Il cosiddetto “calendario del cibo italiano” festeggia il pan di spagna il 25 maggio.
E Giovanni Battista Cabona, cuoco-pasticciere nativo di Crocefieschi, nell’entroterra genovese, sarebbe forse stato ignorato dagli storici per quanto attiene a gran parte delle sue abilità culinarie. Ma a metà del XVIII secolo seguì il diplomatico genovese Domenico Pallavicini (rampollo d’una influente dinastia nobile) alla corte madrilena di Ferdinando VI. Ivi, chiamato a ideare un dolce per un banchetto, ispirandosi a biscotti savoiardi e portoghesi * creò quella che chiamiamo oggi alternativamente pâte génoise (per la quale si lavorano gli ingredienti a bagnomaria a 45°C) ** e pan di spagna (si lavorano gli ingredienti a freddo).
L’idea ebbe tal successo (in primis, pare, fra i toreri!), e di riflesso tal eco, che nel 1855, interno al programma d’esami per pasticcieri della severa scuola di Berlino, il pan di spagna figurava tra le materie di prova obbligatorie, insieme alla battuta al cioccolato e mandorla per la già celeberrima Sacher.
La ricetta del pan di spagna non a caso figura al n. 599 dell’Artusi:
“Uova, n. 6. Zucchero fine in polvere, grammi 170. Farina d’Ungheria o finissima, grammi 170. Odore di scorza di limone a chi piace.
Dimenate prima i rossi d’uovo con lo zucchero, poi aggiungete la farina, asciugata al fuoco o al sole, e dopo una lavorazione di circa mezz’ora versateci due cucchiaiate delle sei chiare montate per rammorbidire il composto, indi il resto mescolando adagio. Potreste anche montare le uova sul fuoco come nel Dolce alla napoletana n. 586. Cuocetelo al forno”.
Naturalmente la ricetta era comparsa anche nella “Cuciniera genovese” di Giobatta Ratto (1863), meno famosa ma precedente all’Artusi, e parimenti “cosmopolita”, al numero 434:
“Prendete 12 uova, separatene i tuorli dai bianchi e per mezz’ora sbattete prima i tuorli, unitevi poscia 300 grammi di zucchero in polvere e nuovamente sbattete per un’altra mezz’ora, aggiungendovi qualche cucchiaio di acqua di fior di arancio. Sbattete quindi bene i 12 bianchi e quando saranno montati a fiocca uniteli ai tuorli e continuate a sbattere insieme unendovi un poco alla volta 300 grammi di fior di farina. Versate finalmente questa pasta in una padella quadra o rotonda con orlo alto quattro o cinque centimetri, unta prima di burro e ponetela a cuocere in forno a lento fuoco. Quando avrà ottenuta la sua cottura, toglietela e spolverizzatela di zucchero.”
Mi occorre quindi solo aggiungere che il pan di spagna “compone” dolci che caso per caso si possono abbinare a Moscati o a passiti (in genere a bacca bianca), e nella foto ti propongo Amico lettore una piccola collezione di Sciacchetrà d’antan…
Umberto Curti
* negli antichi ricettari portoghesi (‘600) figurano dei “biscoutos de la reyna” molto simili, li illustra appropriatamente – lavorando gli ingredienti a freddo – un cuoco di corte, Domingos Rodrigues, nel suo Arte de cozinha (dividida em quatro partes…)
** ma si avvicina alla génoise una ricetta del trattato “Il confetturiere piemontese” (1790), dove si nomina un pan di Spagna “pane di Santa Genevieffa”, il che complica la ricostruzione storica, dato che parrebbe un omaggio alla santa francese, sulla falsariga di alcuni “petits pains de Sainte Geneviève” citati da Marie-Charles Louis d’Albert, quinto duca di Luynes, nel 1747.