Alba Docilia, fondata verosimilmente attorno al 180 a. C., è la località San Pietro, fra Albisola Superiore e Albisola Capo, inizialmente stazione dì un certo rilievo (con alloggi e ricovero bestiame) lungo il tracciato fra Genova e Vado (Vada Sabatia). Presso la Chiesa, a 500 m dal torrente Sansobbia, una villa romana – ampia ed elegante – del I secolo d. C., poi forse abbandonata, testimonia utilizzi residenzial-termali e produttivi, internamente ad una proprietà che s’estenderebbe per circa 9mila mq, assai indagata dagli archeologi.
Dopo i secoli delle invasioni barbariche (e Deogratias del monachesimo benedettino), si può affermare che tradizionalmente il territorio delle Albisole abbia ospitato con continuità produzione ceramica, in primis stoviglie, sin dal Basso Medioevo, grazie ai materiali della spiaggia e delle cave, argilla rossa e terra bianca, confacenti all’arte figulina (https://www.rmoa.unina.it/1058/1/RM-Benente-Albisola.pdf). Si diffuse nel XV secolo la produzione dei laggioni, le piastrelle in ceramica smaltata (affini all’azulejo iberico) impiegate in Liguria per fasciare pareti e pavimenti tanto di chiese come di case private.
Nel XVI e XVII secolo si moltiplicarono le fornaci, e nella soprastante Ellera – ruralità d’uve nobili e oggi…di acciughe – un mulino macinava i colori. In decorazione si privilegiavano specialmente temi quali i paesaggi marini (costa, fioriture, animali) e l’arte del navigare, sempre così connaturata ai liguri, ai quali navigare semper necesse fuit, ma anche simbologie classiche e letterarie (miti) e cristiane (santi, e in seguito pastori di Natale) con ovvie valenze protrettiche. Ogni casata di ceramisti via via s’ideò un “marchio” distintivo per comunicare adeguatamente il proprio brand, che sempre più si posizionava su oggetti di squisita fattura, ambìti dalle nobiltà: per i Grosso poté essere su concessione del Senato di Genova la lanterna (le cui prime notizie risalgono al XII secolo), per i Conrado (Melchiorre, Bernardo…) fu la corona regale, e per altri ora croci, ora asterischi, stelle, chiesine, fortezze, uccelli, soli, pesci…
Il Museo diocesano nel centro storico di Albenga (presso la sede vescovile) custodisce anche recuperi d’esemplari di quest’epoca.
Ma nel XVIII secolo l’azzurro risultò via via in declino, dentro una produzione che andava concentrandosi su semplici boccali, brocche…, oggetti della quotidianità famigliare in uso dentro le case (e ieri come oggi da fiere di paese), tuttora presenti nella raccolta del Museo “Manlio Trucco” (1) di Albisola Superiore (https://app.laterradimezzo.cloud/museo-trucco.html#topRow). Stava difatti per affermarsi il nuovo colore rosa manganese.
L’area delle Albisole è ricca di palazzi patrizi. Tra le opere figurative in Villa Gavotti (forse casa natale del futuro Papa Giulio II) meritano un cenno particolare gli affreschi che Andrea Levantino dipinse nelle strombature delle porte. All’illustre ceramista albisolese (formatosi dai savonesi Chiodo) si deve il disegno delle maioliche dei pavimenti di alcuni ambienti ed il rivestimento, sempre in ceramica, all’interno dei caminetti. Anche Villa Faraggiana ha magnifiche maioliche alle pareti e ai pavimenti, ennesimo segno di ciò a cui i Durazzo volevano elevare tale dimora.
Nel XIX secolo la manifattura del dinamico Bartolomeo Seirullo (casata di maiolicai attivi sin dal 1539) introdusse poi il bruno chiaro caramello e la terraglia nera (si consulti ad es. APM, 2, 1998, p. 188). Non poche stoviglie del tempo ormai venivano esportate oltre oceano, e fecero la propria comparsa anche il pentolame (“pignatte”) da fuoco, prodotto soltanto dai grandi laboratori e richiestissimo dalla ristorazione, e i piatti bianchi di ceramica, seriali ma molto eleganti. Ne iniziava il collezionismo, tuttora in voga.
Negli anni ’20 del XX secolo la ceramica albisolese “approdò” anche ai migliori transatlantici italiani sia in forma di decorazioni sia di servizi da tavola.
