9 apr 2025  | Pubblicato in Ligucibario

Pesto maleducato

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D’accordo, qualche volta noi genovesi possiamo (potevamo) essere un po’ rusteghi coi foresti, come si suole (si soleva) dire, ovvero un po’ ruvidi coi non-genovesi, ma il pesto “maleducato” non si lega a quanto sopra, bensì è un pesto assai fortificato quanto ad aglio, come lo voleva il marchese Beppe Gavotti (1973)… L’aglio era vissuto come un disinfettante – in effetti ha mille proprietà benefiche – , così come il sale era “il” conservante. Per non parlare del pecorino, importato a Genova dalle isole dirimpettaie.

E i proto-pesti – si legassero o no (direi non necessariamente) al moretum romano che funge da breakfast per il contadino Similo – erano quel “savore d’aglio” che accompagnava carni e pesci un po’ come una salsa verde.

Sulle salse al mortaio si sta scrivendo tanto (e non è affatto un male), Ligucibario® stesso ha contribuito al dibattito tanto che – per chi digiti “salse al mortaio” su Google – si posiziona al primo posto online (eccovi la salsa di noci, la salsa di pinoli, il marò di fave, il machetto di sardine…, tutte “diramazioni” dell’aggiadda).

Ma, occorre ben precisarlo, il pesto come viene “inculcato” oggi (non v’è più fiera o sagra senza qualcuno che pesti basilico nel mortaio…) è una formalizzazione di fine ‘800, e peraltro, come sempre, non esiste una ricetta realmente ufficiale, unica ed assoluta…

Il pesto si preparava con quello di cui si disponeva (spinaci, fagiolini, timo, persa…), tanto più che le stüffe di Pra’ iniziano a marciare a pieno regime, anch’esse, solo da fine ‘800, finalmente consentendo al basilico una stagionalità più estesa.

Va anzi sottolineato che his majesty Gualtiero Marchesi impiegava noci e cagliata facendo a meno dei pinoli, e recentemente un altro chef di vaglia, Davide Oldani, ha osato – sulle orme di Ada Boni eccetera – un burro, subito assalito da coloro i quali non sanno che nelle campagne, storicamente, il burro era talora più reperibile che l’olio, e che neppur leggono il primo Giobatta Ratto, a me più caro del coevo Emanuele Rossi…

Ratto che difatti, udite udite, nella sua “Cuciniera genovese” del 1863 scrive alla ricetta 11 (quella del battuto genovese, cui sposa tragicamente il formaggio olandese) “…e pestate il tutto in mortaio con poco burro finché sia ridotto in pasta”…

Buon pesto genovese a voi tutti (confezionatelo come vi pare, godetevelo sovente, conditeci i formati di pasta “migliori”, e abbinategli un Pigato della DOC Riviera ligure di ponente…).
Umberto Curti

umberto curti al convegno sull'emigrazione presso il MEI di genova

umberto curti al convegno sull’emigrazione presso il MEI di genova

 

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