23 ott 2024  | Pubblicato in Ligucibario

Guelfi e ghibellini (la crisi di Savona) 2

la darsena di savona

la darsena di savona

Savona… All’inizio furono due SWOT analysis, richiesteci nel 2019 dalla Camera di commercio delle Riviere liguri, sulla Processione del venerdì santo e sulla Cappella Sistina, analisi che pensammo essere “preludio” ad altro, ma così non accadde.

Poi vi fu un convegno nel quale Luisa ed io non fummo coinvolti, i cui soli “esiti” parvero – da quel che lessi, e su cui ora certamente non mi dilungo… – l’ipotesi di installare un cartello “promozionale” in autostrada e di rendere a pagamento l’ingresso al Priamar (personalmente, reputo del tutto inutile la prima e del tutto dannosa la seconda).

Successivamente intervenne la candidatura a “Capitale italiana della cultura 2027” (investimenti per 6 milioni, che negli auspici dovrebbero produrne 70 d’indotto turistico…).

Ed infine – da alcuni giorni – apprendo sui quotidiani la candidatura anche della Spezia (stesso investimento), che “contrarierebbe” Savona, tanto più che avviene in periodo elettorale (il 27 e 28 ottobre dopo l’arresto e la caduta di Toti si vota per la Regione). Le due giunte sono fra l’altro di colore politico diverso.

Savona, tra crisi e senilizzazione

Nel frattempo, con mio grande dispiacere visto che la adoro, Savona – coi suoi straordinari patrimoni ma al contempo una crisi ed una senilizzazione implacabile – continua a latitare dagli atlanti turistici, tanto che perfino una content writer (savonese) molto attiva scrive: “Ma cosa c’è da vedere a Savona? A Savona ci sono le spiagge? Ne ho sentito parlare, passavo in autostrada per andare a Noli… Queste sono solo alcune delle frasi che, da local, mi sono sentita rivolgere quando mi è capitato di parlare con conoscenti di altre regioni riguardo Savona, quel capoluogo spesso sconosciuto e “anonimo”, messo in ombra da perle della sua provincia come Alassio, Noli, Varigotti, Finalborgo, tanto per citarne alcune. Così, pochi si chiedono cosa vedere a Savona e la considerano come una “città portuale e industriale”, zona di mero passaggio…”

Savona la città della Tirreno Power? Eppure no, se trovo ad accogliermi ogniqualvolta mi ci reco la darsena e le torri, il Priamar, i carruggi e i palazzi del centro storico, i musei, il teatro intitolato a Chiabrera, i suggestivi santuari e conventi, le ville e le fortificazioni, le tradizioni fra cui sua maestà la ceramica, gli echi del liberty e del futurismo (e delle litolatte), la gastronomia coi suoi deliziosi finger food, farinata bianca e fette di panissa fritta…

Tuttavia, come ben sa chi pratichi il mio mestiere (marketing ed enogastronomia), il territorio è come un hardware, il quale non può funzionare senza un software di capacità specifiche. A Savona sono evidentemente scarseggiate specifiche professionalità, formatori, managerialità – come si suol dire – future oriented, e capaci di traghettare la città verso scenari di riqualificazione, internazionalizzazione, coesione, indispensabili per affacciarsi al proscenio https://iris.polito.it/retrieve/e384c42e-211d-d4b2-e053-9f05fe0a1d67/MC%20e%20SLS.pdf. In àmbito turistico, un decennio equivale ormai ad un’era geologica, e i segmenti di domanda tendono sempre più a prefigurare e modellare il viaggio già online, acquistando esperienze immersive, sensoriali, ad alto tasso di relazione con gli abitanti e le quotidianità visitate…

007Oggi, analizzando con serietà, e senza il pregiudizio, studi accademici e report statistici di varia natura, circa Savona il quadro complessivo mostra ombre assai più che luci.

Nel 2013 un ottimo saggio interdisciplinare, “Crisi di una città. Savona tra la fine dell’industria e il neoliberismo” (ed. Cappello), aveva già sottolineato i traumi di un passaggio epocale mal gestito, fra le mille contraddizioni di un modello di sviluppo funesto: cemento e consumi di suolo, enfasi sul turismo e sul cosiddetto terziario avanzato, crollo demografico, regresso industriale, stasi economica e via via dinamiche di polarizzazione delle classi sociali.

