C’è il sole sugli arenili di Finale Ligure Marina, e dunque su Finalborgo, l’antica – magnifica – capitale del marchesato dei Del Carretto, per questo weekend di metà marzo che ospita il 10° Salone Agroalimentare Ligure. Ai Del Carretto “devi” (involontariamente!) l’Ormeasco, allorché i Clavesana imposero loro, in quel di Pornassio, le vigne di dolcetto…
Ci arrivo, sotto i forti di Finalborgo, con una piacevole passeggiata di un quarto d’ora, sorpassato dal trenino turistico che fa la spola da sud a nord e ritorno. Le mura medievali e i chiostri trecenteschi di Santa Caterina si aprono a bancarelle e degustazioni, all’insegna del prodesse et delectare, del formare divertendo, del condividere appassionando. L’evento si è via via consolidato, riscuotendo buon successo di pubblico e contribuendo al marketing delle produzioni regionali più significative. Eccoti i corner del pesto, dell’olio extravergine dop, le cantinette coi vini del territorio, profumo di formaggi, di finger food ma anche di fiori ed erbe aromatiche, simbolo inconfondibile di mediterraneità… Quest’anno torna anche la cerimonia che premia chi si è distinto nel recupero e nella divulgazione delle tradizioni. I ragazzi degli istituti alberghieri “Migliorini” di Finale Ligure e “Giancardi” di Alassio, infine, danno una preziosa mano perché tutto giri al meglio. L’avvenire è di loro proprietà, se si impegneranno anzitutto a comprendere quanti e quali patrimoni (culturali ed enogastronomici) possegga questo Paese svagato…
Io sono qui – con Luisa – accanto a CNA Liguria, con cui ho ideato un fitto programma di deguconversazioni.
Si parte all’Oratorio de’ Disciplinanti sabato alle 14.00 con “Caffè e cioccolato, duello fra aromi”, un viaggio straordinario dentro due alimenti che, ormai da secoli, intensamente caratterizzano i nostri consumi quotidiani. All’ingresso consegno al pubblico un mio testo sul tema, tratto da “A scuola di cacao. Conosci e degusta il cioccolato” che sto per pubblicare con l’editore Erga. Mi supportano – tramite parole e prodotti – le gentili signore Bocchia, gloriosa “torrefazione” (virgoletto in quanto definizione riduttiva) con punti vendita a Recco, Rapallo, Chiavari e Sestri Levante, e mi supporta Antonio Le Rose, titolare de “Il tempio del cioccolato” a Genova-Cornigliano. La bevanda del diavolo e il cibo degli dèi si sposano a meraviglia, raccontando tuttavia una storia che li accomuna solo in parte (esotismo, valenze simboliche…), talora viceversa divergendo (luoghi d’origine, alcuni aspetti produttivi…). Un espresso 100% Arabica, un sensuale cremino tristrato gianduja-caffè e i chicchi ricoperti di fondente (presentati dalle signore Bocchia) incontrano le ghiotte praline, i macarons e la ganache tematica di Antonio Le Rose, cioccolatiere “precolombiano” (persino il suo showroom propone echi Maya – Aztechi…).
Si prosegue alle 18.30 con “Birra e formaggi, un matrimonio d’amore”, meritato focus sulle produzioni di nicchia. All’ingresso consegno al pubblico un mio testo sulla storia della caseificazione in Liguria, tratto da “Il cibo in Liguria dalla preistoria all’età romana”, che pubblicai con l’editore De Ferrari qualche anno fa. Oggi chi va in scena? Da un lato i microbirrifici artigianali nati sulla scia tracciata da Baladin (la magnifica “ale” ambrata alla castagna essiccata è regalo del disponibilissimo “Scarampola” di Millesimo, grazie Flibus!), dall’altro la prescinsêua, il Sarazzu® e il San Sté, stagionato 4 mesi, del caseificio val d’Aveto. Il pubblico affolla i posti in sala, incuriosito, e con piacere intravvedo persone di tutte le età, compresa una mia giovane corsista di Genova. La cagliata, la ricotta stagionata due settimane e il San Sté (monumento valligiano a latte crudo) compongono un orologino d’assaggi davvero niente male, cui la “Nivura” affianca sorsi appaganti che richiamano i tecci di Calizzano e Murialdo.
