Mi collego al pezzo sul marketing (link) che ho pubblicato qualche giorno fa, per alcune riflessioni circa lo stato delle attività commerciali a Genova (e in Liguria) e per qualche esortazione che aiuti ad intercettare la ripresa, quando questa malefica pandemia sarà solo un ricordo.
Giusto per fornire qualche dato pre-covid di tendenza, nel 2011, dieci anni or sono, i ristoratori genovesi purtroppo avevano già registrato un calo medio di fatturato del 25-30% rispetto al 2010. Calava anche l’occupazione (-5%) e aumentava il tasso di chiusura delle attività. “Scampavano” in genere a tali dinamiche solo i locali “low cost”, dai 15 euro e dintorni…
Nel 2014, a Genova -3 negozi ogni giorno. L’anno nero era stato sin lì il 2013, un negozio in meno ogni giorno: 573 aperture e ben 938 cessazioni, talora riguardanti anche botteghe – e gestioni famigliari – con decenni di glorioso passato dietro di sé. Ed accadeva sia nei quartieri meno agiati sia in quelli più ricchi, ad es. Nervi (dove abitano professionisti affermati e vip sportivi). Le banche stesse stavano via via cedendo un po’ ovunque, sovente ai cinesi, aperti sempre, e con valanghe di ogni merce a scaffale.
La congiuntura economica, al tempo, non ha che accentuato una crisi indotta a Genova anche dalla flessione demografica e dalla senilizzazione degli abitanti.
Quanto allo scenario regionale, nel 2018 ogni giorno in Liguria 1,5 imprese del settore del commercio avevano chiuso. A perdere il lavoro quasi 15 persone al giorno (Uniocamere Liguria dati congiunturali 2018). Si erano infatti assunte a tempo indeterminato 9.371 persone, a fronte di 14.630 posizioni cessate, dunque 5.259 lavoratori in meno. Il dato di 1,5 imprese chiuse ogni giorno è il saldo tra le imprese del commercio iscritte (1.849) e quelle cessate non d’ufficio (2.379). Genova di fatto aveva visto la chiusura di un’impresa al giorno (0,97). Per il dato lavoratori la fonte era l’Osservatorio Inps sul precariato, categoria commercio all’ingrosso e al dettaglio, (…) servizi di alloggio e di ristorazione.
Nel 2019, infine, circa il commercio Genova si posizionava agli ultimi posti in classifica, con una perdita di 11mila posti di lavoro (dati Cisl) in 6 anni. I dati diffusi rivelavano una perdita di oltre 64mila negozi in un decennio, di cui oltre 400 i negozi del centro storico, area “contraddittoria” ma di pregio in termini di rendite di posizione. Nel 2018, mille i posti di lavoro persi soltanto nel settore commercio.
Personalmente, quando ripenso ai fenomeni recenti cui pur io ho assistito, mi bàlzano alla mente, con malinconia, i casi della Serafina, di Issel, del Bicu, di Berti, della Rinascente (“chiude perché, in una depauperata Genova, non v’è più una classe media che costituisca il target di quel tipo di negozio”), di Gucci, di Mercatone Uno, di Ca’ Puccino, del mercato del Carmine, di Fogliani (Moody e pasticceria Svizzera), della Cartoleria Genovese, della cartoleria De Magistris, di Moda Italo, del Gigante, di Pimkie, di Klainguti, di Scarpe&Scarpe, di Scalinata Borghese oggi forse già “transeunte” verso un sushi-all-you-can-eat, di tante sale cinema… Vicende, e soggetti, peraltro molto differenti fra loro (1).
Uniamo dunque i punti con un trattino: non si tratta della “crisi”, concetto ricorrente ma in qualche modo generico cui imputare ogni difficoltà, bensì di una vera e propria rivoluzione in atto oramai da anni: quella dei consumi, della modalità di acquisto, della distribuzione, della pubblicità, però ancora molti imprenditori – essendo genovese lo sottolineo con ansietà e dispiacere – si irrigidiscono, non riescono a inquadrarla e/o ad accettarla, dunque gli riesce impossibile trovare soluzioni e alternative.
Per me, che con Luisa Puppo da tanti anni mi occupo di marketing e ne scrivo (link), oggi pare sin troppo chiaro, non è il predatore grande che mangia la preda piccola ma il predatore veloce che mangia la preda lenta.
E’ solo la conferma di un allarme lanciato da tempo. I nodi, covid o non covid, stanno purtroppo venendo tutti al pettine. Si chiamano in primis mediocre conoscenza del marketing, indisponibilità a formarsi, inidonea presenza su web e social, e non v’è protezionismo corporativo che possa sopperire.
Chiunque si rende conto che ad un aumento della domanda consegue una crescita dell’offerta, la quale, a propria volta, incrementa aziende e concorrenti (aggressivi) che cercano di indurre/soddisfare al meglio tale domanda. Già negli anni pre-covid il progressivo travaso dei business verso l’online è stato dunque fisiologico, ma vendere via web è come apprendere ad andare in bici: tentando sùbito da soli si rischia di cadere rovinosamente. Con l’e-commerce e i marketplace si rischia di bruciare rapidamente i pochi euro residuati da questi anni di “crisi”. Il nuovo che avanza, con le sue accelerazioni e deregulation, implica aggiornamenti di marketing, digitali, gestionali ecc. specifici.
Domanda delle cento pistole: cosa attendono le associazioni di categoria per riempire finalmente le aule coi loro iscritti? Ora o mai più.
