Stefano, un allievo del corso GAE (6^ edizione) in svolgimento presso F.Ire Genova, mi ha chiesto – poiché stavo raccontando le DOC liguri… – qualche suggerimento per bere bene e pulito.
Non entro nel merito dei vini cosiddetti naturali, resilienti, ancestrali ecc. ecc. (la fantasia negli aggettivi non avrà mai limite) che personalmente, ai miei sensi di 62enne, veicolano emozioni solo quando sono piacevoli a bersi (e sembra trascorso un secolo dalle prime anfore di Jasko Gravner…).
Entro maggiormente nel merito dei vini biologici e biodinamici, dei quali talvolta Ligucibario® ha già trattato, sempre sottolineando che l’agricoltura biodinamica, malgrado il teosofo austriaco Steiner (1861-1925) non fosse sempre “lucidissimo”, è ipso facto anche biologica, mentre a rigore non vige il contrario.
Ovvio che della biodinamica mi seduce il rifiuto della chimica, uno degli assiomi più condivisibili, tanto più oggi che l’antropocene ci infligge, oltre all’inquinamento e al cambiamento climatico, anche prodotti che le catene di montaggio industriali rendono sempre più artificiali e massificati.
A Stefano, pertanto, suggerisco anzitutto:
Carlaz (bianco) dell’azienda De Battè, biologico;
Poggi alti (bianco) dell’azienda S. Caterina, biodinamico;
Monte dei frati (bianco) dell’azienda La felce, biologico;
Mediterraneo (bianco) dell’azienda Giorgia Grande, biologico;
Gumbe di amirai (granaccia) dell’azienda Selvadolce, biodinamico;
Lumassina dell’azienda Terrazze singhie, biodinamico;
Ponte di toi (vermentino) dell’azienda Legnani, biologico non certificato.
Inoltre, una visita a cantine quali Possa (Riomaggiore), La casetta (Varese Ligure) e I cerri (Carro) potrebbe completare un tour del levante quanto mai istruttivo…