6 dic 2024  | Pubblicato in Ligucibario

Il Dizionarietto GAE di Umberto Curti (3)

per gae

 

 

 

 

 

Il Dizionarietto GAE di Umberto Curti, per i corsi presso ente F.Ire di Genova.

Repertorio di termini e concetti ad uso degli allievi dei corsi GAE.
Per approfondimenti si raccomanda anche la richiesta all’editore (link qui) del mio saggio “Sostenibilità e biodiversità. Un Glossario” (2023), che verrà spedito (gratuitamente) in formato pdf…
Si suggerisce inoltre agli allievi l’uso di una buona cartina regionale, così da georeferenziare ove necessario quanto segue.

 

Parte 3 (di 15)

Canissi: sono gli essiccatoi (da castagne) in valle Arroscia (IM)

Cantamaggio: rituale d’ascendenza pagana (come molti altri con cui la Chiesa nelle aree rurali dové confrontarsi), detto anche Calendimaggio, festa anzitutto musicale con cui tra il 30 aprile e il 1° maggio si festeggia l’atteso arrivo della primavera, in contrapposizione anche astronomica all’autunnale e mesto giorno dei morti. Quanto al “piantar maggio”, in varie località un albero, simbolo antropologico di fertilità, prelevato nelle campagne, anzi “trafugato” dai giovani del paese, viene tagliato e portato nella pubblica piazza. Spogliato da fronde e corteccia, viene integrato nella parte alta con un ramo di ciliegio fiorito, a simboleggiare il matrimonio tra gli alberi nonché l’unione carnale con cui i fanciulli s’iniziano alla vita adulta. Successivamente viene talora legata, nella parte più alta, una bandiera, forse antico ricordo degli alberi della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità, che tra la fine del ‘700 e l’inizio del secolo successivo venivano innalzati in ogni luogo dove arrivassero gli entusiasmi della Rivoluzione francese…

Cantieri navali e maestri d’ascia: vedi artigianato

Capacità di carico: è originariamente lo standard ottimale di afflussi, secondo WTO (2000), che il luogo può reggere in relazione alla quantità di residenti, la geomorfologia, la disponibilità d’acqua, le strutture ricettive, i servizi (finanche arrivando, secondo alcuni consulenti, al numero chiuso e ai ticket, alle zonazioni e alle card…). Già secondo il docente di turismo George Doxey (1975), l’affollamento che violi lo spazio personale si configurava come una minaccia per l’individuo. Questo può spiegare quegli incidenti che accadono soprattutto d’estate nei ristoranti, supermercati, locali, negozi. Il punto critico oltre il quale scaturisce la conflittualità sociale è stabilito in primo luogo dalla distanza culturale ed economica presente tra i due gruppi, seguito dalla rapidità e dall’intensità dello sviluppo turistico stesso… Il concetto di Capacità di carico turistica è stato definito e approfondito già dal 1980 in un Congresso dell’AIEST (Associazione internazionale degli Esperti Scientifici del Turismo) tenuto a Palma de Maiorca sul tema “I limiti del turismo”. Una successiva iniziativa, alla quale è interessante far riferimento per le sue implicazioni di verifica operativa, fu il modello ECOMOST, promosso dall’IFTO (Federazione Internazionale dei Tour Operators) e presentato in Italia dalla CIT. Il modello, studiato per l’isola di Mallorca (Spagna) e successivamente testato sull’isola di Rodi, rappresentava una applicazione complessiva dei principi del “turismo sostenibile” ad un contesto concreto. Gli studiosi Alessandro Costa e Jan Van der Borg nel 1989 hanno inoltre costruito un format di progettazione lineare che permette, ipotizzando una massimizzazione dei profitti in virtù del numero di visitatori, di definire la capacità di carico della destinazione nelle sue diverse e complesse componenti. Fisico-ambientale, oltre la quale si determina il depauperamento di giacimenti, arenili ecc.; sociale, oltre la quale si innescano problematiche fra turisti e residenti; economica, oltre la quale si produce un massiccio scadimento delle qualità esperienziali; economico-sociale, oltre la quale l’utilizzo turistico massificato obnubila e cannibalizza le altre attività locali (tale fenomeno si contestualizza non di rado nelle località iper-mature quanto a lifecycle del prodotto, e là dove la tipologia di target è più invasiva/pendolare). A tali tipologie si sovrappongono la capacità portante fisica (ad es. numero di persone che possono percorrere un arenile senza danneggiarlo), la capacità portante biologica (ad es. numero di sentieri che è possibile aprire al pubblico in un dato contesto senza arrecar danni a flora e fauna), la capacità portante estetico/culturale (ad es. numero di persone che, fruendo di una risorsa, ne traggono le soddisfazioni attese), la capacità portante complessiva (l’attività umana che può esser praticata, con piena soddisfazione degli utenti, senza corrompere le specificità che la contraddistinguono).

