26 mar 2020  | Pubblicato in Ligucibario

Da Artusi al coronavirus

DSCN0460

Da Artusi al coronavirus

 

Quest’anno ricorre il 200mo anniversario della nascita di Pellegrino Artusi, l’autore (era già ultrasettuagenario) della celebre “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”. Per chi si occupi di gastronomia, una figura non da poco, sebbene il suo ricettario – di respiro nazionale – sia apparso 28 anni dopo “La cuciniera genovese” (1863) di Giobatta Ratto, la quale, malgrado il titolo localistico, percorreva anche ricette comuni ad altre regioni e talvolta usava accenti internazionali.
La scienza in cucina” dichiara immediatamente il proprio debito alla visione positivistica, e attraverso ricette e tradizioni di trattoria, e metodi praticabili anche dalla massaia, si prefigge di istruire (ai fornelli) in modo accattivante una nazione unificata da poco (ma Artusi non era uno chef, e dunque non mirava ad una codificazione assoluta dell’italico sapere di quel tempo). Prodesse et delectare: il suo metodo di lavoro autoriale è l’interazione, Artusi difatti usa le mail del tempo, ovvero intrattiene epistolari con lettrici e lettori, tanto che il corpus di 475 ricette crebbe sino alle 790 dell’edizione “definitiva”, fecondata da “artigianato” e scambi. Il focus (lungimirante) dei suoi testi e delle sue preparazioni è sugli orti, sulle stagionalità della materia prima, su quelle che oggi chiamiamo filiere accorciate, sulla pulizia dei gesti.
In questo tragico momento di coronavirus e di clausure casalinghe, di mascherine e guanti, che svela il disastro del progetto socioeconomico contemporaneo (“l’umanità ha fallito”, per dirla un po’ alla Fernando Pessoa), anche il messaggio artusiano è fra quelli cui badare, affinché l’avvenire non sia inaccettabile, iniquo, precario e classista come il presente. Affinché ci si interroghi sul prima (tutto quel che fu a monte di questo virus) per prevenire i mali di un dopo. “Storture, furbizie, precarietà, tagli al welfare e alla Salute, sperequazioni tra ricchi e poveri: la catastrofe rende visibile e amplifica tutto” scrive Alessandro Robecchi in un mirabile pezzo sul (come stupirsi?) “Fatto quotidiano”, in cui auspica una ridefinizione il più urgente possibile di tanti parametri della nostra quotidianità.
Nessuno è mai riuscito a catalogarmi fra i demagoghi, i misoneisti, o i marchetting manager che affollano anche i miei giorni ed il mio settore. Ligucibario® non propone spazi pubblicitari e può rivendicare la propria indipendenza. Non a caso da tanti anni denuncia – con scritti, conferenze, webinar… – il subdolo legame che lega tra loro non pochi dei peggiori fenomeni del tempo presente. Guerre, inquinamento, mutamenti del clima, dissesto idrogeologico, corruzione, oligopoli, invasività della chimica, boom d’allergie e intolleranze (alimentari…), la terra il mare i campi il pianeta sono stanchi dei nostri stupri, delle nostre abitudini stolide.
Proprio oggi leggevo, in un prezioso inserto “Live”, che la deforestazione crea nuovi germi, il caldo dissemina le infezioni… E che l’Antartide diminuisce di 145 gigatonnellate all’anno, il livello del mare sale di 3,3 mm all’anno, a fine secolo la temperatura media si sarà innalzata di 3,2°C… Non illudiamoci, queste criticità del vivere moderno-urbanizzato-frenetico prima o poi riverberano sul nostro sistema immunitario e su una molteplicità di patologie, sino a ieri ignote o meno ricorrenti, talora assai gravi in quanto coinvolgono i nostri apparati neurologici, polmonari, cardiovascolari, gastrointestinali… Ma quando sediamo a tavola (di solito avviene 2-3 volte ogni giorno) ricordiamoci anche di Artusi, di Gino Veronelli (che ebbi il privilegio di conoscere), dei grani antichi macinati a pietra, della pasta madre, degli ortaggi che ancora odorano di qualcosa, dei vini puliti, dei veri extravergine, dei cioccolati senza MGS, dei piccoli gesti tramite cui il cibo diviene convivio e conoscenza… Anteponiamo realtà “diminuite” a realtà aumentate… Ripensiamo – prima che sia troppo tardi – a quel che siamo, facciamo, mangiamo. Potrà contribuire a dare un senso diverso – e migliore – agli anni che ci attendono.
Umberto Curti
umberto curti

Commenta