Genova nei suoi mercati
I mercati coperti a struttura fissa sono – non da oggi – una costante in numerose città italiane, tanto più che il fascismo, durante il Novecento, come noto ne tutelò o ne incentivò la presenza.
Genova è ormai città heritage, come si suol dire in termini di attrattività turistica, possiede beni molteplici e diversi, e beninteso li “dissemina” anche in quelle delegazioni che fino all’accorpamento del 1926 erano Comuni autonomi (e che talora si vivono ancora come tali?).
Per molte ragioni fanno parte di tale patrimonio “policentrico” anche i mercati coperti, oggi ne sopravvive una quindicina (e va tenuto presente che i più centrali sono di antica edificazione), talora in autogestione (1). Circa il loro destino da alcuni anni ci si interroga, e ci si preoccupa.
Va infatti sottolineato che le zone residenziali, perdendo mercati e botteghe di prossimità (che talora perpetuano mestieri storici), involverebbero sempre di più a dormitori spenti, donde si parte la mattina per recarsi al lavoro e dove si torna la sera… Le micro/piccole imprese del commercio, con tutti i loro limiti, cooperano alla coesione sociale, all’occupazione, alla “tenuta” delle locazioni immobiliari. Sapranno però, tali imprese, fronteggiare i threats di un’età frastagliata, liquida, deregolamentata, digitale, in cui l’e-commerce dei grandi oligopoli conferma ogni giorno di più la propria irruenza globalizzante?
Alcuni ovviamente hanno affiancato ai banchi tradizionali attività ristorative ecc., per “diversificare” e riconvertire parte del proprio ruolo e della propria immagine. Bologna (Mercato di mezzo), Modena (via Albinelli), Firenze (Loggia di mercato nuovo), Palermo (Ballarò), Budapest (Nagycsarnok), Barcellona (la Boqueria), Madrid (San Miguel), Lisbona (Mercato da Ribeira), Londra (Covent Garden), Stoccolma (Ostermalms) e altri casi battistrada di cui tutti parlano, infatti, sono ormai a pieno titolo location estetico-turistiche, dove ci si siede – per un’esperienza di tipicità – prima o dopo il passeggio, lo shopping, le visite a musei ed altro. Gli street food della tradizione sono sovente tra le proposte più gradite a stranieri e gourmet.
I mercati più centrali non competono in via diretta con le megasuperfici della GDO (non a caso padrone delle periferie), perché propongono un’offerta tendenzialmente più qualitativa, da connoisseurs, legittimamente più “costosa”, e già fra i banchi l’atmosfera è più “calda” e personalizzata. La clientela non di rado instaura giorno dopo giorno una relazione schietta e di cordialità coi propri “pusher” di fiducia, e anche questo costituisce un piacevole pretesto per andare, qualora non vi si risieda, in centro città. Anche gli uffici circostanti si possono appoggiare a mercati centrali per le pause pranzo e per la spesa pre-cena…
Si legge sul “Balilla” del 14 gennaio 1889 (traduco): “A quanto pare, il giorno 8 del prossimo gennaio 1900 avrà luogo nel Municipio l’incanto, per l’appalto dei pubblici mercati. Appoggiandosi alle giuste osservazioni del “Secolo XIX” e del “Corriere Mercantile”, anche noi facciamo osservare che troppo presto il nostro sindaco ha preso tale decisione, perché almeno avesse atteso lo sgombero definitivo dell’ex via Giulia, e l’apertura della nuova strada via XX settembre. Però da tempo addietro, e come ora s’è replicato, da parte dell’impresa si è avuta l’assicurazione che per la fine di questo mese i lavori dell’ultimo tratto di via XX settembre saranno progrediti così in avanti da permetter non solo libero passaggio ai pedoni, ma anche l’impianto e l’esercizio di tram elettrici. Se così fosse, allora la deliberazione presa dal nostro sindaco per l’8 gennaio del 1900 alle ore 14 la troviamo giustificata, e si terrà il primo incanto per l’appalto dell’esercizio biennale dei pubblici mercati, per la somma di 90mila lire. Il sindaco su tale questione si gioca parte della propria reputazione”…
Tra i mercati genovesi coperti (2), la palma del più importante spetta naturalmente al frequentatissimo Mercato Orientale, costruito nel 1899 in cemento armato quasi a metà di via XX Settembre (l’arteria dello struscio), ma inaugurato con una sfavillante mostra floreale – era il 7 maggio alle 10.00 – dentro un chiostro preesistente, e recentemente oggetto di una riqualificazione. Di tale mercato Ligucibario si è già, per ovvie ragioni, occupato, ambientandovi anche proposte turistiche (pesto, olio DOP…). Conta circa 80 banchi (malgrado tutto un numero rilevante) di merci varie, alcune come si suol dire a km0, ma in origine nacque come ingrosso ortofrutta (la vendita al dettaglio risale alla costruzione dell’ingrosso di corso Sardegna, dal 2009 non più attivo e in attesa di…destini chiari). Circa le diacronie di questa struttura, il Comune stesso dispone di un ottimo archivio fotografico.
