per essere percepito da un “campione medio” di apparati olfattivi.

In pratica, il contenuto delle boccetta è un esempio “pulito” e circoscrivibile di quello specifico aroma, potenzialmente riscontrabile nel vino (albicocca, prugna, cannella, piuttosto che salvia, cacao, essenze legnose varie….potremmo andare avanti all’infinito fino ai famosi sudore di cavallo e urina di gatto, di solito espressione di difetti) a cui fare riferimento sul campo, durante l’esame olfattivo, quando sarà più arduo riconoscerlo, sopratutto se armonizzato con tanti altri. Ma non è facile…

Ho visto un trentina di persone passarsi la boccetta, annusare e rimanere lì a guardarsi con espressione stranita, mille stimoli nel naso e nella mente. Accade che l’aroma percepito ti ricorda qualcosa di abbastanza preciso, qualcosa che hai la certezza di aver annusato distrattamente tante volte, ma ciò che manca è una immagine mentale. Il cervello ce la mette tutta e prova a offrirti degli indizi, ma l’unica idea che ti passa per la testa è relativa a qualcosa di zuccheroso, caramelloso e inafferrabile. E’ una specie di intuizione, che pare banale, ma rimane comunque ferma lì, sulla punta della lingua. Ti butti sulle ipotesi più svariate, che tacerò, per non umiliare in pubblico il mio scarso olfatto.
Alla fine, il più sveglio azzarda e accenna un «Pompelmo rosa…?» e alla conferma da parte del docente l’effetto liberatorio collettivo è equivalente a quello del fantozziano “La corazzata Potëmkin è….”

Perchè ora sì, è  palese che l’aroma (il profumo) annusato sia collegato all’immagine del frutto e più ci concentriamo su quest’ultima, più la mente torna al primo. Alla fine era facile, dai.
Va bene, ma perchè solo ora questo legame è chiaro?
Perchè il riconoscimento degli odori attraverso il naso (la via nasale diretta o ortonasale) avviene in due fasi:

  1. le molecole della sostanza vengono a contatto con i recettori presenti nella mucosa e vengono percepite, sempre che la loro concentrazione superi la soglia di percezione olfattiva (la concentrazione minima necessaria affinché l’assaggiatore “medio” possa cogliere la presenza della sostanza).
  2. gli stimoli derivanti dalla percezione vengono elaborati dal cervello, messi a confronti con quelli già presenti nella memoria olfattiva e, se nuovi, registrati.

La memoria olfattiva è però duttile e molto “creativa” e non si limita a registrare il singolo stimolo odorifero. Crea, invece, un ricordo a lungo termine costituito da una fusione di stimoli diversi (visivi, uditivi, emozionali) ai quali era legato quello specifico odore nel momento in cui lo abbiamo percepito. Per questo motivo, se l’aroma emanato da una boccetta anonima non ci dà spunti immediati, al contrario, alla vista di un pompelmo reale, siamo avvantaggiati dalla memoria olfattiva che ci suggerisce in anticipo quali odori aspettarci sulla base dello stimolo visivo associato all’immagine del frutto.
In pratica, non “ricordiamo” mai un odore direttamente, ma lo evochiamo passando per una serie di stimoli e di situazioni affettive forti, concomitanti con la percezione di esso, che in passato il cervello ha ritenuto abbastanza importanti da essere memorizzate a lungo termine. Il profumo che piace molto alla mia fidanzata, e a me, sono io che mi avvicino al suo collo nelle prime serate in cui uscivano insieme).

Al Proust de Alla ricerca del tempo perduto (non l’ho mai letto, ma a questo punto la citazione “per sentito dire” del famoso episodio era assolutamente necessaria) un meccanismo simile, ma in ambito gustativo, riapriva le porte della dimensione affettiva dell’infanzia, a partire dal sapore di una madeleine.
Al sottoscritto, l’episodio della boccetta ha fornito importanti suggerimenti alimentari: mangio troppo poco pompelmo rosa, oppure l’ho sempre fatto in contesti emozionali poco pregnanti. Del resto, il primo spunto richiamato dall’aroma non è stata il frutto, ma quella sfocata delle varie bevande e caramelle all’aroma di. Ecco perchè il ricordo di qualcosa di zuccheroso!

Ruota degli Aromi

La Ruota degli Aromi [by Aromaster CC-BY-SA-3.0]

Nei prossimi capitoli vorrei continuare a raccontare qualcosa circa l’esame olfattivo, che precede quello gustativo, cui abbiamo accennato precedentemente. Si tratta, forse, di uno degli aspetti della degustazione del vino dotato di maggior carica fascinatoria, nel bene e nel male, e tanti sono gli aneddoti ad esso legati, visti con gli occhi dell’Enofilo Principiante.

Nel frattempo se googlate “wine flavour wheel” o “wine aroma wheel” troverete, in svariate versioni, una rappresentazione grafica della classificazione convenzionale degli aromi del vino, che può essere un aiuto nell’identificazione di ciò che percepiamo al naso. Ogni spicchio della ruota rappresenta una macrocategoria (frutti, fiori, vegetale, minerale etc.) ed è a sua volta diviso in settori concentrici, eventualmente divisi in ulteriori spicchi, che contengono aromi sempre più specifici mano a mano che ci si allontana dal centro del cerchio.

Diego Portaluppi

Foto by Nico Cavallotto / CC BY-NC-ND

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