In questi 15 anni sono proliferate, quasi al pari dei foodblog (scrivo “quasi” in quanto l’investimento economico è ben diverso…), le scuole di cucina. Anche a Genova e dintorni tanti hanno via via proposto di pestare basilico nei mortai, di preparare sacerdotali Pasqualine, di convertirsi a veri (anzi verissimi) pandolci…
Grazie ad un elenco che avevo redatto non proprio ieri né ieri l’altro, bensì più indietro nel tempo, oggi presumo (perché quantomeno online non se ne trova più traccia concreta) che della quindicina di scuole di cucina attive a quel tempo a Genova e dintorni siano sopravvissute praticamente solo una quaterna, di cui una, peraltro, molto valida, che ha saputo – e mi felicito – consolidare nel tempo la propria reputazione. Si badi che, fra quelle che hanno chiuso i battenti, alcune erano state “avviate” da cuochi professionisti talora non del tutto sconosciuti. In alcuni casi, infine, quelle che hanno chiuso sono state “rimpiazzate” da new entries.
Questo dato cosa rivela, anche in termini di “marketing”? Semplicemente che l’offerta (sia essa rivolta ai cittadini, o ai turisti domestic/stranieri) al momento supera la domanda, c’è un confuso sovraffollamento, e quindi non pochi start-up via via non reggono il peso congiunto dei costi e della pressione fiscale… A ciò si aggiungano gli scossoni progressivamente dovuti alla difficile congiuntura, alla pandemia… Genova, poi, è città bellissima ma ancora incompiutamente turistica, e gli arrivi incoming non sono in toto orientati verso food experiences.
Sovente, occorrerebbe quindi muoversi programmando più miratamente l’avvio e le strategie d’impresa…