Caproni, Giorgio: celebre poeta novecentesco (e di professione maestro di scuola), è oggi seppellito nell’appartato cimiterino di Loco di Rovegno, in Val Trebbia, lungo quella “route” n.45 che dal Genovesato viaggia verso Bobbio, con la splendida abbazia colombaniana, e poi Piacenza. La “route” è come noto un nastro affiancato da bei boschi, dove hikers, bikers e centauri si incontrano, anche in cerca via via di rifugi, piccoli musei, osservatori astronomici, buone trattorie…, dove testare in primis la pasta e fagioli, i tegami di funghi e patate, i canestrelli con farina di castagne. Gusti rurali un po’ liguri un po’ emiliani che sfidano il passare del tempo. Livornese (vi nacque nel 1912), Caproni raggiunse Genova – prima che la Val Trebbia – da bambino. La sua vena letteraria ci ha consegnato molte poesie emozionanti, alcune traduzioni anzitutto dal francese (fra cui il “maledetto” Louis Ferdinand Céline, 1964), ed inoltre testi in prosa e saggistica. I versi si dipanano dagli anni ’30 dentro raccolte essenziali, “Come un’allegoria” (1936), “Cronistoria” (1943), “Stanze della funicolare” (1952), “Il passaggio di Enea” (1956), “Il seme del piangere” (1959). Producendo una poetica di tono familiare, quasi diaristico, ma di qualità compositiva perfetta… Qui e là balena con frequenza l’intento insopprimibile di esplicitare la quotidianità delle opere umane dentro il tempo, dei luoghi e dei ritmi rurali (quasi un dipinto divisionista?), delle persone amate con cui spartire l’esistenza. Anno dopo anno, si consolida così quel coraggio di vivere lontano dagli insensati clamori, qualche volta velato da inquietudine, quella “decenza” che Caproni tratteggiò con trasporto fino alla maturità anagrafica e artistica, inquilino di un mondo che dapprima la seconda guerra mondiale (Caproni operò nella Resistenza) e poi, malgrado le aspettative, purtroppo anche il dopoguerra avevano scosso e inaridito. Gli atti di guerra affiorano appassionatamente ne “Il passaggio di Enea”, ma la spaccatura, lo smarrimento, il disagio si sentono anzitutto nella migrazione da format di scrittura esemplari, “auliche”, ad es. il sonetto, a metriche invece quanto mai spaccate, turbate, inusuali, sintomo di un mal dell’animo che deve fronteggiare giorni sempre più indecifrabili. Affiora fortunamente il concetto “metafisico”, e però quotidiano, del riparo: è tale ad es. il panoramico ascensore di Castelletto a Genova che – sorta di percorso esistenziale – saprebbe forse ascendere il paradiso; è tale la Val Trebbia in cui ancora è concesso di abitare contenti, nella semplicità, e – come detto – lontano dagli insensati clamori; è tale il mestiere di maestro elementare nelle aule di Loco, respirando da vicino la dolce spontaneità dei bimbi; e, certo non da ultima, è tale la presenza della moglie (di nome battezzata Rosa, ma Rina nel poetare di Caproni), una donna tenace, che protegge… Caproni morì a Roma nel 1990. Una targa commemorativa nella natìa Livorno lo definisce “poeta delicato e forte”. E in Liguria, da alcuni anni, gli è dedicato a Montebruno e dintorni quel Parco culturale che consente al visitatore consapevole alcune tappe letterarie ed escursionistiche di notevole significato. Il libro-itinerario che qui consiglio è dunque Pagliani-Marcarini, Route 45: la val Trebbia. Una strada tra civiltà e paesaggio, ed. Diabasis, Stradello S. Girolamo (PR), 2009.

