Guglielmi, Libereso. Fu un botanico bordigotto, innovatore, vegetariano, scrittore, pacifista…, nel caso di Guglielmi è difficile privilegiare una definizione rispetto alle altre. Il suo nome, Libereso, fu un’idea del padre, anarchico tolstoiano, e studioso di esperanto, che chiamò l’altro figlio Germinal. Quindicenne, nel 1940 fu convocato da Mario Calvino alla stazione sperimentale di floricoltura di Sanremo, dove conobbe Italo, figlio di Mario (ed Eva Mameli) e fratello di Floriano, di cui divenne sodale (tanto che Italo lo pose a centro scena del racconto Un pomeriggio, Adamo, edito da Einaudi nel 1949). In quegli anni s’innamorò anche di una cameriera factotum, Maria Nunziata, salita a Sanremo dalla Calabria, cui Libereso donava – senza tema di sbalordirla – ora un rospo, ora una biscia, innamorato com’era prima di tutto della natura, degli animali, degli insetti, della vita, che gli strappava sorrisi e gli donava pace. Lavorò alacremente, ed era uso dire «A Floriano e Italo non interessava il lavoro dei genitori e io facevo quello che Mario avrebbe voluto facessero i figli». Dopo varie, feconde esperienze in giro per il mondo, e l’unione con Sheila che gli diede due figli, a fine carriera (nella seconda metà degli anni ’80 del Novecento) poté pienamente dedicarsi – benché vivendo in modo frugale e quasi eremitico – alle attività di divulgazione, con notevole successo mediatico. Ha lasciato anche sfiziosi ricettari, in cui le piante sono ovviamente protagoniste, con la loro leggerezza e i loro profumi (rose, agrumi, capperi…). Assaggiava del resto ogni cosa, per lui non v’era pianta in Riviera che non fosse commestibile, ed era capace di scovarne persino tra i brutti palazzi e le costruzioni abusive che via via avevano scempiato Sanremo… Ci ha purtroppo lasciati nel 2016, raggiungendo Nino Lamboglia, Nico Orengo, Francesco Biamonti, Lucetto Ramella…
Umberto Curti