Il greco ha sikya, ma cocuzza (donde la metatesi cuz-zuc) è l’esito popolare di cucurbita. Proveniente dall’Asia e poi dall’America Latina, ben adattabile ai terreni difficili e poco irrigui, rigogliosa e colorata, della zucca, in pratica, non si butta via alcunché, si associa all’idea di fertilità * ed i semi non abbrustoliti sono vermifughi. La parola oramai individua specie in realtà molto differenti fra loro, e si va da frutti piccoli a frutti pesanti viceversa vari chili… Le cultivar più familiari sono la “pepo” (è la zucchina ** , di cui si cucinano fritti in pastella anche i fiori gialli), la massima (grossa, dalla scorza bitorzoluta e polpa giallo vivo, da essa deriva la zucca di Chioggia), la moscata (che può esser verde o arancio, e ha dimensioni minori e polpa variamente giallastra, da essa deriva la zucca piena di Napoli). Il database ministeriale in particolare elenca circa una quindicina di varietà autoctone e/o tradizionali di zucca e zucchina: zucca lunga di Napoli e napoletana, di Rocchetta Cengio (SV), mantovana e lombarda, di Castellazzo Bormida (AL), da semi toscana e lardaia, marina di Chioggia – deliziosa – e santa bellunese, zucchina col fiore (Lazio), alberello di Sarzana (SP), genovese, trombetta (Liguria), di Borgo d’Ale (VC), lunga fiorentina, mora pisana, tonda fiorentina, di Misilmeri (PA). La zucca gialla apporta buone quote di vitamina A, mentre la zucchina ha dote nutrizionale quasi nulla, tanto più che dal fruttivendolo si privilegiano quelle acerbe, con pochi giorni di vita, sode ma più tenere e delicate… Sempre facili da digerire (escludendo chiaramente la preparazione fritta), zucche e zucchine si conservano in frigo alcuni giorni, ma la zucca – ove integra – può resistere anche 6 mesi purché in spazi secchi e aerati, quindi si può comprare d’estate e consumare d’inverno, ben lo sanno da sempre in quelle aree contadine, di risparmi e ricicli, dove la zucca, riesumata all’occorrenza, entrava tutto l’anno in minestre, tortelli e ripieni, gnocchi e pani, marinate e addobbi, frittate e frittelle, budini… Quest’infinito catalogo di ricette solletica tuttora la fantasia degli chef, che quando alle zucchine uniscono le melanzane perseguono un fine gustativo che in Africa vedrebbe protagonista il quimbombo. Il tour, dall’Italia al Mediterraneo, include soprattutto l’onnipresente torta di zucca – anche dolce – , i barbagiuai in Liguria, la zucca ripiena in Calabria ed essiccata e fritta in Campania, le cocuzze in auruduci e la zuccata (una conserva dolce) in Sicilia, le zucchine alla velletrana nel Lazio, a cassola in Sardegna, alla poverella in Puglia, i kibbeh (sorta di polpette alla zucca) e la shorba karaa (zuppa di zucca) delle cucine arabe, il kompostosu (budino di puré di zucca con zucchero e noci e cocco tritati) in Turchia… Campani infine anche i sciurilli, fiori di zucchina fritti in pastella, noto snack di strada
* vedi anche G. V. Soderini, Della cultura degli orti e giardini, secolo XVI, Milano 1851. Il suo boom percorre le cucine di corte e poi borghesi, da Mantova a Ferrara alla Sicilia. Il fiorentino Doni le dedica un poemetto nel 1551; è alla base delle baruffe goldoniane; il cuoco napoletano Corrado, fautore ad inizio ‘800 del cibo “pitagorico” ovverosia erbaceo, le cuce addosso non meno di 48 ricette; i venditori ambulanti la proponevano come finger food (e sino agli anni ’50 stazionavano dinanzi ai cinema riempiendo il misurino e poi il cartoccio di brustolini, cioè i semi, come antesignano “rosicchio” del pop corn)…
** essa però predilige climi più miti, maggior irraggiamento solare, e riparo dal vento
Umberto Curti