Navigare a bordo di un gozzo o di un leudo la Riviera ligure di levante, tutto il Tigullio e non solo, da Moneglia ad est (la patria di Luca Cambiaso) sino al golfo Paradiso che lo limita ad ovest, un bagnùn d’acciughe a Riva Trigoso con un calice di Bisson o Pino Gino, una capponadda a Camogli... Tant’è bella questa costa che i droni stanno sfrattando i gabbiani. Talvolta vorrei esser stato un “pescatore” di rissêu, quelle pietre di mare con cui dal ‘600 la Liguria ha regalato mosaici ai sagrati delle chiese… E forse poi attraccherei a Recco, alle teglie di focaccia col formaggio (su un magazine l’ho equiparata ad un monumento “oraziano”, più duraturo del bronzo, mi dareste torto?)… E da lì risalirei in Fontanabuona, fra cave d’ardesia, colline che paiono sfondi di presepe, sentieri che prima o poi trovano una chiesa, un castello, o ciò che ne resta… Prima verso Uscio, al Museo degli orologi da torre “Roberto Trebino”, quelli in ferro battuto coi telai a castello o a forma di “pollaio” sono meravigliosi, e poi verso Lorsica, capitale ligure dei damaschi grazie alla tessitura “De Martini”, ormai mezzo millennio di attività, sola superstite dei 220 telai attivi nel ‘700, la quale impiega solo filati naturali… Di questi tempi, ti pare poca cosa?
Eccole le vie artigiane, un dialogo fra il mare e gli entroterra dove scoprire anche una Liguria meno nota, ma parimenti autentica, e una ruralità sapienziale – con eroici viti e olivicoltori – che via via a tavola impone trofiette di castagne, battolli coi navoni, tegami di quarantina coi funghi, e salse e torte di nocciole se – Deogratias – quelle turche non estingueranno del tutto le cultivar locali…