Tempo addietro i diversi banchi – giunsero ad esser 200, e acquistarne uno poteva costare 600 milioni di lire… – proponevano maggior specializzazione, il che è rimasto nei ricordi dei genovesi, uno vendeva pesce o pollame di un certo tipo, uno salumi, un altro ogni sorta di un dato frutto, o di un dato ortaggio (Natale significava galantina, primavera preboggion…). Progressivamente si è assistito, per ovvie ragioni commerciali, ad accorpamenti…
Nulla ha di “orientale” (nel senso di esotico), il nome semplicemente si deve all’ubicazione, orientale rispetto al centro topografico cittadino. L’area a metà Ottocento si era dotata di un nuovo quartiere fra via San Vincenzo e la chiesa della Consolazione, prodromo di una complessa espansione verso est, e via XX Settembre col suo ponte Monumentale fu creata a fine secolo, rivoluzionando via Giulia e via della Pace (via della Consolazione). Cinquant’anni fa venne costruita quella copertura che celava le riuscite architetture ad arco, oggi rimpiazzata da vetro, che ovviamente conferisce maggior luminosità all’insieme, un po’ chiuso e buio. Il piano superiore, chiuso e poi riaperto, è infatti divenuto una food court. A questo link un mio dialogo con Fabrizio Rela, di uno dei banchi più attrattivi.
Centrali e suggestivi sono anche i mercati, pur di ridotta dimensione, di piazza Sarzano e di piazza Statuto. L’inconfondibile impronta liberty comune a entrambi dissimula il fatto che quello di piazza Sarzano, a due passi dal complesso di Sant’Agostino (sede museale), risalga al 2013 (in loco esisteva già un mercato all’aperto). Quello di piazza Statuto, risalente al 1921 e ampio 270 mq, è o sarebbe tappa turistica quasi obbligata per chi esplori Porto Antico e carruggi del centro storico, la casbah fra Palazzo Reale, i Rolli e la darsena (Genova propone davvero molte anime), e volesse concedersi una sosta un po’ shopping un po’ food. Ora un bando lo assegnerà in gestione a privati, con cessione per 30 anni del diritto di superficie.
Quanto al Mercato del Carmine (purtroppo chiuso e di recente riaperto solo come ristorazione), attorniato da sedi universitarie nell’omonima area, sopra quella piazza della Nunziata caratterizzata dalla chiesa neoclassica, è “piazza” che negli auspici di molti meriterebbe sorte meno precaria. Durante il Medioevo la zona era a coltivi, lungo il rio Carbonara (dal ‘600 non più visibile poiché incanalato in gallerie sotterranee), con uliveti e frutteti cui non a caso si lega la toponomastica limitrofa, tra fragole e giuggiole. Un certo benessere indusse nell’abitato incrementi demografici, senza peraltro modificarne più di tanto l’assetto, quegli alti palazzi in stile ligure che a tutt’oggi colpiscono il turista e impegnano lo storico dell’architettura e del vivere locale il quale tesaurizzi le lezioni alla Ennio Poleggi. Sul finire dell’Ottocento la piazzetta del Carmine nacque da interventi là dove salita S. Bernardino incontra salita Carbonara, attirando nel 1921 il mercato rionale che operava in piazza Bandiera, poco lontano. Il Novecento si concluse tuttavia con un unico esercizio in attività…, ciò che rafforzò nel 2010 la volontà di un impegnativo recupero di piazzetta e mercato, affascinanti spazi di aggregazione, dove “promuovere” i prodotti di allevatori e agricoltori di prossimità. Pronti via, ottobre 2013. Ma col passar del tempo – di nuovo – i costi di gestione, e last not least l’assenza di parcheggi, costrinsero le attività alla resa, fra malcontento e accese polemiche. Forse troppo semplicistica e temeraria – benché lodevole in termini ambientali e di sensibilizzazione alimentare – l’esclusività dei prodotti assolutamente local e assolutamente stagionali, e l’attitudine verso una ristorazione “naïve”, a base di pesce povero, genuino, di quinti quarti “economici”…. Si veda al link
Il mercato ortofrutticolo del Ferro, a Sestri Ponente, è un’elegante struttura liberty di ferro e ghisa, con una storia particolare. Realizzato nel 1882 a Venezia, per la commercializzazione del pesce, il manufatto fu acquisito nel 1908 da Sestri (ancora Comune autonomo) e ri-eretto dove tuttora sorge (tra via Ferro e via Goldoni). Nel 2003 si procedette ad un integrale smontaggio, onde realizzare un garage interrato, e ad un meticoloso restauro. Nel 2008 il rimontaggio previde il completamento con le parti mancanti e con componenti decorative nello stile originale. Finalmente, nell’autunno del 2011 i lavori all’interno furono prodromici all’arrivo (2013-2014) dei banchi sin allora operanti nello storico mercato ortofrutta di piazza dei Micone (14 attività residue) e nel vecchio mercato coperto Cortellazzo di via Fabio da Persico. Il nuovo sottopassaggio dalla antistante, frequentatissima stazione ferroviaria consente ora un accesso pedonale sicuro e confortevole.
