18 mar 2025  | Pubblicato in Ligucibario

Fügassa e fugazzeta. L’emigrazione e il ritorno dei cibi

umberto curti al convegno sull'emigrazione presso il MEI di genova

umberto curti al convegno sull’emigrazione presso il MEI di genova

 

 

 

 

 

 

 

“Fügassa e fugazzeta. L’emigrazione e il ritorno dei cibi” è il titolo dell’intervento che ho tenuto in occasione del convegno “Emigrazione: dalla Liguria al mondo” svoltosi il 15 marzo presso il MEI (Museo dell’Emigrazione Italiana) di Genova.

“Meriche”…, per quanto mi riguarda si tratta di un continente evocatore di un doppio legame. Sono infatti figlio di Alfredo Curti (si veda la relativa voce su Wikipedia) il quale in una stagione della propria vita girò preziose riprese cinematografiche fra gli indios del Mato Grosso, ivi compresi i temutissimi Xavante. E – una vita fa… – mi laureai discutendo col Professor Francesco Surdich l’attività – non solo evangelizzatrice – dei Salesiani in America Latina, con particolare riferimento all’operato di Padre Colbacchini presso la comunità dei Bororo Orarimugudoge…

Nel 2024 mi è occorso di collaborare col Comune di Genova nell’àmbito del “gemellaggio” fra la nostra città e Santos, girando 4 video a tema gastronomico, che gettavano ponti – anche di memoria – fra l’Italia ed il Brasile tramite alimenti quali l’aglio, il baccalà, il cacao, e la specialità di semifreddo al caffè che qui chiamiamo pànera.

Fügassa e fugazzeta.  Le bilateralità del cibo

Ma alcune altre “bilateralità” ci coinvolgono immediatamente. Molte località liguri infatti organizzano apprezzate sagre a tema asado ( = arrostito). Una torta pai si prepara in val Trebbia, ricalcando la pie (di mele) d’oltreoceano. Deliziosi ciuppin presenziano le nostre tavole, legandosi alle ampie famiglie dei brodetti di pesce con pomodoro (e patate) il cui nome potrebbe svelare, seguendo le tesi dell’autorevole e compianto Fiorenzo Toso, un verbo chupar = sorbire?

Del resto, la cucina genovese stessa, grazie al porto (Ianuensis ergo mercator), ha sempre giocato un ruolo – per ingredienti e ricettesia inbound sia outbound, non a caso mutuando lessici dall’arabo, dal catalano, dal francese…

I migranti sono così risultati via via centrali nel consolidarsi di un melting pot culturale, un crogiuolo (si vedano anche i magnifici studi di Fabio Caffarena su cibo ed emigrazione) dove modi di parlare e sapori, tra arrivi e partenze tra andate e ritorni, si sono continuamente fronteggiati e poi rimescolati…

Fügassa e fugazzeta.  Dalla Liguria al mondo

Presumo che, fra quanto elenco qui sotto, si possano rilevare ben più che semplici assonanze. Ecco dunque:

  • i ñoquis (col tuco di pomodoro o con pesti “arricchiti” da peperone e prezzemolo), cucinati per San Pantaleone, patrono di medici e ostetriche, ed ogni 29 del mese. Quel giorno i commensali possono anche fare una colletta onde raccogliere risorse per l’ospite più bisognoso…
  • la lasaña al forno, ricca di varianti per noi un po’ kitsch, talora con aggiunta di granella di noci
  • i tallarines (verdes…), conditi con un tuco rapido in cui sovente entra anche il peperone
  • la pasta ripiena (ravioles del domingo…), dove la farcia può talora, se più leggera, somigliare ai nostri pansoti di preböggiön
  • la milanesa, arricchita – ove ve ne fosse bisogno… – con uova, patatine…
  • il mondongo, o panza (trippa di manzo stufata con patate ecc.). In Ecuador specificamente la guatita, con patate, peperoni, arachidi, una ricetta speziata, che predilige la parte abomaso…
  • In Perù, dove bachiche allude alla bottega, all’attività commerciale, incontriamo i menestròn, con carni (il piatto propone varianti in Venezuela, Ecuador…). Ed il pastel de acelga, venduto da molte panetterie, ovvero una torta di bietole solo un po’ più dolce rispetto alle nostre (ed in Argentina ecco il pastel de arroz, ovvero una torta di riso (tuttavia molto diversa dalla nostra)…

Fügassa e fugazzeta. Un focus

Venendo ora in conclusione al titolo del mio contributo (fügassa e fugazzeta), circa la fügassa immagino che a Genova non sia necessario precisare nulla, sebbene evidenze documentali non così note a tutti (contratti notarili, lasciti testamentarii…) ci consentano, volendo, di risalire fino ai secoli XIII-XIV, nonché di sorridere per la scomunica che il vescovo-doge Matteo Gambaro, nel secolo XVI, doveva minacciare a quanti continuassero a divorar focaccia perfino durante le cerimonie in chiesa, involute a picnic…

Circa la fugazzeta, viceversa, reputo opportuno puntualizzare che, pur preparata anche in Argentina dentro stampi-teglie (anche quadrate) detti molde, essa risulta impasto più alto ed unto. Là come qui, peraltro, la lievitazione si attiva con lieviti di birra, quasi più nessun panificatore ricorre alla masa madre (pasta acida, crescente naturale), cioè ad un metodo forse più salubre ma certo più laborioso e lento.

La fugazzeta argentina costituisce decisamente un piatto unico, pantagruelico. Cipolle bianche a rondelline caramellizzano sulla superficie di quest’impasto gonfio, “relleno” di “queso” vaccino, sodo, fuso a pezzettoni (mozzarella, provola, quartirolo…), talora profumato con origano e peperoncino e cosparso di reggianito, oppure di muzza, un duttile formaggio a cilindro – confezionato nella plastica per la vendita – che si affetta, si grattugia…

A Buenos Aires l’artigiano Agustin Banchero – il cognome suona rivelatore – col figlio Juan iniziò dal 1893 a “posizionarla” nel suo Riachuelo (11 anni prima Nicolas Vaccarezza aveva introdotto la fainà e la picsa…), evolutosi poi nel 1932 in vera e propria pizzeria. Anche là il successo dei cosiddetti finger food li elevò pian piano a rito di strada, i porteños adoravano la fugazzeta anche perché non costosa, e negli anni ’30 del Novecento essa assurse a “mood” di avenida Corrientes (la calle che non dorme mai), monumento trasversale alle classi sociali, pratica e…pavloviana a tutte le ore.

Poiché l’Argentina è nazione fortemente devota al calcio (ma dobbiamo River Plate e Boca Juniors proprio ad emigrati), fuori dagli stadi infine si iniziò a vendere anche – o ancor più – la pizza, “sovrastata” dalla fainà. De gustibus non est disputandum…
Umberto Curti

Umberto Curti

Umberto Curti

 

 

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