Carabinieri forestali: reparto “nato” dalla discussa dismissione – decreto Madia 2015-2016 – del Corpo forestale dello Stato. E alla Guardia di finanza, in estrema sintesi, si sono trasferiti i compiti del soccorso alpino, ai Vigili del fuoco i compiti antincendio. La dismissione provocò non a caso innumerevoli critiche e proteste. Occorre tener presente che, oggi più che mai, in un Paese attento alla sostenibilità la prevenzione e repressione degli ecoreati richiede organici e mezzi imponenti.

Carrareccia: percorso creato/utilizzato per il passaggio di carri (agricoli)

Cartografia: in estrema sintesi, disciplina che riunisce le competenze utili a rappresentare su supporti piani (carte geografiche) o sferici (globi) le informazioni – caso per caso secondo finalità – geografiche, statistiche, demografiche, economiche, politiche, culturali…, relative allo spazio preso in considerazione; a tale disciplina dunque competono il taglio delle carte, l’uso dei simboli, della scala e delle proiezioni con i relativi calcoli, la frequenza e la scrittura dei toponimi, ecc.

Cascola: si dice dell’oliva caduta. Oggi, poiché a terra si ricoprono rapidamente di batteri e muffe, qualora si produca olio di qualità tali drupe non vengono più assolutamente impiegate per la spremitura

Caselle, casoni: antiche costruzioni rurali in pietra, sovente tonde, a riparo dei pastori/del bestiame/del fieno, ecc. (Balestrino (SV), val d’Aveto…)

Castagno: una delle essenze più “identitarie” della Liguria (sebbene verosimilmente non la più diffusa in senso quantitativo), un albero infatti – non a caso albero del pane – su cui poggiava e poggia tanta cultura appenninica. Inoltre, come per il maiale, anche del castagno (l’erburu per antonomasia) non si buttava via alcunché, ed il legno (assai tannico) serviva per staccionate, scandole, attrezzi…

Castellaro: insediamento-difesa, su alture, degli antichi liguri, che consentiva economie agro-silvo-pastorali. Forse in Liguria il caso più meritevole di approfondimenti è quello di Zignago (SP), tra il monte Dragnone e il monte Fiorito, dirupata rocca naturale a vedetta dei transiti sottostanti…

Ceduo: si dice di bosco da taglio. Il legno continua tuttora ad essere “industria” apprezzata (auspicando sempre validi controlli da parte dei Carabinieri forestali…), e la clientela è rappresentata anche dalle pizzerie, con forni assai affamati. Legno, pellet e cippato hanno ovviamente prezzi e prestazioni differenti, rispondendo a differenti esigenze.

Cengia: sporgenza pianeggiante che interrompe una verticalità rocciosa e permette spostamenti trasversali, utili anzitutto ai climbers…

Ceramica: vedi artigianato

Chibi: sono così chiamati i vicoli, i carruggi, di Pigna (IM)

Ciabòt: cascinale, in piemontese

Ciaspole: calzature “racchettoni” le quali, fissate sotto lo scarpone, consentono di “fluttuare” (galleggiare senza sprofondare) procedendo su neve fresca e, grazie ai ramponcini metallici della suola, consentono anche di non sdrucciolare su quella più compattata. Procedere su ciaspole è tuttavia, in genere, molto faticoso.

Per info sui corsi, ente F.Ire, piazza G. Matteotti 2/3b, 16123 Genova, tel. 010 9820702, formazione@entefire.it

Commenta