Col Futurismo (unica vera avanguardia artistica italiana d’un qualche rilievo) le Albisole videro all’opera artisti come Tullio Mazzotti (Tullio d’Albisola), autore nel 1938 – con Marinetti – del “Manifesto futurista della Ceramica e Aereoceramica” (2), cui seguirono maestri di generi talora assai diversi, Manlio Trucco, Lucio Fontana, Giuseppe Capogrossi, Arturo Martini, Eliseo Salino, Mario Gambetta, Aurelio Caminati, Emilio Scanavino…, alimentando stagioni fecondissime. E nel 1954 Enrico Baj e Asger Jorn (di cui nel 2014 è stata meritoriamente recuperata al turismo culturale la casa-museo sulla collina di Bruciati) avviarono incontri internazionali presso le “Ceramiche Mazzotti”, ovvero lo splendido edificio anni ’30 progettato dal genio bulgaro Nicolaj Diulgheroff quasi sulla riva del torrente Sansobbia (l’edificio tuttora è centro espositivo e di ricerca).
Un mito – arricchito da concorsi, convegni con relativi Atti (3) e festival – andava sempre più consolidandosi.
(1) progettato nel 1928 dall’architetto genovese Mario Labò, sull’Aurelia (corso Ferrari), l’edificio fu inizialmente abitazione-atelier di Manlio Trucco (Genova 1884 – Albisola 1974), suo lo stile ceramico definito “Albisola 1925”. Trucco fu sodale a Parigi di Modigliani, Severini, Jacob. Ospitò, nella mitica fornace la “Fenice”, Arturo Martini e Francesco Messina (si consulti ad es. Marino Cassini, “Il mangianuvole”). Il Museo venne inaugurato il 21 maggio 1989 con la mostra “Ceramica in banca”, una collezione di 50 antichità nel patrimonio della Cassa di Risparmio di Genova e Imperia. Oggi precedono il percorso espositivo 33 foto scattate nei luoghi della ceramica savonese da uno dei più apprezzati fotografi italiani, il sammargheritese Gianni Berengo Gardin. Il Museo custodisce ceramica albisolese dal XV al XIX secolo, maioliche ospedaliere decorate in monocromia azzurra del 1700, terrecotte decorate a taches noires e ingobbiate gialle, pentole (stoviglie nere), figurine/macachi da presepe, Madonne (lascito Francesco Torterolo)… Nell’atrio-reception un impattante pannello in ceramica del 1936 di Emanuele Luzzati (Genova, 1921-2007) raffigura “La scoperta dell’America”. Nel giardino, tra le sculture dell’albisolese Antonio Siri, dono della famiglia (ma è sua anche la “luna sul mare” del pannello 19 in Passeggiata degli artisti), viceversa campeggia dal 2012 l’imponente “Battaglia” di Agenore Fabbri, eseguita nel 1948 ad altorilievo ceramico nella Fabbrica Mazzotti e, in precedenza, già esposta nell’atrio del cinema “Astor” di Savona. Infine, due sale al piano superiore propongono i reperti archeologici di epoca romana, la cosiddetta “raccolta Schiappapietra” (file:///C:/Users/welcome/Downloads/AD_Presentazione.pdf).
(2) pubblicato il 7 settembre 1938. Il capostipite dei Mazzotti ceramisti, il vasaio varazzino Giuseppe “Bausin” Mazzotti, operava nell’antico borgo di Pozzo Garitta, in Albissola Marina, che divenne via via luogo d’incontro per grandi artisti (Bianco d’Albisola e Umberto Ghersi vi s’insediarono nel 1937). Nel luogo, già dalla prima metà del XVII secolo produceva una fabbrica di ceramica (Salamone). Appartengono verosimilmente a questa fornace i resti di “mûë” (porzioni di muro con mattoni sporgenti per l’essicazione della terra) ancora evidenti nel lato a settentrione dell’edificio centrale sulla piazza. E’ tuttavia dei primi del XIX secolo la fornace recuperata e aperta al pubblico durante le esposizioni, e sede del “Circolo degli Artisti”. Presso Pozzo Garitta, luogo quanto mai suggestivo, oggi si possono anche officiare matrimoni. Quanto a Tullio Mazzotti, era il secondogenito di “Bausin”, la sua vita artistica è stata ritratta da numerosi saggisti, si segnalano in particolare Enrico Crispolti e Danilo Presotto (https://www.treccani.it/enciclopedia/tullio-mazzotti_(Dizionario-Biografico)/)
(3) https://www.insegnadelgiglio.it/categoria-prodotto/serie/atti-albisola/
Umberto Curti