Si conclude domenica alle 13.30 con “Basilico, dal pesto al lardo”, in compagnia delle aziende “Crêuza de mä” di Arenzano, la quale propone un pesto, perfino in versione surgelata, in nulla inferiore – credimi – a quello che, fratello lettore, con ogni cura ti prepareresti a casa nel tuo mortaio, e “Salumificio Chiesa”, il quale ha di recente meritato le 3 fette della guida ai salumi italiani, redatta dal Gambero Rosso, per il lardo al fresco basilico genovese DOP, fetta suina padana profumata di Liguria (ma circa quest’eccellenza trovi già un post su Ligucibario®). All’ingresso consegno al pubblico la ricetta del “battuto alla genovese” di Giobatta Ratto, cuciniera del 1863, che commentai in un mio lavoro apparso nel 2011, “Viaggio in una cucina dell’Ottocento. Da Giobatta Ratto ai food blog”, giusto per far notare le (molte) somiglianze e le (poche) differenze fra quel passato e questo presente, circa una ricetta che non a caso fonde tradizione e modernità, restando sempre attualissima.
Durante i 3 eventi ogni relatore – Emanuela e Raffaella Bocchia, Antonio Le Rose, Marina Peirano, Guido Ghiringhelli… – regala via via alla platea qualcosa di sé, i propri valori, i progetti, gli entusiasmi, persino le timidezze, legittime quando all’improvviso ci si ritrova dinanzi un uditorio così partecipe e consapevole. Queste imprese, vive e innovatrici, sono prima di tutto il ritratto di coloro che le guidano, ed io mi auguro che tanto impegno incida un segno duraturo (per l’economia ligure e non solo) dentro questo tempo disagevole. Questo ritratto è anche nelle belle foto dell’Album che trovi cliccando qui.
Finalborgo, arrivederci al 2015, non mancheranno certo gli argomenti, vista la concomitanza dell’Expo milanese (nutrire il pianeta, energia per la vita)… Quanto a me, qui non mi resta che ringraziare Nicola C, Giovanna F, Daniela L, Virginia & Attilio, Raffaele C, Ettore & Anna, Maurizio & Franca e – last but not least! – le dottoresse Ravera e Ioghà (Azienda Speciale) e il dottor Bonaccorti dell’ente camerale savonese, che hanno contribuito, con cortesia ed efficienza, all’ottima riuscita degli eventi.
P.S. per turisti e gastronauti: ho pernottato all’hotel “Medusa” di Marco Marchese, garbatissimo 3 stelle – con positivo breakfast – proprio di fronte al mare. Ho piluccato cose sfiziose alla tipicissima “Osteria del ventitré”, e cose molto molto sfiziose all’elegante “Mammamia” (complimenti per la lievitazione degli impasti). Tutto, beninteso, in centro di Finalmarina, quasi pieds dans l’eau. A Finalborgo ti segnalo inoltre, meritoria novità, il Bistrot Antico Pozzo: il loro tagliere di salumi e formaggi ha creato in Luisa chiare dipendenze psicofisiche, specialmente il selvaggio erborinato di pecora di Larzac, ma non trascurare (se il mercato del giorno li ha consentiti) alcuni piatti della memoria, dal brandacujùn al minestrone alle trippe assai ben accomodate…
Bell’articolo…bella pubblicità per Finale e soprattutto
per il borgo….peccato essersi dimenticata di citare
Gli assaggi e i laboratori sul chinotto,agrume tipico
Solo del nostro territorio…
Buongiorno Alice e grazie per il commento al post dedicato ai tre incontri “A Tavola con CNA” che abbiamo svolto a Finalborgo#. Non è stata una dimenticanza, ma una scelta “obbligata” – come citare tutti gli eventi e le tipicità che hanno affollato il Salone?… Buona giornata da Ligucibario
Salone Agroalimentare Ligure : il report delle 3 deguconversazioni promosse da Cna Liguria e guidate da Umberto… https://t.co/ZqojinnUWX