17 gen 2024  | Pubblicato in Ligucibario

Piombino. Archeogastronomia e gastronomia

il palazzo comunale di piombino

il palazzo comunale di piombino

Durante le ultime feste natalizie, che ho davvero “solennizzato” con i pandolci della pasticceria La Iacona per il pranzo della vigilia e il cotechino della macelleria Centanaro per il cenone di San Silvestro, mi sono concesso con Luisa due giorni in Toscana, via dal lavoro, e viaggiando “sostenibilmente” (su una Freccia sino a Campiglia).

Ma, ancora una volta, non verso una meta molto nota/usuale, bensì in questo caso verso Piombino (LI), che tanti – sbagliando! – identificano semplicemente col porto di imbarco per l’isola d’Elba…
In realtà, il centro storico di Piombino, “difeso” addirittura da mura leonardesche, è molto affascinante, puro mood di Toscana, e – a maggior ragione partendo ben informati – offre hotel accoglienti ed una gastronomia che mixa mare e terra, per così dire dal cacciucco alla selvaggina (amico Lettore scrivimi se vuoi sapere dove ho ben dormito e soprattutto dove ho benissimo mangiato…).
Dopo un caffè seduti da “Nanni”, elegante nella via dello struscio, e un tour dei suggestivi vicoli che infine affacciano su piazza Bovio, magnifica prua protesa verso le onde e l’arcipelago, con Luisa abbiamo naturalmente visitato l’adiacente Museo archeologico, tre ore di puro piacere (specie per chi come me ha scritto Il cibo in Liguria dalla preistoria all’età romana…). Consustanziale a Piombino v’è infatti l’area originariamente etrusca di Populonia, dove gli scavi non cessano di riportare alla luce costruzioni e oggetti, e dove i relitti affondati restituiscono anfore e molto altro.
Da testi greci e latini sappiamo che le viti locali erano assai reputate, e le fattorie meno vicine al mare coltivavano olivo e cereali. Ma Populonia il vino pregiato all’occorrenza lo importava, navi infatti approdavano dalla Spagna, da Marsiglia (Massalia), da Vulci, dalla Campania, finanche da isole greche quali Rodi e Samo.
Analisi di vari resti ossei d’animali (IV-III secolo a.C.) suggeriscono un’alimentazione basata anche sull’allevamento bovino e suino, così come le pecore venivano “anteposte” alla capra onde ricavarne lana, latte, siero. Raro il pollame e rari i colombi, ma le battute di caccia quando proficue offrivano lepri, anatre, uccelli di passo. Festa grande, beninteso, allorché le proteine venissero garantite da cinghiali e caprioli. Altre proteine provenivano certamente dalla pesca e dalla raccolta dei molluschi.
In definitiva, davvero non mi resta che suggerire di tutto cuore una visita di Piombino (e di Populonia), perché varcare la porta di terra e il rivellino, ammirare il palazzo comunale (foto) e quello delle bifore, infine sostare in meditazione nella raccolta e silenziosa concattedrale di Sant’Antimo (il duomo cittadino) sono esperienze che – come sempre – assai più vale vivere che descrivere.
Buon viaggio!
Umberto Curti
umberto curti

Commenta