Besagnini era il nome dei fruttivendoli, derivante dal torrente Bisagno che scorre a Genova, per via dei tanti orti che ne accompagnavano il corso dalla sorgente sino alla foce. Il corso d’acqua trarrebbe a propria volta il nome da “bis amnis”, in quanto originato da due confluenti, da Viganego e da Barbagli, nell’immediato entroterra cittadino.
Nel 1838, riferisce M. Cevasco,
“Ogni giorno a Genova, di primo mattino, quando si aprono la Porta Pila e la porta della Lanterna, entrano in media 60.000 kg di verdure e ortaggi, subito venduti ad alcune donne chiamate Regatone, che li acquistano all’ingrosso per rivenderli immediatamente ad altre donne chiamate besagnine: queste fanno il commercio al minuto; le prime sono circa 180, le seconde più di 800. A inizio ‘900 i besagnini vendevano la cosiddetta minestra usata, fatta di riso ed erbe, forse risalente all’assedio di Genova… Si legge ancora in un testo del 1913: “La besagnina del portico, la ricordate? Con la sua mostra a gradini, come un altare di verdura, aveva la specialità di ostruire sempre il passaggio, di mantenerlo permanentemente adacquato e anche un tantinello fangoso e di profumare l’andito e le scale con la mescolanza di odori, fra l’acuto e il dolciastro, data dalla fusione del sedano, del basilico, del prezzemolo, delle carote, con le albicocche, le pesche, le pere spadone e le mele carle”