Quanto al resto della città, dove – come a Sestri Ponente – turismo e svago non incidono, i supermercati (quasi sempre dotati di comodo parcheggio) stanno sopravanzando strutture che non possono convertirsi a ristorazione o altro… Talvolta, i pochi banchi superstiti punteggiano spazi ampi ma “immalinconiti”, e talora fatiscenti. Analoghe dinamiche socioeconomiche (ben indagate) hanno peraltro riguardato Roma e le altre città con viva tradizione mercatale (3), dove alcuni dei mercati paiono “sospesi” tra l’affetto dei conservatori che tuttora vi si recano ogni giorno, il pessimismo di chi li equipara a forme commerciali ormai superate, l’avversione di chi vorrebbe solo demolire e derattizzare, e l’ottimismo di chi – previe riqualificazioni e riconversioni – vedrebbe possibile un nuovo avvenire (la quarta pare peraltro la posizione più condivisibile, così da non gettar via il bimbo insieme all’acqua sporca: alcuni mercati rappresentano oggettivamente un profondo “segno” urbano, antropologico, gastronomico, di presidio e animazione…). Si tratta – con urgenza – di sperimentare nuovi format, iniziative, modelli di marketing e di comunicazione, strategie di richiamo e accoglienza più efficaci e continuative.
(1) il Comune di Genova, con Camera di Commercio e Associazioni di categoria, pochi anni or sono ha complessivamente identificato 4 tipologie di gestione: a)diretta, con il Comune che si fa carico della manutenzione ordinaria e straordinaria; b)mista, con concessione di pubblico servizio a un consorzio per la manutenzione; c)autogestione e miglioria, con scomputo dei canoni (un consorzio concessionario di pubblico servizio sostituisce il Comune e incassa i canoni); d)autogestione con costituzione di diritto di superficie sino a 50 anni (un consorzio si fa carico delle spese di miglioria).
(2) in certo senso, fu peraltro la ripa maris, coi suoi portici dinanzi a Caricamento, il primo mercato cittadino coperto… Si veda al link
(3) si noti che la parola sopravvive in molti toponimi, toscani, emiliani, marchigiani…
Bibliografia suggerita
- Dassori E., De Maestri S., Morbiducci R., Dalla bottega all’ipermercato: percorso storico del commercio nella città di Genova, in Fumo M. (cur.), Dal mercato ambulante all’outlet. Luoghi e architetture per il commercio, Bologna, Editrice Compositori, 2004, pp. 61-90.
- Rossini G., Michele Fenati 1885–1973. Un architetto civico tra Eclettismo e Razionalismo, Genova, Sagep, 2017.
- I nuovi mercati rionali, “Il Comune di Genova. Bollettino Municipale mensile”, I/9, 1921, pp. 1-3.
- Il mercato dei fiori, “Genova. Rivista Municipale” XIV/3 1934, pp. 239-241.
- Il mercato rionale di Terralba, “Genova. Rivista Municipale” XII/10 1932, p. 987.
- Michelis P. A., Estetica del cemento armato, Genova, Vitali e Ghianda, 1968.
- Barisione S., Fochessati M., Franzone G., Canziani A. (cur.), Architetture in Liguria dagli anni Venti agli anni Cinquanta, Milano, Abitare Segesta, 2004.
- Garibaldi E., L’ex mercato di via Bologna bloccato dalla burocrazia, un “buco nero” del quartiere, in “Il Secolo XIX”, 14/3/2014.
- Cafferata D., Moggia C., Segantin F., “Da Mercato del Pesce a moschea: restauro e riuso di un edificio razionalista genovese”, in Ananke n. 71, gennaio 2014, pp. 84-101
- Vecchiattini R., Genova: salvare l’ex-mercato per la frutta e la verdura nel quartiere di San Fruttuoso, in “Ananke”, n. 84, 2018, pp. 151-152.
- Fidone G., Il ruolo dei privati nella valorizzazione dei beni culturali: dalla sponsorizzazione alle forme di gestione, in “Aedon”, n. 1-2/2012.
- Petraroia P., Partenariato tra pubblico e privato nella tutela e valorizzazione dei beni culturali, in Individuazione e tutela dei beni culturali. Problemi di etica, diritto ed economia, Istituto lombardo-Accademia di Scienze e Lettere-Incontri di studio, 7/4/2016.
- Boniotti C., Della Torre S., Innovative funding and management models for the conservation and valorization of public built cultural heritage, in G. Biscontin, G. Driussi (cur.), Eresia e ortodossia nel restauro. Progetti e realizzazioni, Atti delle Giornate di studi, Bressanone 28/6 – 1/7 2016, Marghera, Arcadia ricerche, 2016, pp. 105-114.
- Christaller, W., Die zentralen Orten in Süddeutsch-Land, Jena, Gustav Fischer, 1933.
- Bartaletti F., Compendio di geografia urbana, Genova, Bozzi, 1986.
- Poleggi E., Città portuali del Mediterraneo, storia e archeologia. Atti del Convegno Internazionale di Genova 1985, Genova, Sagep, 1989.