Decidere il tema del pezzo, questa volta, è stato un vero dilemma. Avrei voluto assolutamente farvi “assaggiare” un paio di rossi che mi sono piaciuti parecchio e nel contempo proporvi in abbinamento due favolosi prodotti di stagione, prima che il freddo di novembre ce li porti via. E così sarà, anche se l’impresa non risulta certo facile… Portate pazienza e perdonatemi l’abbinamento forse audace, ma alcuni dicono che la sottoscritta abbia un tantino la testa dura.
Il primo vino, dunque, è un Pinot Nero IGT, vinificato in purezza nell’Oltrepò Pavese, annata 2015 (affinamento di 1 anno in barrique di rovere e almeno 1 in bottiglia), da servire nel calice grande. Di colore rosso rubino, con riflessi granato, al naso profuma di viola, di frutti rossi, di cacao e caffè. In bocca è pieno, avvolgente, elegante con tannini morbidi. Sorseggiatelo inizialmente a circa 14/15°, per sentirlo poi, scaldandolo tra le mani, evolvere al naso e in bocca nel suo splendore di profumi e aromi, piacevolmente minerale e speziato.
E’ un vino che può tranquillamente invecchiare ancora qualche anno…se vi riesce di abbandonarlo in cantina! Sposiamolo quindi, su Ligucibario, con una ricetta tipica ligure: teglia di funghi porcini (i boschi della Liguria ne sono pieni da un paio di mesi) con patate – fantastico connubio di terra- con un trito di aglio e prezzemolo, questa ricetta è perfetta anche come portata unica. Ma Umberto Curti concorderà con me, possono andar bene anche altre qualità di funghi e non solo i porcini!
Ora, accomodàti sulla vostra poltrona preferita, magari vicino al caminetto che meditate di accendere, ci gustiamo voi e me un Isola dei Nuraghi rosso IGT (carignano 85%, merlot e cabernet sauvignon 15%) dell’anno 2014, in barrique 18 mesi, servito a 16/18°. “Respirate” il vino, cullatelo nel calice, godetevi il colore rosso rubino intenso, impenetrabile, e odoratelo ancora, vi regalerà altri e nuovi profumi. In bocca (come al naso) un insieme di frutta matura, frutti di bosco e spezie; pieno, armonico e avvolgente col suo tannino vellutato ed elegante, lascia un “gran” finale di liquerizia.
Abbinato a un “tocchetto” di formaggio di malga di Triora ben ben stagionato sarà già tanta gioia… Poi, per chi si volesse dilettare nella cottura delle castagne sul fuoco (questa era in realtà la mia reale intenzione), qualche caldarrosta fumante andrà benone (1); ma assaggiatela anche col Pinot nero di prima, se ve ne è rimasto…
E per gli appassionati del dolce (tranquilli che non vi dimentico), come non “cedere” infine ad una fetta di castagnaccio (a pattunn-a), che anche in Liguria si usava preparare nei giorni di festa (farina di castagne, acqua, zucchero, olio evo, un pizzico di sale, pinoli, uvetta passa, rosmarino, scorzette candite…). Avrete sicuramente in casa un passito, un Vin Santo o addirittura un Porto non troppo invecchiato… Ma questa è già un’altra storia…ora alla vostra Daniela Guandalini non rimane che darvi un caloroso arrivederci alla prossima degustazione!
(1) la castagna (IGP in Piemonte, Toscana e Campania) ha rappresentato una preziosa risorsa per generazioni di contadini e famiglie povere, tanto che il castagno è stato soprannominato “l’albero del pane” (presente in gran parte dell’Italia da nord a sud, in Liguria ricopre circa il 30% della superficie boschiva). La sua farina in talune ricette veniva, e viene ancora, aggiunta o perfino sostituita alla normale farina per preparare pani o paste. Le castagne secche, viceversa, erano cucinate nel latte, con il riso, o nelle zuppe…