11 ott 2020  | Pubblicato in Ligucibario

12 ottobre, vecchi e nuovi mondi

Viaggio da Pontinvrea (SV) al locro patrio argentino e ritorno

cecilia, emanuela, viviana

cecilia, emanuela baccino, viviana

La progressiva scoperta del Nuovo Mondo rivoluzionò, come noto, (anche) i nostri menu. Patate e pomodori (alimenti di cui a lungo l’Europa “diffidò…), il mais, peperoni e peperoncini, fagioli e fagiolini, in parte le zucche e le zucchine, cacao, ananas, lo strabiliante tacchino…
Umberto (Curti) mi segnalava tuttavia che non pari attenzione è stata riservata nel tempo dagli storici (eccetto Alfred Crosby) a tutto ciò che in termini di prodotti, ricette e tradizioni dal Vecchio Mondo giunse “in cambio” al Nuovo (1)… A puro titolo d’esempio, in Buenos Aires (dove la Boca è quartiere meravigliosamente porteño e zeneize) divorano la “fugazzeta” (qui il link), ma anche ñoquis, lasaña, tallarines, milanesa… Vi dicono qualcosa, fra tante altre che potrei aggiungere, queste assonanze?
Oggi tuttavia voglio legarmi a quanto sopra tramite un episodio autobiografico. Una decina di anni fa due belle e sorridenti sorelle argentine, Cecilia e Viviana, accompagnate dai rispettivi mariti, hanno suonato a sorpresa il campanello della mia sperduta casa in campagna a Pontinvrea, entroterra di Savona. Era febbraio, faceva freddissimo, regnava la nebbia e, come se non bastasse, pioveva leggermente. Parlavano tanto e velocemente lo spagnolo e poco inglese, eppure con i miei genitori che parlavano poco italiano e tanto dialetto ligure si sono capiti benissimo: erano discendenti di emigrati italiani, forse nostri parenti e così, tra lacrime, commozione, gioia, strafalcioni grammaticali e linguistici, dovuti anche ad un paio di grandi vini stappati per un’occasione tanto speciale, siamo rimasti ora come allora in stretto contatto (ammetto, anche merito dei social). Viaggiando per il Sud America sono passata spesso a trovarle a Buenos Aires e mi hanno accolto sempre, non esagero, come una figlia. Di fatto abbiamo lo stesso cognome, i nostri avi provengono dalla stessa piccola frazione, ci somigliano moltissimo eppure, per quanto siamo sinora riusciti ad analizzare nei nostri alberi genealogici, pare che non siamo legate da alcuna parentela, ma si sa: “gli amici sono i parenti che ci scegliamo da soli”, e così ogni occasione è buona per sentirsi, e sapendo che oggi - 12 ottobre – è per loro giorno festivo, ho chiesto alla “mia” famiglia argentina di raccontarmi qualche curiosità.

Da tempo il Columbus Day, cioè la celebrazione del giorno della scoperta che avviene in molti Stati delle Americhe, è stato peraltro oggetto di “contestazione”, talvolta pure violenta, oggi ne parla anche il medievista Antonio Musarra su Il secolo XIX.
Alcuni lo hanno dunque cancellato, altri lo hanno sostituito con una festività dedicata agli indigeni… Ma tralasciando questo aspetto, pur rispettando le diverse posizioni, mi hanno intrigato soprattutto i racconti del piatto tradizionale di questa (ed altre) festività, tra cui il 25 maggio (primo governo argentino post-indipendenza) e il 10 novembre (Giorno della tradizione): sto alludendo al locro.

Il locro patrio argentino si differenzia degli altri locro sudamericani in quanto viene preparato con ingredienti peculiari, tra i principali vi sono: grani di mais bianco, zucca, fagioli e salsiccia (ma ve ne sono davvero molti altri quali patate dolci, petto di manzo, cipolla, peperoncino tanto o poco secondo gusti, zampe ed orecchie di maiale!…). Quindi guai a declassarlo a semplice stufato o a spezzatino in umido, si tratta di un piatto elaborato che valorizza anche il quinto quarto, un piatto per così dire da gauchos al lavoro e da tavolo di ristorante, e che per i grani di mais bianco richiede una cottura di ore. E’ una pietanza (come le cassoeule lombarde, le choucroutes alsaziane…) molto ricca, corroborante e saporita, perfetta anche per banchetti nuziali e battesimi, e, sebbene abbia origini pre-ispaniche, forse incaiche, con la conquista del continente latino da parte degli Europei sono stati aggiunti ingredienti occidentali, come a voler mettere d’accordo tutti sul fatto che sommando le diversità si possono ottenere grandi risultati. Liguria e America Latina sono in tal senso positivi paradigmi…

Navigando nella rete internet troverete numerose ricette del locro argentino, ma se volete quella “autentica”, e collaudata ad ogni festività proprio dalla festosa famiglia di Cecilia e Viviana, contattatemi. Quanto al vino, opterei ovviamente per un Malbech, magnifico vitigno “bordolese” che ha attecchito benissimo in quel Paese di immense agricolture e immensi allevamenti, e che non vi farà mancare i polifenoli!
Emanuela Baccino
(1) una sintesi preziosa (da “Taccuini gastrosofici”) di quel che viaggiò in senso contrario, è consultabile a questo link

 

 

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