Miele, polline, pappa reale, propoli…, questo è un ampio tema di cui ci siamo già occupati a lungo (ecco uno dei tanti link utili…), e occorre ricordare che una specifica Giornata, il 20 maggio, celebra ogni anno le api. Il miele – alimento naturale, apprezzato ovunque nel mondo già dagli antichi, profumato, gustoso, ricco di nutraceutici – “nasce” dal nettare dei fiori, bottinato dalle api, insetti come vedremo strabilianti, e viene trasformato tramite un complesso percorso che avviene prevalentemente nell’alveare. “Liquida luce”, lo chiamava affettuosamente il poeta cileno Pablo Neruda. Chi poi ha veduto il magnifico docufilm “More than honey” di Markus Imhoof (2012) ha compreso quanto gli amicali ronzii delle api siano una sentinella circa le condizioni di salute del nostro pianeta, e quanto la loro sopravvivenza “garantisca” di fatto la nostra. In 10 anni la portata produttiva si è purtroppo dimezzata, a causa dell’inquinamento, della cementificazione, dei cambiamenti climatici, dei parassiti e delle specie aliene quali ad es. anche in Liguria la terribile Vespa velutina, delle colture intensive, degli agrofarmaci e di tutto ciò che deteriora gli habitat e decima le piante spontanee (ma il 75% circa delle specie vegetali coltivate dipende dalle impollinazioni!, si veda il bel libro del piemontese Marco Valsesia “Un mondo senza api” edito da Longanesi)… Api infette possono poi infettare altri sciami. Last not least le siccità e gli inverni miti che stanno ripetendosi mandano in tilt gli alveari disorientando le api, le quali proseguono a lavorare anche quando viceversa dovrebbero riposarsi.
Si consideri che le api possono vivere, indicativamente, dai 30 ai 150 giorni, le api regine fino a 3-4 anni.
Le api, dopo aver colto il nettare, lo immagazzinano in una sacca detta “borsa melaria”. Giunte poi nell’alveare, e comunicate con una danza ad otto le fonti migliori e le relative distanze alle “colleghe”, questo nettare viene “consegnato” ad altre api, le api operaie, le quali grazie ad un processo di scambio detto trofallassi lo elaborano e lo disidratano. Infine, il miele viene accumulato nelle celle dei favi e, una volta maturo, sigillato con un opercolo di cera. Un tempo, gli apiari erano composti d’arnie sovente ottenute dalle cavità dei tronchi, l’ingegno umano si avvaleva e si bastava di quel che c’era.
Ecco i momenti essenziali tramite cui nasce il miele:
1.suzione e raccolta del nettare:
Le api, volando di fiore in fiore, bottinano i nettari succhiandoli con la ligula (un’idonea “proboscide” cava e retrattile, di circa 6 mm), e li immagazzinano nell’ingluvie, la propria borsa melaria, un rigonfiamento dello stomaco. I fiori connoteranno il miele: la Liguria, ad esempio, che in pochi chilometri sviluppa dislivelli altimetrici impressionanti, è ricchissima di biodiversità che poi possiamo apprezzare anzitutto nei “millefiori”, ma al tempo stesso il miele di acacia aiuta gola e mucose gastriche, il castagno (adorato coi formaggi) vanta virtù cicatrizzanti e antinfiammatorie, ecc.…
2.volo di trasporto e trasformazione:
Il nettare (ogni ape può trasportarne circa 2 mg) giunge all’alveare già pre-modificato da enzimi salivari, e come detto viene affidato ad api operaie, che lo elaborano tramite ulteriori enzimi in grado ora di trasformare i suoi zuccheri complessi in zuccheri semplici (glucosio e fruttosio).
3.disidratazione:
Le api operaie, agitando le ali (fino a 230 volte per secondo), debbono anche produrre correnti d’aria onde favorire l’evaporazione dell’acqua presente nel nettare, il quale così disidratato propone una minor % di umidità.
4.maturazione e opercolatura:
Una volta pervenuto al corretto grado di umidità, il miele viene depositato nelle celle esagonali dei favi e sigillato con un opercolo di cera, uno strato-coperchio che lo ripara e ne consente l’idonea “conservazione”. I favi sono per così dire la casa più interna delle api, esse vi custodiscono le larve, il miele, il polline (altrettanto prezioso).
5.estrazione del miele:
L’apicoltore, quando i favi sono opercolati, può quindi avviare la raccolta, estraendo il prodotto dai favi – con le opportune precauzioni… – e filtrandolo da eventuali impurità. Voilà, la natura è servita, 180 sostanze diverse dalle infinite virtù, sorta di prebiotico! Mi piace qui sottolineare anche il fatto che in Italia le donne sono sempre più presenti nel comparto, circa il 30%, ovvero 23mila addette, non poche delle quali sopperiscono proprio con la forza della passione ai guadagni giocoforza non lauti concessi dall’attività (si tratta sovente di un semplice reddito integrativo).
Il miele, oltreché esser gustato da solo (il che sarebbe l’optimum onde davvero preservarne le qualità nutrizionali e gli enzimi), e sostituire lo zucchero grazie all’alto tenore di fruttosio, può entrare in mille ricette dolci, accompagnare formaggi e gelati… Suggerisco sempre, tuttavia, di verificare l’origine sulla confezione, così da premiare le produzioni più “pulite” e vicine, e cercare il miele crudo o grezzo, cioè non pastorizzato (anche se molte indicazioni restano purtroppo facoltative e non imposte dalla legge). Alcuni produttori, inoltre, sono attenti alla sostenibilità, il che giova alle api ma anche, Deogratias, all’intero ecosistema…
Umberto Curti