Umberto Curti
(1) Serafina (sott’oli) in via Canneto il Curto chiuse nel 2012 dopo quasi quattro decenni di attività. Issel arredamenti in via Roma nel 2014, dopo oltre cent’anni. La birreria Bicu al Porto antico chiuse nel 2015, dopo 7 anni. Berti, storica boutique di Piccapietra, anch’essa nel 2015. La Rinascente, dopo 58 anni di presenza, nel 2018. Mercatone Uno a Rivarolo e Ca’ Puccino a Piccapietra (quest’ultimo per sfratto Carige) anch’essi nel 2018. La griffe Gucci in via XXV aprile, dopo 9 anni, nel 2019. E così Cartoleria Genovese in via Assarotti (risalente al 1848), cartoleria De Magistris in largo Pertini, e Moda Italo accanto al Ponte Monumentale. Moody in Piccapietra e pasticceria Svizzera ad Albaro anch’essi nel 2019 in seguito al crac Fogliani (ora riaperti). Pimkie in via XX settembre, Scarpe&Scarpe a Rivarolo, il ristorante Gigante di Voltri e lo storico caffè Klainguti in Soziglia nel 2020. Il mercato del Carmine è attualmente chiuso, dopo vari, tormentati cambi di gestione… Aggiorno (settembre 2021) questo post, per aggiungere che via via chiudono anche la boutique Tino’s in Piccapietra, la coltelleria Bet in Galleria Mazzini, la confetteria Lucia in Largo della Zecca…
Ogni giorno assistiamo con sofferenza ed impotenza a questo disagio che sta colpendo tante piccole ed importanti attività . Abbiamo pagato al Covid un immenso e tragico numero di vittime in termine di vite ma anche di attività medio-piccole . Io temo che il Covid abbia accelerato l’acquisto on line già molto avanzato: penso che andremo incontro ad una desertificazione delle città con tante attività chiuse. Vent’anni fa erano le banche che mangiavano le attività pagando affitti stratosferici non alla portata di normali attività , adesso politiche bancarie diverse (incentivazione home banking e riduzione selvaggia del personale) vedono lasciare enormi spazi dove non si aprirà più nulla . Ma il problema, secondo me, è ancora più profondo e antico . Quando finisce un rapporto le colpe non sono tutte da una parte , certo in questo caso la parte più potente ha molte e più gravi responsabilità . Si è andati verso una politica fiscale che ha agevolato i grossi gruppi massacrando il ceto medio . In proposito sto leggendo un libro illuminante sulla politica fiscale USA che già dal titolo chiarisce il contenuto “Il trionfo dell’ingiustizia”…..con la scusa della delocalizzazione si è passati una fiscalità irrisoria per i grossi gruppi lasciando carichi pesanti sui piccoli e medi . Non è possibile per molte attività supportare carichi così pesanti e il risultato è che stanno saltando poco per volta . A questo non c’è rimedio anche perché tutti i politicanti che inneggiano al voler favorire la classe media alla prova dei fatti si inchinano ai potenti . I commercianti dal canto loro hanno anch’essi delle colpe , certo non così gravi, ma ne hanno . Non sono stati capaci ad esempio di fare serie corporazioni per agevolare i loro acquisti : mi diceva tempo fa una commerciante che nei supermercati vendevano le stesse cose che vendeva lei a prezzi più bassi di quanto le pagava lei dal fornitore .Ricordo un fatto di moltissimi anni fa che forse vi avevo raccontato : in una località balneare i titolari degli bagni marini dovevano cambiare gli ombrelloni a seguito di una legge che prevedeva l’adozione di ombrelloni a fusto intero . Una rara amministratrice illuminata si era attivata senza scopi personali presso aziende del settore in modo da ottenere forti sconti se tutti avessero acquistato in una delle aziende segnalate . Si scatenò l’inferno nessuno aderì ed quale importante motivo ? “Io dove va a comprare quello li (il suo collega) non ci vado” E’ anche vero che , specie nella nostra Regione, i vecchi commercianti spesso manifestavano fastidio alla vista del cliente : allora non c’era concorrenza e potevano fare quello che volevano adesso la rotta è cambiata ma è troppo tardi . Aggiungiamo che una volta si apriva un’attività anche senza esperienza ma con umiltà si cercava di imparare : ora non è più così . Se si apre un’attività bisognerebbe oltre a saper “fare” (ma sembra che oggi nascano tutti imparati) avere un minimo di conoscenza del mercato , conoscenze basi di marketing , bisogna studiare e farsi aiutare . Tanti danno per scontate queste cose e reputano di saper loro come fare ma non è così e così assistiamo ad inutili sprechi di denaro(magari risparmi di una vita di anziani nonni )che vanno in fumo . La scuola e la formazione sono basilari ma spesso sono le persone a cui queste rare e meritevoli attività di insegnamento sono rivolte a considerarle solo come una medaglia da mostrare senza farne alcun tesoro .
Una volta un amico mi ha citato un proverbio cinese che ho fatto mio “Chi non ha sorriso non apra bottega” e quanto è vero . Io purtroppo compro moltissimo su internet prima lo facevo quasi per gioco adesso lo faccio per necessità perché non trovo più i negozi che vendono ciò di cui ho necessità però quanto posso lo acquisto nei negozi . Compro da una signora sotto casa mia che ha una piccola drogheria dove sicuramente spendo un po’ di più ma è talmente gentile , ogni volta che mi incontra per strada mi saluta , e per me andare ad acquistare da lei anche solo un detersivo diventa per me un piacere.
Mi scuso se ho divagato un po’ troppo ma avevo voglia di sfogare il mio malessere . Prometto che , se mi sarà permesso farlo, la prossima volta cercherò di essere più concisa .