Un buongustaio ligure, ma anche un “forestiero”, non può sottrarsi ad un quesito tanto più pressante quanto più, e meritatamente, il pesto di basilico sta divenendo ormai una delle salse più celebri al mondo… Che vini avvicinare a questa meraviglia dell’ingegno umano?
Del pesto, chi segue Ligucibario può recuperare sia la storia, sia la ricetta oggi più “consolidata”, onde scoprirne tutte le caratteristiche e beneficiare di alcuni consigli per non sbagliar mosse nella preparazione e nell’assaggio (e anche nell’acquisto).
Il pesto è una salsa a crudo, vegetalissima nel senso che esso realizza il proprio miracolo grazie all’aromaticità del basilico, alla grinta dell’aglio (il pesto senz’aglio è una caricatura da palati distratti) e alla nota gentile dell’extravergine. I pinoli dolci e i due formaggi parmigiano e sardo completano, col sale grosso (salsus, -a, -um deriva da sale), l’opera dello chef così come della casalinga e dell’appassionato.
Si accennava alla grinta dell’aglio, proprio l’allicina pungente – e gli oli essenziali delle foglioline di basilico – rendono impossibile un matrimonio coi vini rossi, portatori di un urto polifenolico che svilupperebbe in bocca amarore, sensazioni di metallico.
Come noto, fra le teorie dell’abbinamento cibo-vino quella per territorialità occupa talvolta uno spazio significativo, suggerendo per cibi di un luogo vini del medesimo luogo, da vitigni in genere autoctoni (salumi dell’Emilia e vino Lambrusco, prosciutto crudo San Daniele e vino Collio Ribolla Gialla, tagliata di chianina toscana e vino Chianti, spaghetti con la bottarga e vino Vernaccia di Oristano…).
E’ la saggezza della tradizione, che tuttavia non di rado si lega all’abbinamento per contrasto e per stagionalità.
Così, al pesto sarebbe bene abbinare il Pigato (DOC riviera ligure di ponente) e in subordine i Vermentini, che viceversa sono diffusi su 4 DOC liguri e che risulterebbe interessante sperimentare anche nelle versioni sarde, toscane, còrse, finanche piemontesi (Favorita)… Il Vermentino è infatti un vitigno che ha molto “viaggiato” fra Asia Minore, Spagna e Francia.
Questi tipi di vini secchi vanno apprezzati giovani, al meglio dei loro profumi delicati, e serviti freschi a 10-max 11° in calici a stelo alto. Ricordano i tempi in cui la Liguria si colorava d’agrumeti, odorava di timo… Le bottiglie migliori riveleranno vini avvolgenti, complessi, di convincente sapidità e persistenza. Intense, sempre, le note erbacee, con fiori e frutti, sino talora alla sorpresa dell’anice, al miele e al bosco.
Fuori Liguria, ti suggerirei alcuni Sauvignon, alcune Malvasie, finanche alcuni Riesling, ma queste potrebbero esser bellissime esperienze da individuare insieme, con calma…
Santé!
Umberto Curti, Ligucibario