14 lug 2014  | Pubblicato in Liguvinario · Liguvinario racconta

L’Enofilo Principiante 2. Il perchè di un corso sul vino

degustazione vino con appunti

Qualche tempo fa, un mio contatto su Facebook ha postato la richiesta di un consiglio per la scelta di un vino da regalare a dei suoi amici del Nord Europa e suonava più o meno così:

sapete consigliarmi un vino non troppo dolce, ma neanche amaro, e abbastanza fresco?

Sconcerto. Lì per lì, sul momento, la mia fantasia di cinico osservatore delle dinamiche social mi ha presentato l’immagine di un enofilo “serio”, di un purista estremamente disgustato, intento a cliccare con violenza per bannare all’istante il contatto in questione, reo di aver postato una domanda vaga e scorretta nei termini.

La mia coscienza enoica, invece, ancora in formazione, ha scelto un’altra strada. L’Enofilo Principiante ha sì, vigliaccamente scelto di non rispondere alla richiesta d’aiuto, ma ha rimuginato per un bel po’. Perchè, nel mare di effimeri di FB, un post di tal genere costituiva un raro spunto di riflessione per uno che nel mondo del vino ha appena cominciato a studiare e che  da lì ha poco avrebbe giusto avuto bisogno di qualche tema interessante da proporre sulla sua rubrichetta (pragmatismo!).

Vediamo un po’…prima di tutto, nella richiesta del mio contatto e dei suoi amici bretoni, incuriositi da fermentazioni altre rispetto a quelle di orzo e mele, vi era qualcosa che andava già al di là del sempre funzionale “consigliami un vino buono”. C’era il tentativo di descrivere, dal punto di vista organolettico, un prodotto che si avvicinasse ai propri gusti. I termini utilizzati, poi, non erano scorretti, essendo dolce e amaro due dei quattro sapori, insieme ad acido e salato, su cui è basato l’esame gustativo del vino.
Si tratta di sapori, quindi di quelle sensazioni che vengono percepite dall’apparato sensoriale del gusto, quando determinate molecole trasportate dalla saliva vengono a contatto con le papille gustative della lingua. In pratica -questo è importante- i sapori sono quelle sensazioni che coinvolgono unicamente il cavo orale e la lingua e che sentiamo anche quando abbiamo il naso tappato.

Quindi, restando in quest’ambito sensoriale, potremmo pensare che un vino “non troppo dolce” contenga una quantità di zucchero residuo che non arriva ai livelli di un cosiddetto abboccato (6-20 gr/L) ma neppure sia così bassa dal darci la sensazione di un vino secco (1,5 gr/L), il livello più basso nella scala di valutazione del dolce. Per ora teniamo fermo questo punto.
E l’amaro? Con l’amaro le cose cominciano a complicarsi. È la sensazione che percepiamo soprattutto nella parte posteriore della lingua (il dolce sulla punta) e generalmente dipende, a livello chimico, dalla presenza di molecole chiamate chinoni. Può contrastare il dolce, ma, attenzione, nel vino non è negazione di quest’ultimo (non è cioè mancanza di zucchero), come saremmo portati a pensare, bensì sapore del tutto indipendente. Il problema sta nel fatto che l’identificazione della sensazione di amaro non è così lineare, perchè essa dipende anche da altri fattori rispetto alla presenza dei chinoni, oppure perchè può essere confusa con altre sensazioni concomitanti, legate ad altri sistemi sensoriali.

Eh già. Perchè quando il vino è all’interno della bocca avvengono reazioni chimiche i cui effetti non intervengono esclusivamente sul gusto, ma possono anche scatenare sensazioni tattili e sensazioni termiche o pseudocaloriche! Ma ne parleremo più avanti, non mettiamo troppa carne al fuoco. Per ora ci basta porre un dubbio: e se gli amici bretoni con “amaro” si riferissero, piuttosto che al sapore, a quella sensazione tattile di astringenza, di restringimento delle gengive e disidratazione della lingua, indice della presenza dei mitici tannini? Potrebbe essere, a volte le due sfere sensoriali possono essere confuse. Sempre che si stia parlando di vini rossi.

Infatti, probabilmente ve ne sarete accorti, finora abbiamo cominciato a compiere qualche passo nello specifico, ma scavalcando la demarcazione più macroscopica, quella tra vinificazione in rosso e in bianco, semplicemente perchè chi era bisognoso del consiglio non si era espresso in merito! Tuttavia, come vedremo, degustare un rosso o un bianco significa partire da presupposti diversi che guidano diversamente la degustazione.
Ad esempio, potremmo pensare che in passato i nostri amici abbiano avuto occasione di assaggiare un vino rosso “di struttura” (molto probabilmente adatto all’invecchiamento) e siano stati spiacevolmente colpiti da quel sentore di tostato, di bruciato, che può indicare una maturazione in botte e che normalmente rappresenta un valore aggiunto, laddove equilibra le altre componenti aromatiche dell’affinamento (i cosiddetti aromi terziari), ma risulta esagerato e sgraziato, quando del legno si è fatto strauso e abuso. Anche in questo caso, il “profano” potrebbe descriverla come una percezione “amara”.

Ma aspettate…nei vini bianchi, una punta persistente di amaro in fondo alla lingua può anche derivare dalla presenza della famigerata -nonchè preziosa- solforosa, quindi un componente aggiunto al vino, quando ve n’è un po’ troppa (ma sempre entro i limiti di legge, 200mg/L). In più, se parlassimo di bianchi, potremmo trovare una più semplice spiegazione alla necessità di freschezza, e immaginare un bianco dotato di buona acidità, che contrasti efficacemente la sensazione pseudotermica dell’alcol. E a questo punto, però, perchè non tornare sulla percezione di dolce vista prima? Non è detto che il vino in questione non sia effettivamente più dolce (più zuccheri residui) di quanto immaginato, ma che questa dolcezza sia poco percepita perchè contrastata efficacemente da una buona presenza di acidi….

Fermiamoci. Ho volutamente messo sul piatto tante cose che vedremo più avanti approfonditamente (e quelle che ho imparato sono davvero poche rispetto alla ricchezza conoscitiva che il vino si porta dietro) per mostrare come il semplice gesto dell’avvicinare un bicchiere alle labbra assomigli al rapido materializzarsi di una tela dall’iconografia complessa, potenzialmente grandiosa, dipinta con molteplici pigmenti, una parte dei quali si rifà alla sfera gustativa, l’unica di cui abbiamo parlato oggi. In più, spero di aver dato una risposta implicita, del tutto personale, alla domanda nel titolo di questo capitolo dell’Enofilo. Un corso di degustazione è uno dei passi per formare la propria “educazione al vino”, per costruirsi piano piano un vocabolario e usarlo per catalogare le proprie sensazioni nell’incontro con la bevanda. Significa imparare a scoprire i cosa e i perchè del vino: dare un nome alle proprie percezioni gustative, olfattive, tattili e cercare di capire, in un viaggio a ritroso tra cantina, vigna, produttori, luoghi, tradizioni, perchè si trovino nel nostro bicchiere.

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Diego Portaluppi

Foto by Francesco Zonin / CC BY-NC-SA

 

 

 

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