Miele, ad Imperia si prepara addirittura una salsa – “novecentesca” – al miele, salata, per arrosti (e bolliti)…
Si dice che Pitagora si nutrisse quasi solo di miele, soprattutto al mattino… Nutraceutico “sacro”, apprezzatissimo già in epoca romana e poi medievale, oggi sei nella Liguria di Triora (IM), del Finalese (SV), di Torriglia (GE), di Calice al Cornoviglio (SP) dove gli viene anche intitolato un museo…, piccole produzioni che hanno di recente sofferto anni bui, il 2019 su tutti. In Liguria il miele è ricavato da api di sottospecie autoctona dell’Italia peninsulare, e – clima permettendo – gli anni recenti hanno veduto una crescita sia quantitativa sia qualitativa (si produce anche un poco di melata), ma purtroppo le api sono sempre più insidiate da insetti stranieri aggressivi (la Regione ha attivato campagne di contrasto alla terribile vespa velutina, un calabrone asiatico che presso gli alveari divora le bottinatrici). Abbina questo magnifico nutraceutico, perfetto come breakfast e merenda, anche, oltre che consumandolo a sé, a formaggi erborinati, pecorini pungenti, bleu francesi e inglesi, lardo… Inoltre, è DOP quello – “storico” – della confinante Lunigiana, di castagno e di acacia, il primo un po’ più scuro e forte, il secondo più chiaro, fluido e delicato. Ad Imperia, poi, come detto si prepara una salsa – “novecentesca” – al miele, salata, per arrosti, cugina – più che sorella – della cosiddetta salsa d’api, piemontese, da bolliti. Qualche tempo fa mi è occorso di vedere, nel classico cineclub “fuori mano”, un magnifico docufilm svizzero del 2012, “More than honey”, nel quale già emergeva come, nel momento in cui le api dovessero estinguersi, il mondo stesso sarebbe alla fine. Su questo tema così delicato, che non a caso turba molti appassionati di miele e d’arnie, suggerisco quindi anche il link sottostante, è un lungo contributo di Marco Valentini, apicoltore e docente, proprio sul rischio di scomparsa dell’apis mellifera ligustica (Spinola), prima – come si suol dire – che sia troppo tardi…