Un prodotto DOP “svela” coloro che materialmente lo producono, garantisce tracciabilità, e in definitiva risulta sempre una scelta di autenticità e sovente – come nel caso dell’olio extravergine – di salubrità. Ecco cosa significa, in concreto, DOP, ecco cosa significa DOP Riviera Ligure: un patrimonio da condividere anche in ottica interculturale.
DOP Riviera Ligure e formazione, un abbinamento felice
Una felice intuizione degli staff di “Elfo Liguria” (ente formativo di Albenga) ha suggerito di riunire due gruppi di corsisti (di un ITS agroalimentare e di un corso di cucina), così che io potessi raccontare l’olio extravergine DOP Riviera Ligure ad una platea la più ampia possibile. Luisa Puppo ha corredato questo racconto di approfondimenti interculturali e lessici in lingua inglese, anche tramite video ad hoc e parole di cuochi famosi (Gordon Ramsay…).
Il Consorzio di tutela DOP Riviera Ligure come sempre mi ha cortesemente fornito la “materia prima”, in questo caso un monocultivar taggiasca * , e così – con grande piacere – ho strutturato una conversazione con cui proporre ai presenti una maggior familiarità con l’olivo (impollinazione anemofila, allegagione, invaiatura…), i valori della DOP (cosa significa in concreto DOP?), nonché una serie di criteri guida per scegliere il buonessere. Una conversazione, lo confesso, che dopo tanti anni avesse qualche crisma di novità anche per me.
Controllato, assaggiato, certificato, garantito
DOP Riviera Ligure. “Controllato, assaggiato, certificato, garantito”, recita l’astuccio della bottiglia col collarino giallo che ho quindi aperto insieme ai corsisti, raccontando loro di acidità (molti si stupiscono che il laboratorio di analisi faccia le veci della percezione), di pericolosi perossidi (molti non hanno mai sentito nominare i milliequivalenti), di pungenti polifenoli (molti mi domandano quanti tipi ve ne siano nell’olio e in quale percentuale), di spremitura a freddo, di sentori fruttati… Una corsista mi ha anche domandato quanto extravergine venga addizionato negli olii post-rettifica onde poterli commercializzare come olii d’oliva (si tratta del 5-25%, ma vi sfido a trovare celermente questo dato…).
DOP Riviera Ligure. Liguria, la regione degli “angeli matti”
Anche in àmbito oleario, come noto, Liguria significa qualità non quantità, i volumi produttivi non raggiungono infatti l’1% del dato nazionale, ma si stanno positivamente recuperando oliveti. E già Luigi Veronelli – ch’ebbi il privilegio di conoscere, sua mamma era di Finalborgo – definiva “angeli matti” quegli olivicoltori che sulle fasce terrazzate dai muretti a secco si ostinavano, e si ostinano, a perpetuare mediterraneità. Per secoli le Alpi ci “divisero” assai più che oggi dal burro, dalla birra, dalla segale.
Quegli olivicoltori che s’ostinano a prendersi cura di piante – una gestione agronomica corretta impegna su mille fronti – che si mostrano resilienti solo fino ad un certo punto (mosca Bactrocera, batteriosi come la rogna, funghi vari, cancro corticale, cambiamento climatico, cecidomia…), tanto più dopo la revoca nel 2019 del “duttile” dimetoato.
L’incontro è terminato con una rapida panoramica circa gli abbinamenti alimentari (un carpaccio di ricciola non è un asado), i difetti dell’olio non qualitativo fra i quali anzitutto il riscaldo, qualche amarcord sulle antiche mole trainate da asini e sui fiscoli (ma qualche anno fa ho personalmente veduto in Marocco oleificare ancora così), le accortezze per proteggere l’olio dai suoi 3 grandi nemici, e last not least sulla transizione ecologica grazie alla quale traguardare produzioni al 100% senza scarti, tema che ho specificamente trattato quasi 2 anni fa ad un ITS a Imperia, ov’ebbi il piacere di conoscere Fabrizio Vignolini, saggista, forse il miglior degustatore col quale ho interagito, e con costui parlar per ore ed ore anche di ottime olive straniere, piqual, arbequina, chemlali, kalamata… Spero che Fabrizio stia bene e spero di riincontrarlo presto.
In conclusione, mi sia concesso aggiungere che viviamo un antropocene in cui le agromafie realizzano attività sempre più pervasive, l’Italian sounding viene mediocremente contrastato, e molti consumatori da parte loro allungano inconsapevolmente le filiere e si nutrono male. Un prodotto DOP, viceversa, “svela” coloro che materialmente lo producono, vincola a protocolli, garantisce tracciabilità, e in definitiva risulta sempre una scelta di autenticità e sovente – come nel caso dell’olio extravergine – di salubrità. Ecco cosa significa, in concreto, DOP.
Buon DOP Riviera Ligure, perciò, a voi tutti. E se capitate a Pietrabruna (IM), mi raccomando gustate una torta stroscia, gloria della cucina prebunenca.
* oliva a duplice attitudine, da olio e da mensa. Il disciplinare DOP Riviera Ligure elenca oggi 28 varietà lavorabili (da sole o congiuntamente), dall’arnasca alla toso, ed è “panorama” quanto mai esaustivo. Ma per i più curiosi Ligucibario® sull’alfabeto del gusto alla lettera “o” (link qui) elenca anche 14 ulteriori varietà liguri che per molteplici ragioni (fragilità pianta, basse rese…) non vengono ormai più lavorate…
Umberto Curti