Leggevo nella bottega di un amico-gourmet un numero del periodico trimestrale “Il gastronomo. Rivista di letteratura gastronomica”, esperimento editoriale che il sommo Luigi Veronelli – ebbi la fortuna di conoscerlo – avviò attorno al 1956 (un anno per lui fertilissimo), e che quindi diresse. Costava 300 lire.
Lo stesso Veronelli motivava a posteriori quel progetto su “Panorama” di gennaio 1981: “Quando, 1956, pubblicai, alcuni mesi dopo Il Pensiero rivista di filosofia teoretica, Il Gastronomo rivista di gastronomia, non ebbi il minimo imbarazzo. Che è la gastronomia, infatti? Un atto del giudizio, teso a separare, nel campo degli alimenti ciò ch’è buono da ciò che buono non è”. Il fine del magazine consisteva quindi, implicitamente, nel tutelare e promuovere la qualità delle agricolture e delle viticolture, anche tramite l’analisi delle politiche nazionali e tramite l’individuazione e la valorizzazione di prodotti autenticamente tradizionali, custodi e ambasciatori della biodiversità, che Veronelli già definì “giacimenti gastronomici”…
Della rivista furono pubblicati 26 numeri, pochi ma non pochissimi, capitalizzando retroterra culturali immensi, e alla fine lasciando un vuoto dietro di sé. Semplice era la veste, pochissima la pubblicità (e zero le cortigianerie) onde rimanere il più possibile indipendenti ed evitare redazionali camuffati da articoli, e – last not least! – raffinate le citazioni e le ricette. Beato dunque chi ne collezionò le annate o chi ancora ne possiede e/o ne trova, magari ai mercatini dell’antiquariato…
Pensavo a quanto manchi, (anche) in Liguria, uno strumento del genere, autonomo dalla vendita di spazi e autonomo negli approfondimenti. Che sapesse narrare le eccellenze ma anche quei borghi e produttori che – per varie ragioni, fra cui quella “dimensionale” – non possono permettersi di guadagnare la scena mediatica, e sono tanti, anzi la maggior parte, casari pescatori salumieri mugnai… Uno strumento, ove necessario, militante, dove riunire firme prestigiose (qualche idea l’avrei * …) dalle varie discipline – storia, antropologia, biochimica, enogastronomia ecc. ecc. – e proporre valori di impegno e partecipazione, tanto più oggi che l’umanità sconta un antropocene catastrofico. Uno strumento, per concludere, dove libertà di opinione e di espressione, e diritto di critica e di cronaca, fossero – come accade da tanti anni su Ligucibario® – imperativi categorici.
Non so se, visti i tempi correnti e le pagine di carta sempre più in crisi, si tratterebbe di una sfida sostenibile. Ma certo, in senso ideale, varrebbe davvero la pena di affrontare temi (Veronelli si schiererebbe dalla nostra parte) quali cambiamento climatico, oligopoli, OGM, glifosato, contraffazione alimentare, Italian sounding, grani antichi e grani “industriali”…
Io scrivo da Genova, la periferia dell’impero, ove tutto giunge tardi – se giunge – e attutito, e pertanto non nutro ormai soverchie illusioni.
* in ordine alfabetico per cognome: Franco Arminio, Dario Bressanini, Ulderica Da Pozzo, Sabrina Giannini, Ina Macaione, Luca Mercalli, Jonathan Nossiter, Paolo Piacentini, Sveva Sagramola, Annibale Salsa, Richard Sennett, Armando Sichenze…
Umberto Curti