Quest’epoca presente è matrigna nei confronti dell’artigianato. Minacciato da trend globali, e brutali, il comparto ha subìto nell’ultimo decennio circa 170mila chiusure aziendali. Le cause sono note a chiunque voglia vederle. E non da oggi Ligucibario si occupa del tema, dato che l’artigianato autentico, l’agroalimentare, le produzioni veramente locali, potrebbero giocare un ruolo di prima fila (specie ora che stiamo lentamente fuoriuscendo dal Covid…) nelle proposte di turismo esperienziale. Food&crafts, si suol dire, ovvero risorse in grado di raccontare il territorio, di esprimere genius loci, di coinvolgere l’ospite in attività concrete e relazionali… Ma solo la formazione consentirà finalmente a tante microimprese (sovente a gestione famigliare) di prenderne consapevolezza e dunque cooperare anche all’offerta turistica: conoscenza quantomeno dell’inglese, presenza efficace su web e social media, capacità di storytelling saranno infatti le “nuove” competenze indispensabili, prima che sia troppo tardi, per interagire con la domanda e per fronteggiare la concorrenza. Chi non le aggiornerà, chi non si aggiornerà, resterà purtroppo tagliato fuori.
La Liguria, relativamente all’artigianato, si caratterizza storicamente per alcuni specifici tematismi: il vetro di Altare, la ceramica nella conurbazione Albisole-Savona, la filigrana di Campo Ligure, l’ardesia della Val Fontanabuona, le sedie di Chiavari… Sono molto felice (anche da addetto ai lavori) quando a questi giacimenti “corrisponde” un museo, che narri compiutamente al visitatore italiano e straniero tutti i significati di una creatività che dal territorio trasse nutrimento e al territorio restituì – e restituisce – valore…
Pochi giorni fa, in una domenica d’inizio luglio un poco uggiosa, ho visitato con Luisa il suggestivo “Museo dell’orologio da torre G.B. Bergallo” di Tovo San Giacomo (SV), piazza Canonico Falco in frazione Bardino Nuovo (per informazioni e modalità di visita+39 019 648545 e www.museodellorologio.it). Il prezzo del biglietto è poco più che simbolico. Accompagnati, ma sarebbe più corretto dire “ospitati”, dalla gentilissima Signora Vittoria, abbiamo via via percorso gli spazi – amorosamente ristrutturati – del Museo, che restituiscono momenti di vita quotidiana e professionale legati in primis alla famiglia Bergallo, la quale si distinse nella produzione di autentici capolavori (circa un migliaio sin qui i censiti). Capolavori, gli orologi da torre e campanile, di cui solitamente ammiriamo giocoforza solo la parte “esterna”, visibile, senza tuttavia poter apprezzare i sofisticati congegni e ingranaggi retrostanti. Si rimane davvero sbalorditi al pensiero che, in questa minuscola porzione d’entroterra savonese, dove le vie di comunicazione erano e sono quel che sono, un’impresa poggiasse il proprio business anzitutto sul ferro (della vicina Isallo), e poi sulla capacità di fornire gioielli meccanici a gran parte dei campanili – e torri – del territorio… Una lezione d’imprenditoria artigianale che peraltro in Liguria trova analogie con l’azienda Trebino a levante (Uscio), e che spero venga pienamente fruita da gruppi e scolaresche sempre più numerosi, omaggiando così un territorio bellissimo – in questo caso l’entroterra di Pietra Ligure – che s’apre come un balcone verde sul mare in lontananza, ma sempre vicino coi suoi blu.
Umberto Curti