La salute e la Pasqua.
Il 7 aprile si celebra la Giornata mondiale della salute. Ricorrenza tematica che evidentemente sempre più si “intreccia” alle condizioni (non rassicuranti) del pianeta, alle disparità fra nord e sud del mondo, agli stili di vita di tante persone (sempre più stressate), ai modelli alimentari…
Fra pochi giorni sarà anche Pasqua, e – Ligucibario® se ne è sempre occupato – riandavo con la mente ai profumi e sapori che i Genovesi – prima dell’uovo di cioccolato e delle colombe, nate altrove – si concedevano in quel dì di festa, in parte rivaleggiando col Natale, e peraltro (semel in anno licet insanire) non badando troppo alla dieta…
Intendo le lattughe ripiene in brodo, la ritualissima cima – a çimma – riempita di frattaglie, la torta Pasqualina essenzialmente di biete (che troverà un arguto cantore in Giovanni Ansaldo), l’agnelletto con patate, i cavagnetti* di pasta dolce (via via lievitata) che imprigionavano l’uovo sodo, simbolico, anche colorato… Sulle tavole non mancavano contorni, né frutta di stagione, e le famiglie riempivano i calici secondo agiatezza, con vini bianchi e rossi.
Gran parte di queste ricette “classiche” figurano ovviamente nel mio ultimo lavoro, Abbecedario della cucina ligure, uscito a fine novembre dell’anno scorso (lo trovate nelle librerie e online ad es. a questo link) e che il prossimo 19 maggio sarà presentato in una Biblioteca cittadina.
Gli anni che volano via (la storia si compone di storie) determinano mutamenti – diacronie – anche nel cucinare, e la Giornata mondiale della salute deve ora quindi indurci a privilegiare sempre di più gli aspetti mediterranei del nostro menu quotidiano, che nella “piramide” può collocare cereali, olio extravergine, pesci, verdure… Una biodiversità d’eccellenza.
Penso a Riva Trigoso e ad un piatto come il bagnön d’anciöe (grato al pomodoro post-colombiano in cui via via stufare i pesciolini), chi sa trovare agevolmente un altro esempio tanto mirabile di equilibrio gastronomico?
Non intendo certo affermare che qualcuno abbia il diritto di imporre ad altri Pasque “vegane”, dopotutto anche gli antichi (il Medioevo) proverbiavano che semel in anno licet insanire, ma anche il pranzo di quel giorno – a maggior ragione se condiviso con le persone care – potrà consentire una riflessione circa i cibi di qualità, le cultivar autoctone, le filiere locali, il buonessere, neologismo che – chi mi legge lo sa – mi è particolarmente caro.
Buona Pasqua sin d’ora a voi tutti, amici.
Umberto Curti
* la parola significa cestini
7 apr 2022 | Pubblicato in Ligucibario
La salute e la Pasqua
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