Savona viene così definita una città “improduttiva” poiché almeno dagli inizi del nuovo millennio non crea valore aggiunto dalle fonti primarie e secondarie della semplice produzione seriale di merci (industria, agricoltura, costruzioni). L’ultima sua “competitività” autentica risalirebbe in tal senso al dopoguerra…

Oggi per qualità della vita è posizionata in basso, al 59mo posto – scendendo di 6 rispetto all’anno precedente – nella graduatoria nazionale redatta da Il sole24 ore, e riprenderò un attimo tale aspetto nell’ultima frase di questo pezzo.

Si noti che il censimento del 1971 vi aveva conteggiato 80mila abitanti, oggi ridotti a 58.500 (-3,7% rispetto al 2012), internamente ad un trend calante che da almeno 25 anni pare proseguire spedito. Le cause di solito vengono soprattutto imputate allo sgretolamento del modello produttivo creatosi negli anni ’60, che aveva costituito il fattore determinante per la crescita dell’urbanizzazione.

E si è assistito negli ultimi anni, last but not least, anche ad una desertificazione dei negozi (quasi 300 le saracinesche chiuse in 10 anni) e dei bar (quasi 70), da dati Confcommercio e Centro studi Tagliacarne. Si tratta peraltro di chiusure in molti casi “definitive”, anche per mancanza di ricambio generazionale. Affitti in crescita, pressione fiscale e aumento dei costi energetici stanno del resto provocando – non solo a Savona – un’ecatombe in molti centri storici e aree di pregio (si rischia fra un paio di decenni l’irreversibilità, e l’insediamento delle mega-superfici). Non a caso, per Genova ho letto con interesse un decalogo di interventi proposti da Fabio Ceraudo.

La pesante crisi socioeconomica, peraltro, sollecita a Savona urgenze anche di nuovo segno (legate a solitudine esistenziale, crisi relazionali, consumo di psicofarmaci antidepressivi…) per la peculiare demografia cittadina, la quale presumo compartecipi ad alcune metropoli giapponesi – Kyoto, Osaka – il record dei cluster più anziani, e parallelamente vede i giovani migrare, per via anzitutto del lavoro precario e del costo della vita. E a Savona, inoltre, stanno aumentando la povertà relativa e la povertà assoluta (se la prima non impedisce di sopravvivere, comunque impedisce di fruire di molti beni e servizi). Il quadro – più ad ombre che luci – da me tracciato è un mix di dati e riflessioni che chiunque, con un minimo di acribia, potrà trovare sul web.

Parlare di turismo a Savona richiederà dunque “contestualizzazioni” ben precise. Rammentando che il turismo non è una panacea, e che, dove la qualità della vita è bassa, anche l’esperienza turistica rischia di venir penalizzata (insomma, i passaparola positivi, in un’era “virale” come questa, occorre guadagnarseli e poi confermarli).

Umberto Curti
umberto curti

2 thoughts on “Guelfi e ghibellini (la crisi di Savona)

  1. Commenta maurizia ott 30, 2024 14:34

    La candidatura di Savona a capitale della cultura mi ha sorpreso favorevolmente anche se penso che la città in cui vivo abbia fatto poco da sempre per essere valorizzata e sicuramente i problemi da affrontare siano altri. Tantissime volte mi è capitato di essere fermata da turisti provenienti da Costa Crociere che, smarriti, mi chiedessero cosa c’era da vedere a Savona. In genere li invito a visitare la Pinacoteca e il Museo della Ceramica : io stessa ho accompagnato in visita di Milano che ne sono rimasti entusiasti e meravigliati, peraltro tanti savonesi ignorano questi “tesori” della loro città: a questo riguardo penso che la scuola potrebbe fare molto. Sono assolutamente d’accordo su quanto dici nella parte finale relativamente al fatto che il turismo non è la panacea come tu ben dici. La crisi economica è pesante ancor più lo è in Valbormida dove tanti savonesi lavoravano e molte aziende hanno chiuso. Ancor più grave è la crisi sociale che sta flagellando la nostra città insomma bisognerebbe iniziare a lavorare “dal basso”. Sapessi quante persone si vedono alla Caritas a ritirare pacchi alimentari e questo è veramente doloroso. Onestamente mi augurerei che Savona venisse scelta quale capitale della cultura nel 2027 anche se, oltre La Spezia, ci sono altri 15 candidature ….Vedremo se tutti quei soldi che verranno spesi porteranno comunque qualche beneficio a Savona anche se non verrà eletta capitale della cultura.

  2. Commenta Rosangela ott 25, 2024 18:07

    Complimenti triste ma realtà

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