D’accordo, allora, dopo una vigilia “di magro” e la Messa di mezzanotte, dopo l’abete il presepe i regali, il 25 si dia finalmente inizio al banchetto (semel in anno licebat…).
Ecco via via la galantina (di cappone), la testa in cassetta (io adoro quella di “Giacobbe”, a Sassello), il Sant’Olcese (che magari i giorni precedenti è valso una gita a bordo del trenino di Casella…), i sott’oli e i sott’aceti.
Poi arrivino in tavola i maccheroni di Natale (quelli lunghi e lisci) in brodo di tre carni (a simboleggiar prosperità), e i ravioli alla genovese, di carne e frattaglie, ma con una parte profumata dalle borragini, ovviamente conditi col töccö, grazie a quel pezzo “reale” che lentamente fa “parpellare” (occhieggiare) il sugo sul fuoco.
I secondi saranno il cappone con la mostarda (magari fatta in casa) e la salsa verde, oppure il tacchino alla storiona, oppure il “biscotto condito” (mi piace chiamar così il cappon magro), che non a caso ha fra i propri ingredienti la scorzonera, quella che si frigge… Ma i macellai regalavano ai clienti più fedeli anche i berodi, i sanguinacci, e come negar loro un po’ di spazio?
E poi via col pandolce (lo sai che quello alto è il più antico), dove il cedro sia cedro e non zucca colorata, e la mitica Sacripantina brevettata a suo tempo da Preti, il cioccolato a pezzettoni, la pasticceria secca (anicini ed altro), il latte dolce fritto, le frutta fresche e secche e le frutta candite, uso che ci viene dal mondo arabo…, sino all’alzatina di stracchino molle (!) e al pirron da circuitare fra i commensali, chi lo sa forse leggendo qualche verso de “O tondo de Natale” del Bacigalupo (non il solo a “poetare” sulle Feste).
Nei calici, naturalmente, verseremo caso per caso nostralini, vini “di Coronata” (chapeau a Gionata Cognata), rossi liguri ma anche piemontesi, ed infine, coi dolci, qualche vino particolare, “rinforzato” (dall’appassimento delle uve), e se il borsellino lo consente che sia DOC Cinque Terre Sciacchetrà, un vino che racconta paesaggi fra i più verticali e incantati del Mediterraneo!
Che altro dirvi, amici lettori di Ligucibario®? Forse che il lato edonistico e consumistico ha via via prevalso sempre più eccessivamente e laicamente su quelli che in parte erano e dovrebbero essere, venuti meno Dioniso e Cerere, i significati “culturali” della festa e del cibo, ovvero il convivio (che affratella), il dono (offerto prima che ricevuto), la misura (che è sobrietà), la qualità (del cucinar bene buoni ingredienti), il rito (come momento condiviso)… Ma non è certo questo – Ligucibario® – un pulpito su cui salire a predicare. Sia come sia, buon Natale dunque a voi tutti, e buona digestione! E se vi piacciono anche i libri, Oscar Morosetti, O denâ zeneize, ed. DC&E, 2013, può essere acquisto godibilissimo.
Umberto Curti
p.s. pressoché ogni alimento menzionato nell’articolo è consultabile approfonditamente qui, cliccando nella sezione “alfabeto del gusto” (e buona lettura)
17 dic 2019 | Pubblicato in Ligucibario
Genova, il pranzo di Natale con Ligucibario
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