Ho terminato le docenze nella 4^ edizione del corso GAE Guida Ambientale Escursionistica, presso l’ente formativo F.Ire di Genova. Una felice iniziativa, durante la quale si è – come si dice – lavorato sodo (inevitabilmente nozioni, tuttavia anche format operativi e momenti enogastronomici…), ma ci si è anche scambiati – positivamente – esperienze personali e punti di vista soggettivi. In bocc’al lupo per l’esame di qualifica, che abilita su scala regionale, e soprattutto per il lavoro che attende “in scena” i 12 corsisti, i quali propongono retroterra diversi, e quindi “coloreranno” ognuno con la propria personalità i progetti escursionistici, hiking e trekking, che porranno in essere.
Di solito, quando un docente è lieto di ciò che ha vissuto in aula, sono lieti anche coloro che l’hanno lungamente sopportato… Durante l’ultima lezione sono stato addirittura destinatario di regali, fra cui i deliziosi canestrelli di Elisabetta (una valpolceverasca che sfida Torriglia…) e una “Viticoltura ed enologia nella provincia di Cuneo” portatami da Karl. Grazie, dunque, e davvero, e di cuore (in cambio, e lo sapete, vi aspetto fra qualche mese, miei graditi ospiti, nella faggeta della Barbottina e intorno a qualche tagliere di formaggi dell’alta val Bormida…).
Non conoscevo il libro ricevuto, che propone fra l’altro una grafica magnifica.
Lorenzo Fantini, un geometra di Monforte, compilò tale monografia verosimilmente nel 1879-83, erano gli anni della famosa Esposizione Provinciale di Cuneo. L’opera, redatta in bella grafia, è di straordinaria significatività (Fantini fu il primo a mappare i “colli” di Langa, 82 cru per il Barolo e 34 per il Barbaresco): è opera completa, con le tavole dei vari impianti d’allevamento, coi conti colturali, con la ripartizione delle aree d’origine dei vini, con le annotazioni lucide e puntute, coi suggerimenti da tenere a mente per accrescere la qualità dei vini e aggredire nuovi bacini di domanda. Bellissima è l’elencazione delle cantine “raccontate” con la passione del reporter; storytelling dei prodotti, delle aree d’origine, dei ‘crus’ (testualmente).
L’originale dell’ultima stesura fu ritrovato negli Archivi dell’Ispettorato Agrario di Cuneo dall’enotecnico Roberto Macaluso, e stampato nel 1973 dai “Cavalieri del tartufo” in copia anastatica. All’inizio degli anni 70 del secolo scorso, il grande Renato Ratti (che aveva vissuto all’estero e che realizzò anche il “Museo Ratti dei vini di Alba” * ) tratteggiò una Carta del Barolo che in modo evoluto e “alla francese” focalizzava 46 cru, di cui 10 “di elevate caratteristiche qualitative”. Oggi sono le cosidddette Mega, Menzioni Geografiche Aggiuntive ufficiali del Barolo DOCG, la massima espressione del vitigno nebbiolo.
Prosit!
* Renato Ratti era d’una famiglia di medici e veterinari (ergo, libero da condizionamenti in campo enologico). Nel 1962 sposò la genovese Beatrice Sitia, con cui s’innamorarono della Morra. Scrisse nel 1971 che “La unicità di origine di una determinata sottozona e la delimitazione della stessa, la classificazione delle diverse annate, l’affinamento in bottiglia per concedere e mantenere morbidezza, eleganza e lunga vita al vino, sono tre momenti vissuti in prima persona, sono tre concetti che considero di nuovo stile”…