La canditura – di cui Ligucibario® si è occupato spesso – è un’antica prassi alimentare di conservazione e “valorizzazione”, che s’applica non solo alle frutta, ma ad un ampio universo di delizie. La dobbiamo al mondo arabo, alla sua sapienza – per così dire – agro-gastronomica.
Come noto, le “ripe” del porto di Genova via via misero in contatto mercantile la città con tutti i prodotti che oggi definiremmo top di gamma, Ianuensis ergo mercator, recita non a caso un detto. E dalla fine del ‘700 la “Superba” divenne un polo (preindustriale) anche della canditura, esportando interessanti quantitativi e quindi internazionalizzando una sorta di brand.
La frutta candita (cioè candida, la canditura la schiarisce) è – come detto – dono del mondo arabo (qandat=area semantica dello zucchero…), che in Sicilia col succo degli agrumi e la neve dell’Etna dava vita anche a dolcissimi sorbetti (dall’arabo-turco sherbeth/sherber?). A Genova, dove i confiseurs con l’arrivo del cacao dal Nuovo Mondo divennero poi anche maîtres chocolatiers (1), essa è, come noto, una tradizione irrinunciabile.
Nel secolo successivo, il progresso dei metodi di conservazione consentì un incremento della produzione (una lenta bollitura di frutta ecc. in soluzioni zuccherine via via più sature), con realtà in positiva concorrenza fra loro, produzione che tuttavia rimaneva “artigianale” in termini di qualità. Giobatta Ratto stesso, nella sua “Cuciniera” apparsa nel 1863, menziona i marroni ricoperti di zabaglione realizzato con Madera, doveva trattarsi di leccornia non da poco…
Gli investimenti, con capitali anche “da fuori”, confermarono un prodotto vario e apprezzato, “innovativo” e al passo coi tempi, classico genere di lusso in occasione di eventi e banchetti, ma purtroppo i primi del ‘900, con la guerra ed altre sventure (fra cui alcune gelate che compromisero i chinotti (2) savonesi “introdotti” dalla francese Silvestre & Allemand), ridimensionarono un àmbito dalle grandi potenzialità commerciali. Da allora ad oggi sopravvivono piccoli laboratori e limitate distribuzioni, in primis quel “Romanengo 1780” che, nel cuore dei carruggi, è ormai tappa a pieno titolo di un turismo culturale oltre che gourmet.
Fra i tanti messaggi inutili (o stolti, o truffaldini) che si ricevono sulle mail, ho viceversa nei giorni scorsi ricevuto, dal Professor Andrea Zanini dell’Università di Genova (Scienze del turismo presso il Dipartimento di Economia), il contributo suo e della collega Maria Stella Rollandi “La lunga traiettoria di una produzione di nicchia. La frutta candita in Liguria tra Otto e Novecento”, apparso in “Storia Economica”, XXV, 2022, n.2, da pagina 611. Lavoro ricchissimo anche di note, il quale dimostra ancora una volta – ove tuttora ce ne fosse bisogno, dalle “Annales” in poi… – che la “minuta” storia, in questo caso alimentare, di un luogo è volàno privilegiato per comprendere le mille sfaccettature della comunità che lo abita, delle imprese che lo vivificano, delle socioeconomie che lo caratterizzano.
Buona lettura!
(1) del tema mi sono occupato sia nel mio saggio “A scuola di cacao. Conosci e degusta il cioccolato” (ed. Erga, 2016), sia nell’articolo a questo link, nel quale doverosamente menzionavo gli studi della Professoressa Elisabetta Tonizzi
(2) particolarissimi agrumi d’origine orientale.