14 ott 2020  | Pubblicato in Ligucibario

Omaggio a Sampierdarena

belle vetrine a sampierdarena

belle vetrine a sampierdarena

Un cordone ombelicale – sebbene non vi abbia mai abitato – mi lega a Sampierdarena. Via Giobatta Monti diede i natali a mio padre, nato in casa nell’anno domini 1915 (all’inizio mia nonna confuse il travaglio con un’indigestione), e tutt’attorno abitavano i suoi parenti, fra cui ben cinque tra zie e zii materni…
Occupandomi da tanti anni di storia dell’enogastronomia, so bene che Sampierdarena fu – in parte è tuttora – glorioso habitat di trattorie, ristoranti, fainotti, botteghe. Molti purtroppo sono gli scomparsi, ma nel ricordo di tanti sopravvivono anzitutto il “Toro”, alla Coscia, la “Gina”, al Campasso, il “Giunsella”, chalet di lusso lungo un arenile ahimé ben diverso dall’area attuale… Pronunciare quei nomi significa evocare caso per caso un forziere di minestroni, stoccafissi, trippe, fritture di pesce, pandolci…
In termini di documentazione storica, tuttavia, davvero poco esiste su quei luoghi “dell’onesto peccato” (quantunque lo storico Giovanni Rebora stesso fosse sampierdarenese). Fanno eccezione alcuni brevi articoli online e, soprattutto, un garbato libriccino di una ventina di pagine a firma Fulvio Majocco, sampierdarenese doc, che per mesi e mesi non mi riuscì in alcun modo di procacciarmi, girando inutilmente fra edicole, casa editrice, Centro Civico Buranello, Libreria salesiana… Ma in occasione di una mia conferenza alla Biblioteca Civica Berio di Genova ebbi infine il piacere di conoscere personalmente l’autore, che poi con gentilezza m’invio per mail il suo lavoro, cui qui e là mi dichiaro debitore.
Altre vicende professionali mi mettono in relazione anche con Marco Benvenuto, anch’egli sampierdarenese doc. Giornalista, volto televisivo, foodwriter, a suo tempo dedicò a Sampierdarena perfino la tesi di laurea, focalizzando le (talora brutali) trasformazioni urbanistiche che hanno via via interessato la delegazione, nata come borgo di pescatori e divenuta una sorta di rumorosa e fumosa “Manchester d’Italia”.

Poiché la storia delle “tavole” di Sampierdarena, che sovente ospitarono anche personaggi come Mario Soldati, mi sta quanto mai a cuore, ecco che ancora una volta la cucina, le tradizioni, il genius loci di una comunità consentono infiniti irradiamenti verso l’indagine socioeconomica, i cambiamenti territoriali, le diacronie dei modelli lavorativi e di vita… Non occorre esser antropologi per comprendere quanto ciò che resta delle quotidianità di ieri è – per rifarsi a Jacques Le Goff – monumento e in parte documento, ovvero segno prezioso per comprendere ciò che è avvenuto e ciò che siamo stati… Se siamo ciò che mangiamo, è pur vero che la cultura di una comunità poggia su ciò che essa ha nel tempo coltivato, costruito, prodotto, commerciato, indossato, prediletto…
Con Marco Benvenuto abbiamo pertanto ritenuto di unire le forze, più che altro come “omaggio” ad una città (Sampierdarena fu Comune autonomo fino al 1926) che forse merita un avvenire migliore del presente. Traguardiamo, come si suol dire, un lavoro a 4 mani e qualcosa che sin qui non è stato scritto. Un lavoro che – prendendo avvio da qualcosa che non c’è più, ovvero molta ristorazione e molte attività – allarghi la visuale verso fenomeni e aspetti della Sampierdarena di ieri e di oggi (quartieri, industrie, infrastrutture…), approfondendo alcuni mutamenti che – in senso diretto o indiretto – hanno determinato la situazione attuale, a luci ed ombre. E, last but not least, forse – chissà – individuando anche qualche possibile percorso di ricrescita felice, per una realtà cui non difetta il dinamismo e che fra l’altro vanta, non di rado seminascosti, notevoli patrimoni architettonici e culturali.
Stay tuned, amico lettore, sin quando potremo augurarti buona lettura.
Umberto Curti
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